Proposta di legge regionale n. 250 presentata il 28 febbraio 2006
Tutela, incentivazione e disciplina dello sviluppo del commercio al dettaglio.

Sommario:      

Capo I. 
PRINCIPI GENERALI
Art. 1 
(Norme di principio)
1. 
La Regione Piemonte definisce le norme generali in materia di tutela, incentivazione e disciplina dello sviluppo del commercio al dettaglio in ambito regionale, finalizzate alla promozione dell'utilità sociale ed a garantire il rispetto della dignità umana.
2. 
L'utilità sociale è individuata sulla base dei seguenti criteri:
a) 
corretto funzionamento del libero mercato, nel rispetto di quanto previsto dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato);
b) 
uso appropriato del territorio e delle infrastrutture;
c) 
impiego ottimale delle risorse nel rispetto dell'ambiente e delle disposizioni di cui alla legge regionale 4 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo), e alla legge regionale 14 dicembre 1998, n. 40 (Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione).
3. 
La tutela della dignità umana si concretizza nella vigilanza a garanzia di:
a) 
rispetto dei diritti dei consumatori:
1) 
informazione corretta e trasparente;
2) 
accessibilità alle merci;
3) 
igiene, salubrità ed autenticità dei prodotti;
b) 
rispetto dei diritti di coloro che esercitano attività d'impresa:
1) 
orari di apertura;
2) 
corrispondenza tra le superfici autorizzate e quelle effettivamente attivate;
c) 
rispetto dei diritti dei lavoratori.
Art. 2 
(Finalità e obiettivi)
1. 
La Regione Piemonte, al fine di regolare l'assetto strutturale del sistema regionale del commercio al dettaglio, persegue le seguenti finalità e obiettivi:
a) 
salvaguardia e riqualificazione dei centri storici, anche attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti;
b) 
valorizzazione della funzione commerciale al fine della riqualificazione del tessuto urbano;
c) 
salvaguardia e riqualificazione della rete distributiva nelle zone di montagna e rurali;
d) 
sostegno agli insediamenti commerciali destinati al recupero delle piccole e medie imprese già operanti sul territorio.
2. 
La Regione Piemonte riconosce il ruolo fondamentale di un qualificato servizio commerciale diffuso sul territorio residenziale tutelando e incentivando, anche attraverso finanziamenti e progetti, il commercio urbano, sia in sede fissa che su area pubblica.
3. 
La Regione attribuisce al commercio su area pubblica, in forma fissa ed in forma itinerante, rilevanza strategica nel sistema distributivo regionale, ai fini dell'equilibrio della dinamica concorrenziale nei confronti delle altre forme di concentrazione spaziale dell'offerta e per la diffusione e la garanzia del servizio al consumatore nelle aree urbane e rurali, a rischio di desertificazione.
4. 
Per favorire il risparmio delle famiglie, l'ottimizzazione delle risorse energetiche, e la riduzione dei fattori inquinanti, la Regione facilita la realizzazione di iniziative idonee a minimizzare i percorsi origine-destinazione derivanti dall'attività di approvvigionamento da parte dei consumatori.
5. 
Per migliorare le condizioni di sicurezza nella circolazione stradale la Regione favorisce le iniziative che riducono i punti di conflitto sulle strade derivanti dallo sviluppo e dalla fruizione delle attività commerciali.
6. 
Al fine del potenziamento della produttività, dell'efficienza e della funzionalità del sistema, la Regione incentiva la formazione professionale degli addetti alle attività commerciali e la diffusione delle forme organizzative e delle metodologie che favoriscono la modernizzazione delle piccole e delle medie imprese commerciali, operanti in sede fissa o su area pubblica.
Art. 3 
(Principi e metodi)
1. 
Il coordinamento delle volontà in materia commerciale e urbanistica dei diversi livelli di governo è realizzato attraverso l'attuazione di provvedimenti relativi alla tutela, all'incentivazione e allo sviluppo del commercio al dettaglio in Piemonte, assunti secondo la seguente ripartizione:
a) 
la Regione si esprime in materia economica-commerciale e territoriale;
b) 
la provincia si esprime in materia di trasporti e di ambiente;
c) 
il comune si esprime in materia urbanistica, di assetto del commercio urbano e del bilancio occupazionale locale.
2. 
Al fine dell'integrazione e del coordinamento delle scelte operate ai sensi del precedente comma, il Consiglio regionale stabilisce gli indirizzi e i criteri di programmazione economica ed urbanistica, riferiti al settore commerciale, e le disposizioni relative al procedimento per il rilascio delle autorizzazioni.
3. 
Per garantire la completezza delle informazioni e la valutazione di ogni singolo interesse, le decisioni concernenti lo sviluppo delle attività commerciali rilevanti sono assunte dopo avere assunto il parere delle due principali organizzazioni dei commercianti, delle due principali organizzazioni dei consumatori, e delle due principali organizzazioni dei lavoratori dipendenti individuate dalla Giunta regionale, entro il 31 dicembre, con cadenza triennale, in base al numero degli iscritti documentati dalle medesime, a livello regionale, entro il 31 ottobre dell'anno precedente la scadenza.
4. 
La Regione adotta con priorità i provvedimenti di prevenzione e repressione di comportamenti devianti in materia di commercializzazione di merci contraffatte, di orari di apertura e di corrispondenza tra la superficie di vendita autorizzata e quella effettivamente utilizzata.
5. 
La coerenza delle istanze di autorizzazione per l'attivazione delle medie e delle grandi strutture di vendita con le finalità e gli obiettivi di cui all'articolo 2 deve essere dimostrata dal richiedente attraverso un approfondito Studio d'impatto socio-economico e territoriale (SISET), che viene valutato, anche in contraddittorio con le parti sociali, nel corso dell'istruttoria stabilita dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell' articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59).
6. 
La Regione istituisce la funzione di "Audit della riforma del commercio", ricoperta da un proprio dirigente, unitamente a quella di direttore dell'Osservatorio di cui al capo XIII. L'Audit trasmette al Consiglio regionale una relazione semestrale, comprendente gli elementi essenziali utili per valutare l'evoluzione qualitativa e quantitativa del sistema distributivo regionale e le proposte d'intervento, anche nel campo del marketing urbano e dell'orientamento dei finanziamenti pubblici, finalizzate all'ottimizzazione delle risorse in funzione degli obiettivi stabiliti dall'articolo 2.
Capo II. 
CLASSIFICAZIONI RELATIVE AL COMMERCIO AL DETTAGLIO IN SEDE FISSA
Art. 4 
(Offerta merceologica)
1. 
L'attività commerciale può essere esercitata oltre che per i distinti settori merceologici, alimentare e non alimentare, di cui all' articolo 5, comma 1, d. lgs. 114/98, anche congiuntamente.
2. 
L'offerta commerciale è altresì distinta secondo le dimensioni dei punti di vendita e le caratteristiche della zona d'insediamento, in:
a) 
offerta ad assortimento esteso (OES);
b) 
offerta ad assortimento limitato (OAL).
3. 
Ai fini della valutazione dell'impatto economico, sono assimilati all'offerta alimentare i generi di drogheria chimica e per l'igiene della persona.
4. 
Si considera "mista" l'offerta che comprende i generi alimentari e assimilati e i generi non alimentari. L'offerta a larga prevalenza di un settore, che comprende non più di 150 metriquadri di superficie di vendita di altro settore, è classificata solo in base al settore prevalente. I generi assimilati agli alimentari possono essere classificati, indifferentemente, in uno dei due settori.
5. 
Appartengono alla categoria OES le attività commerciali per le quali è richiesta l'autorizzazione a porre in vendita, senza altre limitazioni oltre a quelle derivanti dalle norme generali stabilite a tutela dell'igiene e della sicurezza, prodotti del settore alimentare o del settore non alimentare o, congiuntamente, di entrambi i settori.
6. 
Rientrano nella categoria OAL le attività commerciali per le quali è richiesta l'autorizzazione a porre in vendita solo la parte limitata delle merceologie appartenenti al settore merceologico non alimentare, indicata specificatamente in apposito atto d'obbligo registrato presso l'Agenzia generale delle entrate.
7. 
