Art. 3.
(Modalità di raccordo)
1.
I centri antiviolenza e le case rifugio operano nel territorio regionale, in costante raccordo con le strutture pubbliche cui compete l'assistenza socio-sanitaria, la prevenzione e la repressione dei reati, quali:
a)
gli enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, per i necessari interventi a favore dei e delle minori vittime di violenza, anche in quanto testimoni di violenze all'interno della famiglia;
b)
i servizi sanitari afferenti alla rete regionale per la presa in carico delle donne vittime di violenza e dei loro figli e figlie vittime di violenza assistita di cui all'
articolo 17 della l.r. 4/2016
e, ove esistenti, i servizi che si occupano di interventi destinati agli autori di violenza e di maltrattamenti nonché gli altri servizi sanitari competenti quali il centro esperto sanitario;
d)
i servizi pari opportunità territoriali;
e)
i servizi di assistenza legale;
f)
i servizi per la casa;
g)
i servizi per il lavoro e la formazione;
h)
le strutture scolastiche e le altre agenzie educative e formative operanti;
i)
l'associazionismo e le organizzazioni di volontariato impegnate nell'ambito di competenza del presente regolamento.
2.
A prescindere dalle diverse forme di raccordo utilizzate di cui al comma 1, è comunque salvaguardata la libera volontà delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza e alle case rifugio.
3.
Ai sensi dell'articolo 10, comma 1, i centri antiviolenza e le case rifugio operano in rete sia a livello regionale che nazionale, al fine di favorire lo scambio di informazioni, la conoscenza sulle rispettive iniziative, il raccordo sui casi seguiti, il potenziamento delle azioni multiprofessionali a favore delle donne e dei e delle minori vittime di violenza, l'elaborazione e l'adozione di protocolli operativi locali.
4.
I centri antiviolenza e le Case rifugio operano in raccordo con i servizi socio-sanitari anche attraverso l'elaborazione e l'adozione di protocolli e accordi territoriali, come specificato al comma 1, mantenendo,tuttavia, una propria autonomia decisionale ed operativa.
5.
La Regione ai sensi dell'
articolo 6, comma 9 della l.r. 4/2016
si impegna a monitorare tali protocolli e accordi territoriali e a darne comunicazione con cadenza annuale, al dipartimento per le pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri.
Art. 4.
(Attività di formazione permanente e di aggiornamento)
1.
La Regione sostiene la progressiva diffusione di un modello di formazione volto ad assicurare la qualità delle prestazioni, che tenga conto della esperienze e delle competenze maturate nel corso degli anni dal personale dei centri antiviolenza e delle case rifugio.
2.
Ai sensi dell'
articolo 21, comma 3 della l.r. 4/2016
, la Regione mette a disposizione profili e percorsi formativi sia in materia di prevenzione e contrasto della violenza di genere, sia per l'operatività nei centri antiviolenza e nelle case rifugio, con la finalità di supportare formazione e aggiornamento permanente e omogeneo su tutto il territorio regionale, garantendo la certificazione delle competenze acquisite ai sensi del
decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13
(Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l'individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, a norma dell'articolo 4, commi 58 e 68 della
legge 28 giugno 2012, n. 92
).
3.
Il percorso formativo standard dell'operatrice dei servizi antiviolenza, inserita nell'elenco regionale dei profili professionalizzanti, è gestito da agenzie formative accreditate sul territorio regionale in collaborazione con i centri antiviolenza e le case rifugio ed è strutturato in due moduli specifici:
a)
operatrice dei centri antiviolenza e case rifugio - modulo 1: accompagnamento in percorsi di uscita dalla relazione violenta;
b)
operatrice dei centri antiviolenza e case rifugio - modulo 2: promozione e animazione di reti.
4.
La Regione intende assicurare la qualità e la crescita delle competenze professionali, l'aggiornamento delle operatrici in modo omogeneo su tutto il territorio regionale, la promozione e il radicamento di reti che valorizzino la sussidiarietà di collaborazione tra centri antiviolenza, case rifugio e agenzie formative.
5.
Al fine di ottenere il riconoscimento dei profili di cui al comma 3 sono previste le seguenti modalità di riconoscimento:
a)
i centri antiviolenza e le case rifugio validano le esperienze e competenze maturate dalle operatrici in servizio in relazione al profilo standard della Regione e, successivamente, le agenzie formative in base alla documentazione prodotta provvedono alla certificazione delle stesse;
b)
in relazione ai bisogni formativi espressi dai centri antiviolenza e case rifugio, le agenzie formative accreditate sul territorio regionale organizzano i corsi di formazione previsti nel repertorio standard, in collaborazione con i centri antiviolenza e le case rifugio.
6.
I centri antiviolenza e le case rifugio sono tenuti a garantire percorsi di formazione iniziale e permanente per il personale e le figure professionali operanti.
Art. 5.
(Criteri per la definizione del personale necessario all'espletamento dei servizi)
1.
