Istituzione e disciplina dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità.
Capo I.
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
(Finalità)
1.
La Regione Piemonte, al fine di promuovere lo sviluppo rurale, di valorizzare le vocazioni naturali dei territori ed i prodotti tipici di qualità, di consolidare l'integrazione tra i diversi settori produttivi, di rafforzare l'integrazione delle filiere agroalimentari e agroindustriali, di migliorare la qualità ambientale e paesaggistica dello spazio rurale, disciplina, con la presente legge, l'individuazione e l'istituzione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità, ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell' articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57).
2.
La Regione Piemonte persegue una programmazione integrata delle politiche rurali, agricole ed agroindustriali in stretta connessione con i piani dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità.
Art. 2
(Definizioni)
1.
Si definiscono:
a)
distretti rurali, i sistemi produttivi locali di cui all' articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 (Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese), caratterizzati da identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione tra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni e servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali;
b)
distretti agroalimentari di qualità, i sistemi produttivi locali caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione ed interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria, oppure da produzioni tradizionali o riconducibili a sistemi di qualità nazionali di prossimo riconoscimento.
Capo II.
DISTRETTI
Art. 3
(Requisiti per l'individuazione dei distretti rurali)
1.
Gli elementi che qualificano i distretti rurali, ai fini della loro individuazione, sono:
a)
la presenza di un insieme di attività e funzioni diversificate, quali l'agricoltura, con caratteristiche di multifunzionalità, l'artigianato, la piccola industria, la ristorazione e la ricettività alberghiera, aventi una base territoriale comune ed organizzate in prevalenza per il soddisfacimento del ciclo corto e della conservazione e valorizzazione delle risorse naturali e culturali locali;
b)
la produzione agricola realizzata nell'area distrettuale in coerenza con i valori ambientali e paesaggistici dei territori, tale da caratterizzare l'identità dei luoghi e da risultare significativa almeno a livello dell'economia locale;
c)
la presenza di un sistema consolidato di relazioni tra le imprese agricole e le imprese locali operanti in altri settori, integrato con i fenomeni culturali e turistici locali;
d)
un'offerta locale che soddisfa una parte rilevante dell'innovazione tecnologica ed organizzativa delle imprese agricole, nonché dell'assistenza tecnica e gestionale e della formazione professionale;
e)
valorizzazione dei prodotti agricoli e del patrimonio rurale e forestale, nonché di tutela del territorio e del paesaggio rurale;
f)
l'interesse, da parte delle istituzioni locali, alla realtà distrettuale ed alla costituzione di rapporti di tipo collaborativo, anche sotto forma di convenzioni, con le imprese agricole e con quelle di altri settori locali;
g)
un'identità storica e paesaggistica omogenea del territorio, determinata anche dalle scelte colturali delle imprese agricole e del patrimonio rurale.
2.
Le aree periurbane, se selezionabili ai sensi della normativa comunitaria sullo sviluppo rurale e se caratterizzate da un'agricoltura multifunzionale in grado di realizzare, anche potenzialmente, prodotti e servizi di varia tipologia suscettibili di fruizione urbana, possono costituire distretti rurali.
Art. 4
(Requisiti per l'individuazione dei distretti agroalimentari di qualità)
1.
Ai fini della loro individuazione, i distretti agroalimentari di qualità si caratterizzano per:
a)
la realizzazione di uno o più prodotti merceologicamente omogenei, certificati e tutelati ai sensi della vigente normativa comunitaria, oppure da produzioni tradizionali o riconducibili a sistemi di qualità nazionali di prossimo riconoscimento, la cui produzione risulta significativa a livello dell'economia agroalimentare regionale;
b)
la presenza di filiere produttive caratterizzate da relazioni di integrazione e di interdipendenza tra le imprese agricole e quelle del settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agroalimentari;
c)
la soddisfazione, da parte dell'offerta locale, di una parte rilevante dell'innovazione tecnologica ed organizzativa delle imprese agricole e delle imprese agroalimentari, nonché dell'assistenza tecnica ed economica e della formazione professionale;
d)
l'integrazione tra produzione agroalimentare e fenomeni culturali e turistici;
e)
l'interesse, da parte delle istituzioni locali, alla realtà distrettuale ed alla costituzione di rapporti di tipo collaborativo, anche sotto forma di convenzioni, con le imprese agricole ed agroalimentari, per promuovere lo sviluppo dell'imprenditoria locale e la valorizzazione dei prodotti tipici, biologici e di qualità.