Le limitazioni di assortimento di cui al comma precedente individuano, anche ai fini dell'applicazione dall' articolo 26, comma 2, d. lgs. 114/98, le seguenti specializzazioni merceologiche:
a) 
OAL 1: vestiario, calzature, accessori di abbigliamento ed affini;
b) 
OAL 2: articoli sportivi: attrezzature, materiali di consumo, abbigliamento sportivo, calzature per lo sport, accessori per lo sport ed affini;
c) 
OAL 3: tessile per la casa e complementi di arredamento;
d) 
OAL 4: articoli tecnologici ovverosia elettrodomestici, apparecchi per la riproduzione del suono e dell'immagine, elaboratori elettronici, materiali di consumo connessi, accessori per la casa;
e) 
OAL 5: articoli per la ricreazione e la cultura;
f) 
OAL 6: articoli per il fai da te;
g) 
OAL 7: accessori e ricambi per l'automobile ed altri mezzi di locomozione;
h) 
OAL 8: esercizi commerciali atipici quali:
1) 
OAL 8a: mobili, complementi di arredamento, elettrodomestici incorporati nei mobili;
2) 
OAL 8b: materiali per l'edilizia e materiale elettrico;
3) 
OAL 8c: legnami;
4) 
OAL 8d: auto, motocicli ed altri mezzi di locomozione;
5) 
OAL 8e: macchine, attrezzature, articoli tecnici per l'agricoltura, l'industria, il commercio e l'artigianato;
6) 
OAL 8f: articoli per il giardinaggio;
7) 
OAL 8g: combustibili, caldaie, apparecchi per il riscaldamento e la refrigerazione;
8) 
OAL 9h: prodotti parafarmaceutici ed integratori alimentari.
Art. 5 
(Impatto socio-economico e territoriale delle attività commerciali)
1. 
Per impatto socio-economico e territoriale di una specifica attività commerciale si intende la catena delle conseguenze, percepibili nel breve periodo o ipotizzabili per le generazioni future, che l'attività può produrre nel sistema di cui è parte.
2. 
Le attività commerciali si ripartiscono, in relazione alla tipologia di offerta ed alla dimensione complessiva della superficie di vendita, in tre categorie:
a) 
commercio ad impatto basso (CIB);
b) 
commercio ad impatto medio (CIM);
c) 
commercio ad impatto rilevante (CIR).
3. 
La dimensione complessiva della superficie di vendita si ottiene sommando quella delle singole attività commerciali autorizzate la cui ubicazione si trovi in un continuo di spazi privati.
4. 
Gli spazi privati si considerano continui quando il passaggio da un esercizio commerciale ad un altro avviene, anche a seguito di successive aperture di varchi nel complesso immobiliare, senza che vi sia attraversamento di aree appartenenti al demanio pubblico.
5. 
Appartengono alla categoria CIB le attività commerciali, comunque organizzate, che sono esercitate su superficie di vendita complessiva non maggiore a 400 metriquadri e su superficie utile lorda complessiva (SUL) non maggiore a 600 metriquadri. Per la categoria CIB l'offerta commerciale, alimentare, non alimentare o mista, non è soggetta ad alcuna limitazione di assortimento e di superficie di vendita.
6. 
Appartengono alla categoria CIM le attività commerciali, comunque organizzate, non appartenenti alla categoria CIB, che sono esercitate su superficie di vendita complessiva non maggiore a 1.800 metriquadri e su superficie utile lorda complessiva (SUL) non maggiore a 2.200 metriquadri. Per la categoria CIM l'offerta commerciale non alimentare è soggetta ad alcune limitazioni di assortimento e non è soggetta a limitazioni di superficie di vendita.
7. 
Qualora la superficie lorda complessiva delle attività CIB e CIM superi le indicazioni di cui ai commi 5 e 6, l'effettivo utilizzo della superficie eccedente l'autorizzazione commerciale deve essere stabilito attraverso la convenzione di cui all' articolo 26, comma 9, l. r. 56/77 oppure con atto d'obbligo registrato presso l'Agenzia generale delle entrate.
8. 
Appartengono alla categoria CIR le attività commerciali che non fanno parte delle categorie CIB o CIM. Per la categoria CIR l'offerta commerciale è soggetta a limitazioni della superficie di vendita autorizzata e a limitazioni di assortimento nel settore non alimentare.
Art. 6 
(Luoghi del commercio)
1. 
I luoghi d'insediamento delle attività commerciali nel territorio piemontese si distinguono in:
a) 
luoghi urbani centrali (LUC);
b) 
luoghi delle residenze diffuse (LRD);
c) 
luoghi a specializzazione commerciale (LSC);
d) 
luoghi commerciali atipici (LCA).
2. 
Si considerano LUC le aree urbane a prevalenza di residenze e servizi, caratterizzate anche da un'alta concentrazione di attività commerciali, per lo più insediate in edifici con destinazione mista, che orientano la loro offerta soprattutto alla popolazione residente in ambito non pedonale o, comunque, gravitante sulle aree urbane centrali.
3. 
Si considerano LRD le aree urbane residenziali nelle quali sono presenti anche attività commerciali, insediate in edifici con destinazione a prevalenza non commerciale, che rivolgono la loro offerta soprattutto alla popolazione residente in ambito pedonale.
4. 
Si considerano LSC le aree caratterizzate dalla presenza, attuale o potenziale, di sole attività commerciali, ricettive, per la ristorazione e per il tempo libero ed attività paracommerciali connesse, in edifici specifici realizzati in aree con destinazione urbanistica "commercio al dettaglio in sede propria".
5. 
Si considerano LCA le aree funzionalmente riconducibili alle categorie LSC, prive di un'adeguata regolamentazione degli accessi e delle uscite rispetto alla viabilità pubblica, nelle quali sono insediate attività commerciali sorte in modo spontaneo e scoordinate, le cui esternalità negative devono essere mitigate con interventi di razionalizzazione sotto il profilo economico e quello territoriale.
6. 
L'individuazione dei luoghi del commercio compete ai comuni, sulla base delle caratteristiche e dei parametri stabiliti dagli indirizzi e criteri di programmazione economica ed urbanistica riferiti al settore commerciale di cui al secondo comma dell'articolo 3. Nelle more dell'applicazione della legge si applicano le corrispondenze stabilite dall'articolo 18.
Capo III. 
CRITERI ED INDIRIZZI RELATIVI ALLE DIFFERENTI FORME DI AGGREGAZIONE SPAZIALE DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO IN SEDE FISSA
Art. 7 
(Entità commerciali complesse)
1. 
Due o più attività commerciali, comunque organizzate, esercitate in un continuo di spazi privati, come definito all' articolo 5, comma 4, costituiscono un centro commerciale tipico definito:
a) 
classico: se i passaggi sono al chiuso;
b) 
sequenziale: se i passaggi sono, in tutto o in parte, all'aperto.
2. 
La concentrazione spaziale di attività commerciali nell'ambito di un luogo urbano centrale (LUC) rappresenta il presupposto per costituire un centro commerciale naturale.
3. 
Due o più attività commerciali esercitate in un luogo a specializzazione commerciale (LSC) e separate tra loro da spazi pubblici costituiscono un parco commerciale.
4. 
I centri commerciali tipici sono promossi dall'iniziativa privata.
5. 
I centri commerciali naturali sono promossi e costituiti dai comuni in collaborazione con le organizzazioni dei commercianti e/o con un consorzio di commercianti ed operatori nei servizi che svolgono la loro attività nel perimetro del LUC.
6. 
I parchi commerciali sono programmati esclusivamente dai singoli comuni o da più comuni confinanti ed il loro sviluppo è sottoposto al parere preliminare vincolante di apposita conferenza dei servizi.
Art. 8 
(Formazione del parere vincolante sulla promozione di parchi commerciali)
1. 
Nei parchi commerciali sono ammesse solo attività commerciali di tipo CIM e CIR, compresi i centri commerciali formati da attività, singolarmente, di tipo CIB.
2. 
Il progetto di realizzazione di un luogo a specializzazione commerciale (LSC), con un programma di insediamenti progettati in forma di parco, può essere prospettato dai comuni alla Regione, con la presentazione di un'istanza di autorizzazione preventiva; l'apposita Conferenza dei servizi provvederà a valutarne gli impatti complessivi.
3. 