Al fine di garantire pienamente le funzioni di accoglienza e di accompagnamento, ciascun centro antiviolenza e ciascuna casa rifugio può avvalersi di almeno una operatrice con le competenze validate e certificate secondo le modalità di cui all'articolo 4.
2.
I centri antiviolenza assicurano una adeguata presenza di figure professionali per garantire i servizi minimi nonché avvocate civiliste penaliste con formazione specifica sul tema della violenza di genere ed iscritte all'albo del gratuito patrocinio e all'elenco di cui all'
articolo 22, comma 4 della l.r. 4/2016
.
3.
Le case rifugio, poiché soggette ad autorizzazione al funzionamento ed alla vigilanza da parte dei competenti organismi secondo quando previsto dalla
l.r. 1/2004
, si dotano del personale necessario per svolgere le seguenti funzioni:
a)
coordinamento del servizio;
4.
Il coordinatore è responsabile dell'organizzazione della struttura, ha compiti di indirizzo e sostegno tecnico al lavoro delle operatrici, di raccordo ed integrazione con i servizi territoriali.
5.
Il ruolo di coordinatore è ricoperto da persone con comprovata esperienza, almeno triennale nel settore, o con laurea in ambiti disciplinari afferenti l'area psicologica o educativa o sociale.
6.
Il coordinatore può essere individuato tra le educatrici presenti nelle case rifugio.
7.
Al fine di garantire le funzioni educative e di accompagnamento sociale delle donne ospitate, il personale educativo, in possesso del titolo di educatore professionale o equipollente, è presente in numero di almeno una unità per ciascuna struttura. La presenza delle operatrici viene articolata su base giornaliera in relazione alle esigenze delle ospiti ed eventualmente dei loro figli e figlie, dei percorsi individuali di accompagnamento.
8.
Possono operare all'interno delle case rifugio altre figure professionali messe a disposizione dagli altri attori della rete, a seguito di appositi protocolli locali, quali psicologhe, mediatrici interculturali, esperte legali, al fine di assicurare le attività di consulenza legale, psicologica, orientamento al lavoro.
9.
Le case rifugio possono prevedere anche l'utilizzo di personale volontario, il cui inserimento è preceduto ed accompagnato da adeguati percorsi formativi.
10.
Qualora i centri antiviolenza e le case rifugio siano gestiti direttamente da enti pubblici, per il personale hanno valore le norme costituzionali e del pubblico impiego, ritenendo comunque esclusivo l'utilizzo di personale femminile.
Art. 6.
(Modalità di organizzazione e funzionamento del centro esperto sanitario)
1.
Il centro esperto sanitario è istituito presso l'Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute di Torino. Il centro è costituito dalla integrazione tra le diverse articolazioni organizzative già attive da anni (SVS, Bambi, Demetra) e si avvale della collaborazione attiva dei DEA dei presidi che compongono l'AOU e della competenza di alcune strutture trasversali quali medicina legale, servizio sociale, psicologia clinica, URP e delle direzioni mediche di presidio.
2.
Il centro esperto opera con accessibilità h24 definita operativamente da un protocollo integrato interno all'AOU che coinvolge attivamente tutte le strutture sopra elencate.
3.
L'accesso al centro esperto avviene tramite i DEA dell'AOU, tramite trasferimento da altri DEA o reparti in collaborazione con le equipe multiprofessionali territoriali.
4.
Il centro esperto collabora con le altre istituzioni che operano su questo tema: enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, autorità giudiziaria, pubblica sicurezza, organizzazioni senza scopo di lucro e altri servizi pubblici attivi sul territorio regionale in materia di prevenzione, contrasto e assistenza alle donne vittime di violenza.
5.
Il centro esperto sanitario è parte integrante della rete sanitaria rispetto alla quale ha funzioni di coordinamento, di formazione e supporto anche con azione sussidiaria nell'assistenza ai pazienti.
6.
La funzione di coordinamento è svolta in collaborazione con la struttura regionale competente in materia di sanità e prevede almeno due incontri annuali di verifica e monitoraggio dell'attività svolta e d'aderenza ai comuni protocolli di assistenza. In particolare, si intende garantire:
a)
una modalità assistenziale alle vittime di violenza domestica e sessuale che sia adeguata ed omogenea su tutto il territorio regionale;
b)
il monitoraggio della situazione con attenzione al riconoscimento della quota sommersa del fenomeno della violenza ed alla prevenzione del perpetuarsi del ciclo della violenza;
c)
il corretto utilizzo delle codifiche di dimissione dei casi di maltrattamento domestico e violenza sessuale in modo da consentire un'agevole analisi statistica e monitoraggio a livello regionale;
d)
la razionalizzazione della raccolta dei reperti a scopo giudiziario.
7.
La funzione di formazione degli operatori della rete sanitaria è garantita dal centro esperto attraverso l'organizzazione di corsi, convegni e seminari utili all'aggiornamento delle procedure di presa in carico.