2.
Ai distretti agroalimentari di qualità sono assimilati i distretti che producono, lavorano o trasformano prodotti di origine agricola non destinati all'alimentazione umana, compresi i prodotti assimilabili ai derivati del legno.
Art. 5
(Individuazione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità)
1.
L'individuazione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità avviene sulla base di azioni di animazione del territorio da parte della provincia o delle province territorialmente competenti, al fine di promuovere la costituzione del soggetto giuridico distretto.
2.
Le province interessate garantiscono la più ampia concertazione sentendo le rappresentanze economiche, sociali ed istituzionali.
3.
La proposta di individuazione territoriale elaborata dalle province contiene:
a)
l'analisi socio economica dell'area;
b)
le motivazioni che giustificano politiche territoriali;
c)
l'indicazione degli attori che si costituiscono in distretto nelle forme di cui all'articolo 6, sulla base di patti sottoscritti antecedentemente alla elaborazione della proposta;
d)
la valutazione della capacità progettuale degli attori di cui alla lettera c), in funzione dell'idoneità degli stessi a costituirsi in distretto.
4.
La proposta è trasmessa alla Giunta regionale per l'approvazione, dalla provincia territorialmente competente oppure, nel caso di territorio comprendente più province, dalla provincia designata quale capofila dalle province interessate.
5.
In presenza di aree legate da correlazioni culturali, economiche e di sviluppo tali da rendere necessarie programmazioni congiunte, la contiguità territoriale non è elemento essenziale nella definizione dei confini distrettuali, né è causa di esclusione l'appartenenza ad altro distretto.
6.
I distretti agroalimentari di qualità approvati ai sensi della legge regionale 9 agosto 1999, n. 20 (Disciplina dei distretti dei vini e delle strade del vino del Piemonte. Modifiche della legge regionale 12 maggio 1980, n. 37) e della legge regionale 13 ottobre 2003, n. 26 (Istituzione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità) sono individuati negli attuali territori.
7.
La procedura di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 si applica alle successive variazioni territoriali.
Art. 6
(Costituzione del distretto)
1.
Il distretto, sulla base dei patti sottoscritti di cui all'articolo 5, comma 3, lettera c) è costituito in società o in forma associativa, con partecipazione anche privata, ove necessariamente sono presenti le province, i comuni singoli o associati e le comunità montane interessati, conformemente alle istruzioni attuative di cui all'articolo 14.
2.
Le forme societarie o associative assunte sono quelle previste dal codice civile e ne seguono la disciplina.
3.
Se i distretti rurali ricadono in aree in cui insistono i programmi leader, i gruppi di azione locale fanno parte della forma societaria o associativa prescelta.
4.
Nell'atto costitutivo i partecipanti individuano, nel proprio ambito, il rappresentante legale quale capofila del distretto.
5.
Il capofila, di cui al comma 4, garantisce la coerenza strategica nell'attuazione del piano e presenta alla Regione atti di monitoraggio annuali. Il monitoraggio costituisce il contenuto della relazione di cui all'articolo 13, comma 1.
Art. 7
(Funzionamento del distretto)
1.
Le province e i comuni competenti territorialmente forniscono servizi che agevolano l'iter procedurale e la realizzazione del piano e mettono a disposizione le proprie risorse umane e fisiche. La Regione partecipa alle spese di funzionamento dei distretti, secondo le modalità di cui all'articolo 14.
2.
La sede del distretto è fornita dalla provincia competente per territorio oppure, nel caso di territorio interprovinciale, dalle province interessate.
Art. 8
(Contenuti del piano)
1.