Il progetto è formulato attraverso una documentazione comprensiva di:
a) 
planimetria generale recante l'indicazione degli strumenti urbanistici esecutivi;
b) 
piano merceologico di massima;
c) 
cronoprogramma;
d) 
studio d'impatto socio-economico e territoriale (SISET), effettuato sulla base della l.r. 40/1998, e integrato da uno studio socioeconomico, attraverso il quali sono esaminate le conseguenze prevedibili in termini di spostamento dei flussi di domanda, di trasporti, di impatto occupazionale, e di integrazione con la rete distributiva esistente nel raggio dei 20 minuti di percorso automobilistico.
4. 
Il progetto è sottoposto all'autorizzazione preliminare da parte di una conferenza dei servizi indetta dalla direzione del settore Urbanistica della Regione, che deve esprimere la propria Valutazione d'impatto socio-economico territoriale (VISET) entro novanta giorni dalla data di avvio del procedimento.
5. 
La conferenza dei servizi è costituita come segue:
a) 
due membri della Regione che si esprimono, rispettivamente, in materia urbanistica e commerciale;
b) 
un membro della Provincia che si esprime in materia di trasporti e di ambiente;
c) 
un membro dei comuni di insediamento che si esprime in materia urbanistica e di assetto del commercio urbano;
d) 
un membro di altro comune, individuato con priorità nel più popoloso compreso, anche parzialmente, nell'isocrona dei 30 minuti di percorso automobilistico, che si esprime sull'impatto a scala intercomunale.
6. 
La deliberazione è assunta a maggioranza, sentito il parere non vincolante delle organizzazioni di cui all'articolo 3, comma 3, ed è subordinata al parere favorevole di entrambi i membri della Regione.
7. 
La decisione relativa alla fase di VISET è trasmessa entro trenta giorni ai comuni interessati, che procederanno, seguendo le forme di rito, alle eventuali necessarie modifiche dei propri strumenti di pianificazione urbanistica e di programmazione economica.
Art. 9 
(Trasformazione dei luoghi commerciali atipici, LCA)
1. 
I luoghi commerciali atipici (LCA) devono essere oggetto di approfondite analisi da parte dei comuni affinché siano individuate le forme di accordo e le iniziative di programmazione necessarie per risolvere le criticità in ordine all'impatto sul sistema del traffico e per eliminare le diseconomie derivanti dalla mancanza di coordinamento delle attività in essi presenti.
2. 
Il progetto di trasformazione dei luoghi commerciali atipici deve prevedere la loro trasformazione in parco commerciale, nel rispetto di quanto stabilisce l'articolo 8.
3. 
Nei LCA privi di progetto di trasformazione approvato dalla conferenza dei servizi sono sospesi il rilascio e le modifiche delle autorizzazioni commerciali.
Art. 10 
(Qualificazione dei luoghi urbani centrali LUC)
1. 
Ogni comune, anche su proposta di soggetti privati, e/o con il loro concorso, elabora programmi di qualificazione urbana (PQU) per ciascuno dei luoghi urbani centrali individuabili sul proprio territorio, o per parti di essi. Il programma deve necessariamente comprendere anche interventi di promozione e qualificazione del commercio su area pubblica.
2. 
Il progetto può riguardare anche il solo commercio su area pubblica.
3. 
La Regione favorisce la realizzazione dei PQU, sia con incentivi finanziari, sia con deroghe agli orari di apertura. Le modalità dell'intervento della Regione sono stabilite con apposito provvedimento della Giunta regionale sentita la Commissione consiliare competente. Nelle more trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 18 della DCR 563-13414/99 ed i provvedimenti finanziari ad esso connessi.
Art. 11 
(Progetti integrati di rivitalizzazione delle realtà disservite)
1. 
I comuni, indipendentemente dallo loro dimensione demografica, possono individuare parti del loro territorio esterne ai LUC, ai LSC ed ai LCA, nelle quali la popolazione residente risulti priva dei servizi commerciali di base e, in relazione ad esse, sviluppare progetti integrati di rivitalizzazione (PIR).
2. 
La dimensione complessiva delle attività previste dal progetto non dovrà eccedere le dimensioni massime stabilite per la categoria del commercio CIB.
3. 
La Regione favorisce la realizzazione dei PIR, sia con incentivi finanziari, sia con deroghe agli orari di apertura. Le modalità dell'intervento della Regione sono stabilite con apposito provvedimento della Giunta regionale sentita la Commissione consiliare competente. Nelle more trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 19 della DCR 563-13414/99 ed i provvedimenti finanziari ad esso connessi.
Capo IV. 
CRITERI PER LE VALUTAZIONI PROPEDEUTICHE AL RILASCIO DELLE AUTORIZZAZIONI COMMERCIALI IN SEDE FISSA
Art. 12 
(Accesso alle autorizzazioni commerciali)
1. 
L'autorizzazione ad attivare un esercizio commerciale, in un immobile con destinazione urbanistica idonea, è un diritto del richiedente e può essere negata solo in quanto sia tecnicamente dimostrata un'elevata probabilità che si producano situazioni in contrasto con il corretto funzionamento del libero mercato e, più in generale, con l'utilità sociale e con la dignità umana, nelle manifestazioni richiamate all'articolo 1.
2. 
L'analisi e la valutazione delle situazioni avviene in sintonia con quanto stabiliscono gli indirizzi e criteri di programmazione economica ed urbanistica riferiti al settore commerciale e le disposizioni relative al procedimento per il rilascio della autorizzazioni di cui all'articolo 3.
3. 
La richiesta di autorizzazione o, nei casi previsti, la comunicazione d'inizio attività, sono presentate al comune. Il comune avvia il procedimento stabilito per il rilascio dell'autorizzazione, o per la comunicazione di diniego motivato. L'assenza dell'idoneità urbanistica comporta la reiezione immediata dell'istanza o della comunicazione.
4. 
L'idoneità urbanistica dell'immobile o dell'area di insediamento è valutata in base a quanto stabilito dall'articolo 20, comma 2.
5. 
La richiesta di autorizzazione commerciale o, nei casi previsti, la comunicazione d'inizio attività, può essere presentata dai soggetti in possesso dei requisiti di cui all'articolo del d. lgs. 114/98. All'istanza deve essere ulteriormente allegata la dichiarazione sottoscritta dal richiedente con la quale egli certifica che negli ultimi due anni non ha subito sanzioni per cause riconducibili alle seguenti fattispecie:
a) 
frode in commercio;
b) 
mancato rispetto degli orari di apertura degli esercizi commerciali;
c) 
attivazione di superficie di vendita difforme da quella autorizzata;
d) 
violazione dei diritti dei lavoratori. La dichiarazione deve, altresì, certificare che il richiedente ha adempiuto agli obblighi stabiliti dall' articolo 17 della legge 12 marzo 1999 n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili). L'istanza, o la comunicazione, è dichiarata incompleta e non procedibile qualora manchi anche una sola delle dichiarazioni prima elencate.
6. 
Le autorizzazioni per l'attivazione di esercizi commerciali possono essere intestate anche a soggetto diverso dall'originario richiedente, se quest'ultimo è un promotore, solo quando egli produca il contratto con il quale ha acquisito la disponibilità dei locali nei quali l'attività sarà esercitata. In tal caso, anche il nuovo intestatario dovrà sottoscrivere altre dichiarazioni, analoghe a quelle di cui al comma precedente, certificando, altresì, l'avvenuto adempimento degli eventuali obblighi di comunicazione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi della legge 10 ottobre 1990 n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).
Art. 13 
(Autorizzazioni di categoria CIB soggette a sola comunicazione)
1. 
Le autorizzazioni di categoria CIB si rilasciano per la tipologia di offerta ad assortimento esteso (OES).
2. 
Limitatamente ai luoghi del commercio LUC e LRD, e limitatamente agli esercizi commerciali della categoria CIB rientranti tra gli esercizi di vicinato ai sensi dell'articolo 4, lettera c) del d. lgs. 114/98, il rilascio dell'autorizzazione avviene a seguito della sola comunicazione di inizio attività, fatte salve le procedure e le limitazioni stabilite dagli articoli 7 e 10 del d. lgs. 114/98. Per i centri commerciali la comunicazioni devono essere precedute dal programma complessivo d'insediamento che potrà essere presentato anche da un promotore.
3. 
Nei luoghi del commercio LSC le autorizzazioni della categoria CIB devono rientrare in un centro commerciale della categoria CIM o CIR.
4. 
Nei luoghi del commercio LCA non è consentita l'attivazione di esercizi commerciali di categoria CIB.
Art. 14 
(Istanze di autorizzazione per medie strutture di vendita soggette a istruttoria comunale)
1. 