8.
La funzione di supporto alla rete sanitaria piemontese si concretizza:
a)
nella collaborazione attiva con le equipe multiprofessionali territoriali nei casi di trasferimento dei pazienti;
b)
nella gestione operativa di problematiche emergenti nelle realtà decentrate (es. catena di custodia dei reperti con centralizzazione della custodia sul lungo periodo, successiva alla repertazione avvenuta localmente nelle sedi decentrate, ecc);
c)
nell'attività di consulenza telefonica agli operatori sanitari del territorio;
d)
nella proposta e aggiornamento dei protocolli e delle procedure di assistenza.
Art. 7.
(Criteri di concessione dei finanziamenti)
1.
Al fine di realizzare un'equa allocazione delle risorse ed un tendenziale equilibrio territoriale dell'offerta attuata dai centri antiviolenza e dalle case rifugio, gli importi stanziati relativi alle spese di funzionamento e gestione di tali servizi, sono ripartiti in via preliminare, tra gli otto ambiti territoriali provinciali e metropolitano sulla base dei seguenti criteri:
a)
60 per cento da suddividere in quota uguale per ciascun Centro antiviolenza iscritto all'albo regionale dei centri antiviolenza e delle case rifugio;
[1]
b)
40 per cento da suddividere sulla base del numero di donne in età superiore ai 14 anni seguite nell'anno precedente alla rilevazione richiesta ai fini del finanziamento;
[2]
b bis)
per le Case Rifugio il riparto delle risorse avviene sulla base del numero di posti autorizzati dalla Commissione di vigilanza territorialmente competente.
[3]
2.
Gli importi stanziati relativi alle spese per la costruzione e/o ristrutturazione dei centri e delle case rifugio sono ripartiti in quota uguale tra gli otto ambiti territoriali provinciali e metropolitano.
3.
In attuazione di quanto previsto all'
articolo 8 della l.r. 4/2016
, l'iscrizione all'albo regionale dei centri antiviolenza e delle case rifugio, conclusa la fase transitoria di prima istituzione dell'albo regionale, è obbligatoria.
4.
I fondi di cui ai commi 1 e 2 sono ripartiti in via preventiva, con specifico provvedimento della struttura regionale competente, che disciplina le modalità accesso ai finanziamenti. Possono presentare istanza di finanziamento i soggetti di cui all'articolo 2, commi 1 e 2.
5.
L'assegnazione dei finanziamenti ai beneficiari e la relativa erogazione dell'acconto del 70 per cento, sono disposti con apposito provvedimento della struttura regionale competente, previa verifica della rispondenza delle istanze pervenute ai requisiti previsti nel presente regolamento. Il restante 30 per cento dei finanziamenti è concesso a saldo, previa presentazione e verifica della rendicontazione attestante l'utilizzo delle somme assegnate e la realizzazione delle attività previste, salvo conguaglio rispetto ad eventuali somme non utilizzate.
6.
Qualora da un singolo ambito provinciale e metropolitano pervenga un'unica istanza, espressione della rete territoriale di riferimento, il finanziamento richiesto può corrispondere all'intero importo assegnabile all'ambito stesso sulla base della ripartizione preventiva di cui sopra.
7.
Qualora per uno o più tra gli otto ambiti territoriali provinciali e metropolitano non vi siano le condizioni per l'assegnazione dell'intero importo previsto, in presenza di progetti non finanziabili o non presentati, le risorse non assegnate vengono ridistribuite tra i beneficiari secondo criteri proporzionali.
8.
Nel caso in cui l'ammontare dei finanziamenti assegnabili superi la somma stanziata a bilancio regionale annuale, si provvede ad una riduzione proporzionale degli importi assegnati fino ad esaurimento dei fondi disponibili.
9.
Gli enti titolari dei centri antiviolenza e delle case rifugio trasmettono alla struttura regionale competente le richieste di finanziamento dei progetti di istituzione e gestione dei centri o delle case rifugio, contenenti i seguenti elementi:
a)
tipologia del soggetto beneficiario;
b)
quadro sintetico delle attività e degli interventi che si intendono realizzare;
c)
modalità di realizzazione degli interventi;
d)
rete territoriale coinvolta nel progetto, esplicitando il collegamento con altri servizi che in senso ampio si occupano della problematica della violenza di genere;
e)
risorse umane e strumentali;
f)
piano finanziario, comprensivo dell'eventuale cofinanziamento e di eventuali altre forme di finanziamento previste;
g)
cronoprogramma riportante le fasi operative degli interventi.
10.
Per quanto concerne il riparto dei fondi, non appena definito un sistema di monitoraggio nazionale, saranno valutati ulteriori criteri, ai fini del riparto stesso, tra i quali l'entità del carico di lavoro dei centri antiviolenza e delle case rifugio, in funzione del numero di donne ascoltate, trattate e accolte.