Il piano prevede almeno i seguenti contenuti:
a)
l'analisi della situazione esistente e delle prospettive della produzione, della trasformazione, della commercializzazione, della distribuzione e del consumo del prodotto o dei prodotti del distretto, nonché delle problematiche ambientali e territoriali;
b)
la descrizione della situazione esistente e la valutazione delle prospettive delle diverse forme di interrelazione e interdipendenza tra imprese della produzione, della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli e altri soggetti locali;
c)
l'indicazione delle politiche agricole e rurali rilevanti per il distretto, per la tutela e la valorizzazione delle produzioni agricole e agroindustriali, delle risorse ambientali e territoriali, del paesaggio agrario e delle tradizioni rurali;
d)
l'indicazione dei soggetti attuatori e delle fonti di finanziamento;
e)
la definizione di progetti di innovazione, intesi come le iniziative aziendali, interaziendali o di servizio finalizzate ad accrescere l'interrelazione e l'interdipendenza produttiva ed economica tra le imprese del distretto e tra queste e il territorio;
f)
l'indicazione delle sinergie e delle integrazioni con altri strumenti comunitari, nazionali e regionali di intervento.
2.
Il piano può dare indicazioni circa l'individuazione di strumenti e strutture da istituire come elementi di attuazione del piano e di valorizzazione complessiva del distretto, quali:
a)
le Strade del vino e le Strade dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità, anche in riferimento della legge 27 luglio 1999, n. 268, (Disciplina delle strade del vino) come percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi sistemi indicatori, lungo i quali insistono valori ed elementi naturali, produttivi, ambientali caratterizzanti i distretti rurali e i distretti agroalimentari di qualità; le Strade del vino e le Strade dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità, in particolare, hanno lo scopo di esaltare ed incrementare la fruizione turistica delle aziende, delle cantine, dei laboratori per la preparazione dei prodotti agroalimentari, dei luoghi di degustazione e vendita dei prodotti, e in generale, delle risorse produttive, ambientali, paesaggistiche, rurali, culturali, storiche dei Distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità di riferimento. Le attività di accoglienza, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l'organizzazione di attività ricreative, culturali, didattiche svolte da aziende agricole nell'ambito del programma delle strade del vino e dei prodotti agroalimentari di qualità, sono riconducibili alle attività agrituristiche di cui all' articolo 2 della legge 5 dicembre 1985, n. 730 (Disciplina dell'agriturismo), secondo i principi in essa contenuti e secondo le disposizioni regionali vigenti;
b)
le Agroteche regionali intese come strutture aperte al pubblico, per svolgere, senza fini di lucro, attività di ricerca, esposizione, tutela, divulgazione, informazione, animazione, promozione di tutti gli elementi e valori ispirati e rappresentati dai sistemi produttivi, territoriali, ambientali, sociali, culturali che caratterizzano i distretti rurali e i distretti agroalimentari di qualità di riferimento;
c)
altre strutture e iniziative comunque ritenute utili per l'attuazione del piano e per la valorizzazione complessiva dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità di riferimento.
3.
I piani relativi ai distretti dei vini contengono le indicazioni circa il ruolo delle Enoteche regionali e delle Botteghe del Vino o cantine comunali, riconosciute e operanti ai sensi della legge regionale 12 maggio 1980, n. 37 (Le enoteche regionali, le Botteghe del vino o cantine comunali, i Musei etnograficoenologici, le strade del vino), come soggetti importanti nella costruzione e nell'attuazione dei relativi piani.
Art. 9
(Procedure di approvazione del piano)
1.
Entro e non oltre centottanta giorni dalla sua costituzione il distretto redige la proposta di piano e, tramite il rappresentante legale di cui all'articolo 6, comma 4, la presenta all'assessore regionale competente per delega all'agricoltura.
2.
Al fine di garantire la partecipazione delle istituzioni locali e delle rappresentanze economiche e sociali del territorio distrettuale, è convocato il tavolo di distretto, tenendo conto della composizione minima di cui all'articolo 10.
3.
L'assessore di cui al comma 1, con le strutture regionali competenti, valuta le osservazioni dei tavoli di distretto e verifica la conformità della proposta di piano:
a)
alle politiche dello sviluppo rurale;
b)
ai canoni della pianificazione strategica;
c)
agli strumenti di programmazione;
d)
ai criteri della qualità della spesa.
4.
Al termine delle attività di cui ai commi 2 e 3, la proposta di piano è trasmessa alla Giunta regionale che la approva, entro trenta giorni dal ricevimento della medesima.
5.
Il piano approvato ha validità triennale e può essere aggiornato secondo la procedura di cui ai commi 1, 2, 3 e 4.
Art. 10
(Tavolo di distretto)
1.