Per ottenere il rilascio di autorizzazione commerciale relativa ad attività della categoria CIM deve essere presentata apposita istanza al comune nel quale è ubicato l'esercizio che si vuole attivare. L'istanza per centro commerciale può essere presentata anche da un promotore.
2. 
Le medie strutture di vendita delle categorie CIB e CIM sono ammesse esclusivamente nei luoghi LUC, LRD e LSC; quelle della categoria CIR sono ammesse esclusivamente nei luoghi LSC, e nelle parti di LUC classificate centro commerciale naturale o come sua possibile estensione.
3. 
Le attività delle categoria CIM, fatta eccezione per quelle ad offerta mista, devono essere specificate indicando come limitazioni di assortimento non più di quattro delle specializzazioni indicate al comma 4 dell' articolo 4, con le relative superfici di vendita, mediamente utilizzate nel corso dell'anno, di cui quella prevalente non deve essere inferiore all'80 per cento del totale.
4. 
Le attività della categoria CIR, fatta eccezione per quelle ad offerta mista, devono essere specificate indicando come limitazioni di assortimento non più di due delle specializzazioni indicate al comma 4 dell'articolo 4, con le relative superfici di vendita, mediamente utilizzate nel corso dell'anno, di cui quella prevalente non deve essere inferiore all'80 per cento del totale.
5. 
L'istanza, corredata da uno studio sintetico d'impatto socio-economico e territoriale, è presentata congiuntamente alla eventuale richiesta di permesso per costruire ed è esaminata dal responsabile del procedimento che, anche avvalendosi di esperti, produce una relazione della cui possibile consultazione sono informate le organizzazioni individuate ai sensi dell'articolo 3, comma 3, e trasmessa alla Provincia ed alla Regione, entro quarantacinque giorni dalla data di avvio del procedimento.
6. 
Decorsi ulteriori trenta giorni, ed entro novanta giorni dalla data di ricevimento dell'istanza, il comune assume la propria decisione, tenuto anche conto dei pareri non vincolanti eventualmente pervenuti dalla provincia, dalla Regione e dalle organizzazioni di cui al comma 5.
Art. 15 
(Istanze di autorizzazione di categoria CIR soggette ad istruttoria regionale)
1. 
Per ottenere il rilascio di autorizzazione commerciale relativa ad attività della categoria CIR si deve presentare apposita istanza al Comune e, per conoscenza, alla Regione. L'istanza per centro commerciale può essere presentata anche da un promotore.
2. 
Le attività della categoria CIR sono ammesse esclusivamente nei luoghi LSC e nelle parti di LUC classificate centro commerciale naturale o come sua possibile estensione.
3. 
Le attività della categoria CIR, fatta eccezione per quelli ad offerta mista, devono essere specificate indicando come limitazioni di assortimento non più di due delle specializzazioni indicate al comma 4 dell'articolo 4, con le relative superfici di vendita, mediamente utilizzate nel corso dell'anno, di cui quella prevalente non deve essere inferiore all'80 per cento del totale.
4. 
L'istanza è soggetta a Valutazione d'impatto socio-economico e territoriale (VISET), da parte di apposita conferenza dei servizi indetta dalla Direzione regionale del settore commercio, che si deve concludere entro quarantacinque giorni dalla data di avvio del procedimento. La documentazione da produrre, a carico dell'istante, comprende:
a) 
una proposta preliminare di strumento urbanistico esecutivo;
b) 
il piano merceologico di massima;
c) 
il cronoprogramma;
d) 
lostudio d'impatto socio-economico e territoriale (SISET), effettuato sulla base della l.r. 40/98 e integrato da uno studio socioeconomico, attraverso il quali sono esaminate le conseguenze prevedibili in termini di spostamento dei flussi di domanda, di trasporti, di impatto occupazionale, e di integrazione con la rete distributiva esistente nel raggio dei 20 minuti di percorso automobilistico.
4. 
Il progetto è sottoposto all'autorizzazione preliminare da parte di una conferenza dei servizi indetta dalla direzione del settore Urbanistica della Regione, che deve esprimere la propria Valutazione d'impatto socio-economico territoriale (VISET) entro novanta giorni dalla data di avvio del procedimento.
5. 
La conferenza dei servizi specifica per la VISET è costituita come segue:
a) 
due membri della Regione che si esprimono, rispettivamente, in materia economica-commerciale ed urbanistica;
b) 
un membro della provincia che si esprime in materia di trasporti e di ambiente;
c) 
un membro del comune di insediamento che si esprime in materia Urbanistica e di assetto del commercio urbano;
d) 
da un membro di altro comune, individuato con priorità nel più popoloso compreso, anche parzialmente, nell'isocrona dei 20 minuti di percorso automobilistico, che si esprime sull'impatto a scala intercomunale.
6. 
La deliberazione è assunta a maggioranza, sentito il parere non vincolante delle organizzazioni di cui all'articolo 3, comma 3, ed è subordinata al parere favorevole di entrambi i membri della Regione.
7. 
L'esito favorevole della VISET, o l'esisto sfavorevole non determinato dal parere contrario di entrambi i membri della Regione, sono acquisiti dalla conferenza dei servizi prevista dall' articolo 9 del d. lgs. 114/98; questa, entro novanta giorni dalla data di avvio del procedimento, previa ulteriore verifica delle limitazioni di cui all'articolo 16, decide sull'istanza e sulle eventuali prescrizioni suggerite dalla VISET o idonee a superare le cause ostative da essa evidenziate. L'esito sfavorevole della fase di VISET, se è determinato dal parere contrario di entrambi i membri della Regione, comporta l'immediata reiezione dell'istanza anche da parte di questa conferenza dei servizi.
8. 
La decisione della conferenza dei servizi sarà pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Piemonte ed è vincolante per il comune, che ne darà attuazione entro trenta giorni dell'avvenuta comunicazione.
Art. 16 
(Riserva di superficie autorizzabile per le diverse categorie di attività commerciale)
1. 
Non sono poste limitazioni quantitative, per Comune e per luogo del commercio, alla superficie di vendita complessivamente autorizzabile per le categorie CIB e CIM.
2. 
Le attività commerciali di categoria CIB devono occupare almeno il 20 per cento della superficie di vendita dei centri commerciali tipici.
3. 
Le attività di categoria CIM devono occupare almeno il 40 per cento della superficie di vendita dei parchi commerciali.
4. 
Per le seguenti attività di categoria CIR si applicano gli standard, misurati dalla densità in metriquadri di superficie di vendita ogni mille residenti nell'isocrona dei 0 ¿20 minuti di percorso automobilistico, a partire dall'ubicazione dell'attività commerciale, che devono essere consentiti per favorire la competitività e la funzionalità dell'offerta commerciale. Detti standard non devono essere superati al fine di garantire la pluralità delle tipologie distributive. Gli standard, che si riferiscono alla sola specializzazione prevalente, dovranno essere stabiliti dai criteri di cui all'articolo 3, comma 2, secondo la diversa numerosità dei residenti nell'isocrona, con valori più bassi dove c'è maggiore popolazione, mantenendosi nei seguenti intervalli:
a) 
misto, ipermercati e grandi supermercati: metriquadri 80-120;
b) 
OAL 1: vestiario, calzature, accessori ed affini: metriquadri 40-60;
c) 
OAL 2: articoli sportivi: attrezzature, materiali di consumo, abbigliamento sportivo, calzature per lo sport, accessori ed affini: metriquadri 10-15;
d) 
OAL 3: tessile per la casa e complementi di arredamento: metriquadri 10-15;
e) 
OAL 4: articoli tecnologici ovverosia elettrodomestici, apparecchi per la riproduzione del suono e dell'immagine, elaboratori elettronici, materiali di consumo, accessori per la casa: metriquadri 20-30;
f) 
OAL 5: articoli per la ricreazione e la cultura: metriquadri 15-25;
g) 
OAL 6: articoli per il fai da te: metriquadri 80-120;
h) 
OAL 7: accessori e ricambi per l'automobile ed altri mezzi di locomozione: metriquadri 5-8;
i) 
OAL 8: esercizi commerciali atipici:
1) 
OAL 8a: mobili, complementi di arredamento, elettrodomestici incorporati nei mobili: metriquadri 60-90;
2) 
OAL 8f: articoli per il giardinaggio: metriquadri 20-30;
3) 
Altri OAL. 8 sono rilasciate autorizzazioni commerciali solo per attività della categoria CIB.
5. 
Per evitare il rischio che si formino posizioni dominanti, sotto il profilo della dimensione dei singoli insediamenti e dei singoli luoghi del commercio, sono stabilite le seguenti limitazioni:
a) 
ogni singola attività commerciale autorizzata non può superare, con riferimento alla sola specializzazione prevalente, il 10 per cento della superficie di vendita complessiva determinata attraverso l'applicazione degli standard di cui al comma precedente;
b) 
ogni centro commerciale non può superare la superficie di vendita complessiva di 12.000 metriquadri;
c) 
ogni luogo del commercio di tipo LSC o LCA non può superare la superficie territoriale complessiva di 150.000 metriquadri. Sono fatti salvi: a) le dimensioni territoriali delle localizzazioni L2 ed L3 almeno parzialmente già realizzate alla data di entrata in vigore delle presenti norme; b) il perimetro dei LAC soggetti ad intervento di razionalizzazione, eventualmente rimodellabile purché non si produca un ampliamento della superficie territoriale destinata allo sviluppo di ulteriori attività commerciali.
Capo V. 
RACCORDI CON LA DCR 563/13414/99 E SUCCESSIVE MODIFICHE ED INTEGRAZIONI
Art. 17 
(Corrispondenze tra i tipi d'impatto socio-economico e territoriale e le tipologie distributive)
1. 
Le tipologie di strutture distributive di cui all'articolo 8 della DCR 563-13414/99 trovano con i tipi d'impatto socio-economico e territoriale definiti all'articolo 5 le corrispondenze indicate nei commi 2, 3 e 4.
2. 
Alle superfici di vendita delle tipologie: Vicinato, M-SAM1, M-SAM2, M-SE1, M-SE2 ed M-CC fino a 900 metriquadri, corrispondono le superfici di vendita del commercio ad impatto socio-economico e territoriale basso (CIB).
3. 
Alle superfici di vendita delle tipologie: M-SAM3, M-SE3, M-CC, tra i 900 metriquadri ed i 1800 metriquadri, e G-SM1, G-SE1 e G-CC1 tra i 1500 metriquadri ed i 1800 metriquadri, corrispondono le superfici di vendita del commercio ad impatto medio (CIM).
4. 
Alle superfici di vendita delle altre tipologie distributive corrispondono le superfici di vendita del commercio ad impatto rilevate (CIR).
Art. 18 
(Corrispondenze tra luoghi del commercio, addensamenti e localizzazioni)
1. 
Fatte salve le diverse disposizioni stabilite dai criteri comunali di programmazione del commercio e dal PRGC, le zone d'insediamento commerciale di cui all'articolo 12 della DCR 563-13414/99 trovano con i luoghi del commercio definiti al precedente art. 6 le corrispondenze indicate nei commi seguenti.
2. 
Agli addensamenti A.1, A.2, A.3 o, in loro assenza, all'area perimetrata dal PRGC come "centro storico", corrisponde il luogo del commercio urbano centrale (LUC).
3. 
Agli addensamenti A.4, alle localizzazioni L1, ed alle aree non addensate che il PRGC destina prevalentemente a residenza, corrispondono i luoghi delle residenze diffuse (LRD).
4. 
Agli addensamenti A.5 ed al commercio sparso in zone non residenziali corrispondono i luoghi del commercio atipico (LCA).
5. 
Alle localizzazioni L.2 ed L.3, ed ai centri commerciali riconducibili alla categoria CIR, presenti al di fuori di esse e degli addensamenti, corrispondono i luoghi a specializzazione commerciale (LSC).
Art. 19 
(Altre corrispondenze)
1. 
L'articolo 6 della delibera del Consiglio regionale 29 ottobre 1999 n. 563-13414 (Indirizzi generali e criteri di programmazione urbanistica per l'insediamento del commercio al dettaglio in sede fissa in attuazione del d. lgs. 114/1998), è sostituito dall'articolo 7 della presente legge.
2. 
Gli articoli 9, 10, 11, 13, 14, e 17 della DCR 563-13414/99 sono sostituiti dalla Valutazione d'impatto socio-economico e territoriale e dalle limitazioni stabilite dall'articolo 16.
Capo VI. 
DISPOSIZIONI URBANISTICHE REGIONALI
Art. 20 
(Modifiche alla l.r. 56/1977)
1. 
Il comma 2 dell'articolo 14 della l.r. 56/1977 è sostituito dal seguente:
" 2. I comuni, utilizzando le tavole di cui al primo comma, numero 3), ed avvalendosi di quelle in scala idonea, rappresentano altresì le perimetrazioni dei luoghi del commercio, adottando la classificazione stabilita dall'articolo 6 della legge regionale di Tutela, incentivazione e disciplina dello sviluppo del commercio al dettaglio in sede fissa."
.
2. 
Dopo la lettera f) del comma 4 dell'articolo 17 della l.r. 56/1977 si aggiunge la seguente:
" g) L'insediamento delle attività commerciali della categoria CIB (impatto basso), eventualmente con ulteriori articolazioni delle destinazioni d'uso, da stabilire ai sensi dell' articolo 8, comma 2, della l. r. 19/1999, può rientrare nelle utilizzazioni consentite in aree prive di specifica destinazione '' commercio al dettaglio '' (commercio in sede non propria). L'insediamento delle attività commerciali della categoria CIM (impatto medio) e CIR (impatto rilevante) richiede la destinazione urbanistica '' commercio al dettaglio in sede propria '' anche in '' area mista ''; la destinazione '' commercio al dettaglio in sede propria '' non può essere ristretta con ulteriori articolazioni delle destinazioni d'uso."
.
3. 
Il comma 5 bis dell'articolo 17 della l. r. 56/1977 è sostituito dal seguente:
" 5. bis La variante di adeguamento al Piano Regolatore Generale ai sensi del d. lgs. 114/98 è approvata dalla Giunta regionale entro il termine di centoventi giorni dalla data del suo ricevimento. Decorso tale termine senza che sia intervenuta l'approvazione o la restituzione per rielaborazione totale o parziale, sono consentiti gli interventi che hanno superato la fase di VISET relativa alla Formazione del parere vincolante sulla promozione di parchi commerciali o alla trasformazione dei luoghi commerciali atipici."
.
Capo VII. 
COMMERCIO IN SEDE FISSA - ORARI DI VENDITA
Art. 21 
(Criteri in tema di orari di vendita)
1. 
In applicazione del disposto dell' articolo 11 del d. lgs. 114/98 gli orari di apertura e chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni di cui all' articolo 11 del d. lgs. 114/98 e dei criteri emanati dai comuni in applicazione dell' articolo 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali).
2. 
Il rispetto degli orari di apertura è considerato essenziale per garantire il rispetto della libera concorrenza e la tutela della diritto alla salute.
3. 
L'apertura di un'attività commerciale in orari diversi da quelli stabiliti è sanzionata nei termini previsti dagli articoli 25 e 26. I comuni conformano la predisposizione dei criteri in materia di orari di apertura e di chiusura degli esercizi di vendita ai seguenti criteri:
a) 
armonizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali agli orari dei servizi pubblici e degli uffici locali, in relazione alle esigenze complessive degli utenti, in attuazione della legge regionale 6 aprile 1995, n. 52 (Norme per la formulazione e l'adozione dei piani comunali di coordinamento degli orari PCO ai sensi dell' articolo 36, comma 3, della legge n. 142/90) e dell' articolo 36, comma 3, della l. 142/90;
b) 
promozione di un costante processo di confronto fra le parti sociali interessate ed i soggetti pubblici per avviare sperimentazioni di nuove soluzioni di servizio alla collettività;
c) 
coordinamento degli orari degli esercizi di vendita, con particolare riguardo alle caratteristiche delle zone, così come individuate dagli indirizzi e dai criteri di cui all'articolo 3, attraverso l'articolazione della mezza giornata di chiusura infrasettimanale, qualora prevista, e delle deroghe all'obbligo della chiusura festiva e domenicale secondo aree omogenee dello stesso Comune e, qualora necessario, anche a livello sovracomunale, previa intesa con i comuni interessati;
d) 
ottimizzazione del servizio al consumatore attraverso:
1) 
l'individuazione dei giorni domenicali e festivi nei quali consentire la deroga di cui alla lettera c) al fine di garantire per ogni area omogenea l'apertura degli esercizi per ulteriori otto domeniche o festività oltre a quelle comunque previste per il mese di dicembre;
2) 
la definizione degli ambiti territoriali entro i quali è consentito l'esercizio dell'attività di vendita ad un limitato numero di esercizi di vicinato in orario notturno;
3) 
la definizione del regime di orari da applicarsi alle attività miste di uno stesso esercizio commerciale, con particolare riguardo ai centri polifunzionali e ai centri commerciali, secondo criteri che, oltre al settore merceologico o all'attività prevalente, tengono conto delle esigenze complessive dell'utenza;
4) 
l'uniformità del regime degli orari delle attività artigiane, agricole ed industriali esercenti la vendita al dettaglio a quello dei negozi;
5) 
la definizione delle modalità in base alle quali gli esercizi del settore alimentare devono garantire l'apertura al pubblico in caso di più di due festività consecutive.