Il tavolo di distretto è sede assembleare obbligatoria di consultazione territoriale e deve essere almeno composto da:
a)
una rappresentanza delle organizzazioni professionali;
b)
una rappresentanza delle organizzazioni di prodotto;
c)
una rappresentanza della cooperazione di settore;
d)
una rappresentanza delle organizzazioni di promozione turistica;
e)
una rappresentanza delle organizzazioni sindacali di settore;
f)
una rappresentanza della Camera di Commercio;
g)
una rappresentanza per ciascuna delle province interessate territorialmente;
h)
una rappresentanza dei comuni;
i)
una rappresentanza delle comunità montane, ove presenti;
j)
una rappresentanza dell'Unione Industriali.
Art. 11
(Attuazione del piano)
1.
Il piano è attuato attraverso interventi individuati nei progetti di innovazione e mediante l'esecuzione di programmi annuali.
2.
I progetti di innovazione, di competenza della provincia, sono inseriti nel programma operativo provinciale di cui all' articolo 10 della legge regionale 8 luglio 1999, n. 17 (Riordino dell'esercizio delle funzioni amministrative in materia di agricoltura, alimentazione, sviluppo rurale, caccia e pesca), e possono essere cofinanziati con risorse aggiuntive regionali.
3.
La Giunta regionale indirizza i propri strumenti di programmazione e di intervento a sostegno dell'attuazione dei piani di distretto e dei relativi progetti.
4.
La Giunta regionale, se sussistono esigenze di rilievo generale, predispone progetti di interesse strategico per l'economia del distretto, nel rispetto degli strumenti di programmazione.
Art. 12
(Attività di raccordo delle politiche distrettuali)
1.
L'assessore regionale competente per delega all'agricoltura garantisce il raccordo delle politiche distrettuali con le strategie comunitarie, nazionali e regionali, avvalendosi delle strutture regionali competenti in materia.
Art. 13
(Monitoraggio)
1.
Il rappresentante di distretto trasmette alla Giunta regionale la relazione sull'attività svolta entro il 31 dicembre di ogni anno.
2.
La Giunta regionale trasmette al Consiglio regionale una relazione sullo stato di attuazione della legge allo scadere del periodo di vigenza del Programma di sviluppo rurale della Regione Piemonte (PSR). Per la sua redazione può avvalersi di istituzioni pubbliche di ricerca nel campo agricolo, economico e sociale.
Capo III.
ATTUAZIONI E MODIFICHE
Art. 14
(Istruzioni attuative)
1.
Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale approva le istruzioni attuative che definiscono:
a)
gli indirizzi e modalità per la costituzione dei distretti, di cui all'articolo 6, comma 1;
b)
indicano i criteri operativi per lo svolgimento dell'attività di monitoraggio di cui all'articolo 6, comma 5;
c)
le modalità di partecipazione e la percentuale di cofinanziamento della regione alle spese di funzionamento dei distretti, di cui all'articolo 7, comma 1, entro il tetto massimo di spesa stabilito dalle leggi annuali di bilancio;
d)
gli indirizzi e criteri per la definizione dei progetti di innovazione;
e)
le modalità per garantire il raccordo delle politiche distrettuali, di cui all'articolo 12.
2.
Le istruzioni attuative prevedono altresì:
a)
le indicazioni sulle procedure, modalità e disciplinari per la costituzione delle Strade del vino, delle Strade dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità e delle Agroteche regionali, nonché l'efficacia del programma triennale e dei conseguenti programmi annuali di attuazione;
b)
la possibilità, per soggetti pubblici e privati differenti dalle province, di proporre, in via sperimentale, aggregazioni distrettuali temporanee e flessibili e relative forme e modalità;
c)
il termine di cui all'articolo 17, comma 2.
Art. 15
(Modifiche alla legge regionale 12 maggio 1980, n. 37)
1.