Art. 22 
(Località ad economia turistica)
1. 
Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, sentite le rappresentanze degli enti locali, attraverso la Conferenza permanente Regione-Autonomie Locali istituita ai sensi della l.r. 34/1998, e le rappresentanze delle organizzazioni regionali più rappresentative dei consumatori, delle imprese del commercio e turismo e dei lavoratori dipendenti, approva i criteri per l'individuazione delle località ad economia turistica, al fine delle deroghe di cui all' articolo 12, comma 1, del d. lgs. 114/1998, con riferimento alle seguenti tipologie di comuni:
a) 
comuni o parti di comuni a prevalente economia turistica o, comunque, ad elevato indice di specializzazione turistica;
b) 
città d'arte o parti di comuni aventi tale connotazione;
c) 
comuni montani o zone montane di comuni;
d) 
altri comuni o singole zone di comuni caratterizzati dalla presenza di attrattive termali, naturalistico-ambientali, storico-culturali, sportive, artigianali, enogastronomiche, religiose, in cui il movimento turistico, anche solo giornaliero, costituisce un elemento di significativo apporto all'animazione o all'economia della località;
e) 
comuni, o parti di essi, interessati da un rilevante afflusso di turisti in occasione di manifestazioni permanenti o episodiche, connotate da capacità di attrazione extracomunale.
2. 
Ciascuna provincia sulla base delle istanze presentate dai comuni del proprio territorio interessati, provvede, in applicazione dei criteri regionali di cui al comma 1, e sentite le organizzazioni provinciali più rappresentative dei consumatori, delle imprese del commercio e del turismo, nonché dei lavoratori dipendenti, all'individuazione della connotazione permanente o periodica o episodica, di località turistica dell'intero territorio comunale o di parti specifiche dello stesso, sulla base delle esigenze e delle peculiari caratteristiche territoriali ed economiche locali.
3. 
Ciascuna provincia, ai fini delle deroghe previste dall' articolo 12, comma 1, del d. lgs. 114/1998, provvede altresì, sentite le organizzazioni provinciali maggiormente rappresentative di cui al comma 2, all'individuazione, per ciascun comune interessato, dei giorni della settimana e dei periodi dell'anno in cui é riconosciuta la presenza rilevante di popolazione gravitante anche con motivazione turistica.
4. 
Le deliberazioni relative alle deroghe previste dal presente articolo devono essere inviate entro 15 giorni dalla loro adozione all'osservatorio regionale di cui al Capo XIII.
5. 
I criteri di cui al presente articolo possono essere sottoposti ad aggiornamento sulla base di mutamenti del contesto economico del mercato, in relazione alle caratteristiche degli ambiti territoriali della Regione.
Capo VIII. 
COMMERCIO IN SEDE FISSA - VICENDE DELL'AUTORIZZAZIONE
Art. 23 
(Nuove aperture, trasferimenti, modifiche della superficie e dell'offerta merceologica)
1. 
Le autorizzazioni all'apertura, alle variazioni di superficie, al cambiamento di settore merceologico ed al trasferimento degli esercizi commerciali sono rilasciate nel rispetto di quanto è stabilito dal capo IV.
2. 
Le variazioni di superficie che non comportano il passaggio da una all'altra delle categorie di impatto di cui al articolo 5, e non producono un incremento della superficie di vendita dei singoli esercizi maggiore di 250 metriquadri, sono soggette a sola comunicazione.
3. 
Il trasferimento dei punti di vendita nell'ambito del perimetro dello stesso luogo del commercio di cui all'articolo 6, è soggetto a sola comunicazione. Per le attività di categoria CIM e CIR la comunicazione deve essere corredata da idoneo ed aggiornato studio d'impatto sulla viabilità.
4. 
Non è consentito il trasferimento delle autorizzazioni fuori dal luogo del commercio o fuori dal centro commerciale di cui faccia parte.
5. 
L'accorpamento di più autorizzazioni esistenti, in una sola autorizzazione, è consentito, fatto salvo quanto stabilisce il comma 6, se non comporta il passaggio da una all'altra delle categorie di impatto di cui all'articolo 5, e non comporta il trasferimento anche di una sola delle autorizzazioni fuori dal luogo del commercio o fuori dal centro commerciale di cui faccia parte e non produce un incremento della superficie di vendita complessiva.
6. 
Qualora l'accorpamento di più autorizzazioni riguardi uno o più esercizi commerciali di categoria CIR, l'autorizzazione è rilasciata solo dopo che si è conclusa positivamente una fase di VISET analoga a quella stabilita dall'articolo 15.
Art. 24 
(Efficacia e validità dell'autorizzazione)
1. 
L'apertura al pubblico delle medie e grandi strutture di vendita conseguente al rilascio dell'autorizzazione per attivazione, ampliamento, variazione o aggiunta di settore merceologico, o comunque per altra fattispecie prevista dagli indirizzi e dai criteri di cui all'articolo 3, deve avvenire, pena la revoca del titolo, entro i termini previsti dall' articolo 22, comma 4 del d.lgs. 114/1998, salvo proroga fino ad un massimo di ulteriori anni tre per le grandi strutture di vendita ed anni due per le medie strutture di vendita, giustificata da ritardi non imputabili al soggetto autorizzato. Il termine massimo della proroga, nel caso di comportamento attivo da parte del soggetto titolare dell'autorizzazione, decorre dalla data in cui è avvenuto il rilascio del permesso per costruire se posteriore a quella di rilascio dell'autorizzazione commerciale.
2. 
I termini di cui al comma 1 possono essere sospesi, in pendenza di procedimento giudiziario fino alla notifica alle parti della relativa sentenza passata in giudicato, a seguito di istanza motivata comprovante la sopravvenuta inerzia da parte del titolare dell'autorizzazione.
3. 
Qualora nei tempi stabiliti dai commi 1 e 2 la superficie di vendita sia realizzata in misura inferiore ai due terzi di quella autorizzata, il comune revoca l'autorizzazione per la parte non realizzata, a condizione che siano comunque rispettate le norme della presente legge.
4. 
La revoca dell'autorizzazione per la parte non realizzata determina l'annullamento o la modifica dell'autorizzazione regionale prevista dall' articolo 26 della l. r. 56/1977, come da ultimo modificato dalla presente legge.
5. 
Il titolare di un'autorizzazione commerciale il cui esercizio sia organizzato in più reparti, in relazione alla gamma dei prodotti trattati o alle tecniche di servizio impiegate, previa comunicazione al comune competente per territorio, può affidare tali reparti a terzi, in possesso dei requisiti di cui all' articolo 5 del d. lgs. 114/1998, ai fini della gestione in proprio per la durata contrattualmente convenuta.
6. 
Il divieto di esercitare, congiuntamente nello stesso locale, l'attività di vendita all'ingrosso e al dettaglio previsto dall' articolo 26, comma 2 del d. lgs. 114/1998, non opera per la vendita di:
a) 
macchine, attrezzature e articoli tecnici per l'agricoltura, l'industria, il commercio e l'artigianato (OAL 8e);
b) 
materiale elettrico (OAL 8b);
c) 
colori e vernici, carte da parati (OAL 6);
d) 
ferramenta ed utensileria(OAL 6);
e) 
articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici(OAL 6, OAL 8b);
f) 
articoli da riscaldamento (OAL 8b);
g) 
strumenti scientifici e di misura (OAL 8e);
h) 
macchine per ufficio e relativi accessori (OAL 8e);
i) 
auto-moto-cicli e relativi accessori e parti di ricambio (OAL 8d);
j) 
combustibili (OAL 8g);
k) 
materiale per edilizia (OAL 8b);
l) 
legnami (OAL6, OAL8b).