L'
articolo 2 della legge regionale 12 maggio 1980, n. 37 (Le Enoteche Regionali, le Botteghe del vino o Cantine comunali, i Musei etnografico-enologici, le Strade del vino) è sostituito dal seguente:
"
"
Articolo 2 (Enoteche regionali)
1. L'Amministrazione regionale, riconosce, promuove e incentiva le Enoteche regionali che presentino i seguenti requisiti:
a) costituite con atto pubblico, con la partecipazione di enti pubblici o di diritto pubblico;
b) vini piemontesi VQPRD, in idonea sede, aperta al pubblico, con requisiti storici, artistici e architettonici;
c) attività di conservazione e documentazione della cultura contadina, anche al di fuori dell'ambiente vitivinicolo;
d) svolgimento, senza fini di lucro, di un'azione tendente a valorizzare i vini del Piemonte e a promuovere la conoscenza e il consumo, anche in relazione agli accostamenti con la tradizionale gastronomia piemontese e con le altre produzioni agroalimentari di qualità del territorio di riferimento.
2. Ciascuna Enoteca regionale, per le selezione dei vini, si avvale di una commissione tecnica che opera secondo la metodologia stabilita dalla Giunta regionale ai sensi dell'articolo 6.
3. Le enoteche regionali partecipano alla costruzione ed all'attuazione del piano di distretto dei vini di riferimento.
4. Le enoteche regionali possono istituire centri di informazione finalizzati alla produzione e diffusione di notizie sulle aree vitivinicole dei distretti dei vini, e delle strade del vino.
5. I centri di cui al comma 4 possono svolgere attività di prenotazione di visite e soggiorni a carattere locale, per conto delle strutture private e pubbliche, previ accordi e convenzioni con le medesime.
6. Le enoteche costituiscono a tutti gli effetti uffici di informazione e di accoglienza turistica (IAT), ai sensi
della legge regionale 22 ottobre 1996, n. 75 (Organizzazione dell'attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte).
7. Le enoteche regionali, per le proprie finalità, possono realizzare e gestire anche strutture esterne alla propria sede e possono partecipare ad associazioni, società, enti senza fini di lucro.
8. Le caratteristiche tecniche, gli standard qualitativi e le modalità di funzionamento dei musei e dei centri di documentazione sono definite in uno specifico disciplinare.
Capo IV.
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
Art. 16
(Abrogazioni)
1.
Sono abrogate le seguenti disposizioni:
a)
L'articolo 5 (Le Strade del vino) della legge regionale 12 maggio 1980, n. 37;
b)
la legge regionale 9 agosto 1999, n. 20 (Disciplina dei distretti dei vini e delle strade del vino del Piemonte. Modifiche della l.r. n. 37/1980);
c)
legge regionale 13 ottobre 2003, n. 26 (Istituzione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità).
Art. 17
(Norme transitorie)
1.
I distretti dei vini già costituiti alla data di entrata in vigore della presente legge sono disciplinati dalla l.r. n. 20/1999 fino all'approvazione delle istruzioni attuative.
2.
I Consigli dei distretti dei vini, i relativi Presidenti e Comitati esecutivi, di cui all' articolo 6 della l.r. n. 20/1999, cessano la loro attività entro il termine perentorio fissato dalla Giunta regionale nelle istruzioni attuative.
3.
I distretti costituiti ai sensi della l.r. n. 26/2003 sono da essa disciplinati fino all'approvazione delle istruzioni attuative.
4.
I nuovi piani distrettuali sono soggetti alle disposizioni procedurali previste dagli articoli 8 e 9.
5.
Nelle more dell'approvazione delle istruzioni attuative, il coordinamento delle politiche distrettuali è svolto dall'assessore regionale competente per delega all'agricoltura e dalla struttura regionale competente in materia di politiche distrettuali.
Art. 18
(Disposizioni finali)
1.
Gli atti emanati in applicazione della presente legge, che prevedano l'attivazione di azioni configurabili come aiuti di Stato, ad eccezione dei casi in cui detti aiuti siano erogati in conformità a quanto previsto dai regolamenti comunitari di esenzione, sono oggetto di notifica ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato.
Art. 19
(Disposizioni finanziarie)
1.
Alla spesa, stimata per l'esercizio 2007 nella misura massima di euro 45.000,00, si fa fronte per l'anno 2007 e per gli esercizi successivi con la disponibilità dell'UPB 11041 (Programmazione Valorizzazione Agricoltura Politiche Comunitarie Titolo 1: spese correnti).
2.
La Regione può prevedere modalità di finanziamento specifiche per i piani di distretto utilizzando le fonti di finanziamento esistenti ai sensi delle normative comunitaria, statale e regionale operanti. Non sono previste fonti aggiuntive.