Art. 25 
(Sanzioni in caso di ampliamento abusivo della superficie di vendita o apertura non autorizzata)
1. 
La superficie di vendita di un esercizio commerciale è uguale all'area, coperta o scoperta, calcolata al netto dei muri perimetrali, del poligono che la delimita, nella quale ha accesso il pubblico o si trovano le merci che possono essere prelevate dal pubblico. È compresa l'area occupata da banchi, casse, pilastri e tramezze, cabine di prova, isole di lettura e di ascolto, punti di ristoro automatici.
2. 
Qualora due esercizi commerciali, ognuno dotato di una propria autorizzazione, sono messi in comunicazione attraverso passaggi interni, comunque giustificati, il maggiore dei due esercizi commerciali originari si considera ampliato senza autorizzazione.
3. 
Nei casi di non corrispondenza tra la superficie di vendita autorizzata e la superficie di vendita regolarmente utilizzata, l'esercizio commerciale si considera attivato abusivamente per la superficie eccedente quella autorizzata.
4. 
L'apertura di un esercizio commerciale in giorni diversi da quelli consentiti, o l'estensione dell'orario di apertura, fatti salvi brevi sconfinamenti fisiologici in fine giornata, è considerato attivazione abusiva.
5. 
Nelle fattispecie di cui ai commi 3 e 4, al titolare dell'autorizzazione illegittimamente ampliata, o del punto di vendita abusivamente aperto, è comminata una sanzione pecuniaria il cui importo, aggiornabile con deliberazione della Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, è pari a euro 100 per ogni metriquadro e per ogni giorno di attivazione abusiva, da destinare ai fondi per il finanziamento delle iniziative di cui agli articoli 9, 10 e 11.
6. 
La Regione effettua operazioni di vigilanza, ai sensi dell'articolo 28 della presente legge.
7. 
I comma 3 e comma 4 hanno efficacia retroattiva, a partire dalla data di entrata in vigore della DCR 563-13414/99.
Art. 26 
(Revoca dell'autorizzazione)
1. 
Le autorizzazioni per l'esercizio delle attività commerciali sono revocate nell'ipotesi di mancato rispetto di anche una sola delle seguenti regole:
a) 
indirizzi e criteri e le disposizioni relative al procedimento di cui all' articolo 3;
b) 
disposizioni di cui alla l.r. 56/1977, come da ultimo modificata dalla presente legge;
c) 
norme degli strumenti urbanistici generali ed attuativi comunali;
d) 
prescrizioni stabilite in sede di rilascio dell'autorizzazione;
e) 
prescrizioni stabilite in sede di rilascio del parere vincolante per la promozione di parchi commerciali;
f) 
prescrizioni stabilite in sede di rilascio dell'autorizzazione preventiva regionale prevista ai commi 6, 7, 8, 9, 10 e 11 dell' articolo 26 della l. r. 56/1977, come da ultimo modificato dalla presente legge;
g) 
orari di apertura delle attività commerciali.
2. 
Le autorizzazioni per l'esercizio commerciale sono altresì revocate:
a) 
in pendenza dell'autorizzazione preventiva regionale prevista ai commi 6, 7, 8, 9, 10 e 11 dell' articolo 26 della l. r. 56/1977, come da ultimo modificato dalla presente legge;
b) 
in caso di reiterata violazione, consistente in più di tre distinti accertamenti in un anno solare, delle limitazioni concernenti gli orari di apertura e dei limiti di superficie di vendita richiamati ai commi 3 e 4 dell' articolo 25;
c) 
in caso di inerzia da parte del soggetto titolare dell'autorizzazione, nei termini stabiliti dall'articolo 24. L'inerzia si configura nel caso in cui il richiedente la proroga non sia in grado di esibire un cronoprogramma ed uno stato di avanzamento delle attività, in base ai quali si dia prova inequivocabile che nei sei mesi precedenti la richiesta di proroga il soggetto titolare dell'autorizzazione ha operato attivamente per la realizzazione dell'iniziativa autorizzata, o attraverso i rapporti con le pubbliche amministrazioni o sui diversi cantieri di lavoro. La suddetta prova deve essere replicata di sei mesi in sei mesi nel caso di concessione della proroga.
3. 
Quanto è stabilito al comma 2, lettera b) e c), ha efficacia retroattiva a partire dall'entrata in vigore della DCR 563-13414/99.
4. 
La revoca di un'autorizzazione commerciale già attivata comporta la chiusura dell'esercizio. Nel caso di revoca di un'autorizzazione ancora non attivata il soggetto già titolare può chiedere il riavvio del procedimento presentando istanza di nuova autorizzazione, con diritto al recupero della documentazione allegata al procedimento originario, nelle componenti ancora valide o che non risultano superate da evidenti modifiche intervenute nella situazione in precedenza esaminata.
5. 
Il provvedimento di revoca è di competenza del comune. La Regione può sollecitarlo e, in caso d'inerzia del comune protratta per più di trenta giorni dalla data di ricevimento del sollecito, può agire con l'intervento sostitutivo previsto dall'articolo 28.
6. 
Chiunque abbia interesse, può presentare al comune istanza documentata di revoca di specifiche autorizzazioni commerciali rientranti nelle fattispecie elencate nei commi 1,2,3,4 e 5. L'istanza deve essere trasmessa, per conoscenza, al soggetto titolare ed alla Regione.
Capo IX. 
COMMERCIO IN SEDE FISSA- VERIFICA E CONTROLLO
Art. 27 
(Competenze comunali)
1. 
Il Comune ha l'obbligo di verificare periodicamente e con sistematicità, anche con controlli campione, il rispetto delle norme riguardanti le modalità di commercializzazione, quali la corretta informazione, l'autenticità, l'igiene e la salubrità dei prodotti, l'obbligo di vendere senza discriminazioni a tutti i potenziali clienti, gli orari di apertura, la corrispondenza tra le dimensioni effettive della superficie di vendita e quella autorizzata, la pratica di una politica di prezzi non riconducibile a forme di concorrenza distruttiva e/o a pratiche predatorie.
2. 
Il comune, almeno una volta nell'anno solare, deve misurare senza preavviso e certificare, la superficie di vendita delle attività CIR.
3. 
Il comune applica le sanzioni stabilite dagli articoli 25 e 26, oltre a quelle stabilite dall' articolo 22 del d.lgs. 114/1998 e comunica le infrazioni rilevate, per quanto di loro competenza, alla CCIAA, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ed alla Procura della Repubblica.
Art. 28 
(Competenze regionali)
1. 
La Regione verifica la conformità dell'azione amministrativa e programmatoria comunale all'attuazione degli strumenti regionali emanati sulla base della presente legge nonché, indipendentemente dall'attività comunale, la rispondenza delle attività realizzate ai relativi atti autorizzativi.
2. 
La Regione si dota di una propria squadra ispettiva per vigilare, anche a seguito di segnalazioni dei privati, sul rigoroso rispetto delle norme precedenti ed avvia immediatamente il controllo incrociato delle autorizzazioni rilasciate con i dati statistici già raccolti dall'Osservatorio regionale di cui al capo XIII.
3. 
La Regione comunica le infrazioni rilevate, per quanto di loro competenza, alla CCIAA, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ed alla Procura della Repubblica.
4. 
La Regione, anche avvalendosi di altri organismi competenti, esercita l'intervento sostitutivo in caso di inerzia da parte dei comuni oltre i termini stabiliti dagli indirizzi e criteri di programmazione economica ed urbanistica riferiti al settore commerciale e dalle disposizioni relative al procedimento per il rilascio delle autorizzazioni, di cui all' articolo 3.
5. 
L'attività sostitutiva della Regione è esercitata anche a seguito di richiesta documentata e motivata trasmessa da soggetti che dimostrino un interesse immediato e legittimo.
Capo X. 
COMMERCIO SU AREA PUBBLICA
Art. 29 
(Indicazioni per l'individuazione e la predisposizione delle aree pubbliche destinate a mercato)
1. 
Il commercio su area pubblica, esercitato su aree mercatali o in forma itinerante, deve poter agire sull'intero territorio comunale, fatte salve le limitazioni regolamentate ai sensi del comma 2.
2. 
I comuni devono prevedere e regolamentare i giorni, gli orari e le modalità di attivazione delle aree mercatali, nonché la possibilità di sosta del commercio itinerante. Il territorio comunale è il luogo del commercio su area pubblica esercitato in forma itinerante, con possibilità di divieto permanente solo nei LUC, nei LSC e nelle aree destinate a mercato. Per il commercio itinerante possono essere predisposte aree di sosta prolungata fino ad un massimo di due ore.
3. 
Il Consiglio regionale, nel quadro degli indirizzi e criteri di programmazione economica ed urbanistica riferiti al settore commerciale, definisce i criteri generali per l'individuazione delle aree da destinare all'esercizio del commercio su aree pubbliche, con riferimento alle tipologie di manifestazioni e forme ed in relazione alla localizzazione, dimensionamento e composizione merceologica.
4. 
I criteri perseguono i seguenti obiettivi:
a) 
ottimizzazione del servizio, con particolare riguardo all'ubicazione ed alla tipologia dell'offerta;
b) 
realizzazione di un adeguato equilibrio con le altre forme di distribuzione, tenuto conto delle presenze dei consumatori e attraverso la valorizzazione del ruolo di completamento e di alternativa rispetto al commercio fisso;
c) 
incentivazione del commercio su area pubblica nelle sue varie forme, anche itineranti, per potenziare l'offerta commerciale in ambito urbano e per valorizzare il suo ruolo dal punto di vista della concorrenza anche nei confronti delle forme di commercio fisso a localizzazione extraurbana;
d) 
sostegno dell'adeguamento delle aree alle norme di igiene, sanità e sicurezza;
e) 
valorizzazione del ruolo della produzione agricola locale e regionale.
5. 
Per garantire trasparenza e favorire le operazioni di assegnazione dei posti sulle aree pubbliche destinate a mercato, il comune si dota di apposita mappa per ogni mercato e per ogni giorno settimanale di mercato, con relativo piano d'insediamento merceologico, identificando ogni posto con un codice, al quale potrà associare la propria stima del potenziale economico minimo ad esso corrispondente, in relazione alla merceologia prevista, alle merceologie circostanti, alle dimensioni, ed alla posizione occupata nella corsia e lungo il percorso di mercato.
6. 
Il Consiglio regionale, secondo le procedure stabilite al comma 3, può modificare i criteri sulla base delle successive esperienze applicative, delle modificazioni del contesto economico del mercato ed in relazione ai mutamenti delle caratteristiche degli ambiti territoriali della Regione.
Art. 30 
(Criteri per l'assegnazione dei posti)
1. 
I posti ricavati nelle aree pubbliche di mercato sono una risorsa collettiva di cui occorre garantire la massima efficienza e produttività. Si considerano continuativi i posti riservati, salvo assenza, in uno specifico giorno della settimana, ad un solo assegnatario; si considerano saltuari i posti assegnati giornalmente per sorteggio. Eventuali aree riservate alla sosta prolungata del commercio itinerante, non sono considerate aree mercatali.
2. 
L'assegnazione dei posti continuativi può avvenire, a scelta del comune, in base a graduatorie stabilite con la partecipazione delle principali organizzazioni di categoria individuate secondo quanto stabilito dall'articolo 3, comma 3, o in base a gare di evidenza pubblica. L'assegnazione dei posti saltuari avviene in base a sorteggio giornaliero, che deve avvenire alla presenza degli aspiranti al posto. Le aree per la sosta prolungata del commercio itinerante non comportano alcuna forma di assegnazione del posto.
3. 
Al fine di garantire elementi di novità e forme di concorrenza, anche latente, attraverso la possibilità di entrata di nuovi operatori, nei mercati con più di sessanta banchi i comuni potranno assegnare nuovi posti solo dopo avere precostituito una riserva, in numero di posti, pari ad almeno il 10 per cento della capienza del mercato, da assegnare quotidianamente ad operatori saltuari in base a sorteggio.
4. 
I posti nei mercati con meno di trenta banchi nei comuni con popolazione fino a diecimila abitanti e quelli nei mercati con meno di dieci banchi nei comuni con più di diecimila abitanti possono essere assegnati a titolo gratuito.
5. 
L'assegnazione dei posti continuativi da parte dei comuni deve avvenire per un periodo non inferiore a tre anni, con priorità di rinnovo. Nel caso di scelta a procedere con una gara di evidenza pubblica, si applicano i seguenti criteri:
a) 
ogni titolare di autorizzazione può concorrere su un numero non limitato di posti, indicando per ognuno il potenziale stimato, in cifra d'affari media, ed il canone che è disposto a pagare, per giorno della settimana, nell'arco di un anno solare;
b) 
ad ogni richiedente può essere assegnato un solo posto in uno specifico giorno e mercato;
c) 
l'assegnazione avviene sulla base di una graduatoria stilata, entro il limite del potenziale economico minimo prestabilito dal comune, in ordine decrescente combinando la stima del potenziale di cifra d'affari ed il canone indicato.
6. 
Al fine di evitare l'acquisizione del posto con metodi predatori, il canone da pagare, oltre ai costi di gestione, per l'occupazione del posto assegnato con gara di evidenza pubblica non può, comunque, superare i valori determinati attraverso l'applicazione dei seguenti parametri:
a) 
settore alimentare: 2 per cento della cifra d'affari stimata, se si tratta di mercato al coperto; 1,25 per cento della cifra d'affari stimata, se si tratta di mercato all'aperto;
b) 
settore non alimentare: 5 per cento della cifra d'affari stimata, se si tratta di mercato al coperto; 3,50 per cento della cifra d'affari stimata, se si tratta di mercato all'aperto.
7. 
Nei mercati di cui al comma precedente, l'assegnazione dei posti può essere sospesa nel caso in cui le stime della cifra d'affari potenziale configurano una situazione di inefficienza del mercato.
8. 
Le stime ottenute in applicazione dei commi 3 e 4 sono pubbliche.
Art. 31 
(Ulteriori disposizioni relative al commercio su area pubblica)
1. 
La Regione si impegna a finanziare sia la realizzazione di mercati efficienti, sia il funzionamento dei piccoli mercati e delle aree di sosta prolungata previste dai comuni per il commercio itinerante.
2. 
La Giunta regionale, sentite le rappresentanze degli enti locali, le organizzazioni regionali più rappresentative dei consumatori e delle imprese del commercio e dei produttori agricoli, adotta i criteri per il rilascio delle autorizzazioni per il commercio su area pubblica, nonché per l'istituzione, soppressione, spostamento, funzionamento dei mercati e delle varie forme di commercio su area pubblica, ai sensi dell'articolo 28, commi 12 e 13 del d. lgs. 114/1998.
3. 
Allo stesso modo la Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, determina:
a) 
le indicazioni relative alle modalità di esercizio del commercio su area pubblica, alle procedure per il rilascio e alle altre vicende giuridico - amministrative delle autorizzazioni ed i criteri per l'assegnazione dei posteggi;
b) 
le modalità di partecipazione dei produttori agricoli al commercio su area pubblica;
c) 
le disposizioni relative alla valenza delle autorizzazioni già rilasciate ai sensi della legge 28 marzo 1991, n. 112 (Commercio su aree pubblich
) gli indirizzi in materia di orari delle attività di commercio su area pubblica con particolare riguardo:
1) 
al rispetto dei principi dell'articolo 21;
2) 
alle diverse modalità di esercizio dell'attività;
3) 
all'assetto della rete distributiva locale in sede fissa;
4) 
alla possibilità di stabilire fasce diversificate di orari fra commercio su area pubblica e commercio in sede fissa in relazione alle esigenze dei consumatori;
5) 
alle limitazioni per motivi di interesse e di sicurezza pubblica.
4. 
Gli indirizzi possono essere sottoposti ad aggiornamento per ragioni di ottimizzazione del funzionamento del commercio su area pubblica.
5. 
I comuni possono rilasciare autorizzazioni stagionali per il commercio su area pubblica con le stesse modalità previste per le autorizzazioni non stagionali, nonché concedere autorizzazioni temporanee alla vendita su area pubblica in occasione di fiere, feste, mercati o altre riunioni straordinarie di persone. Le autorizzazioni sono valide soltanto per i giorni delle predette riunioni e sono rilasciate esclusivamente a chi è in possesso dei requisiti professionali e soggettivi previsti dalla legge.
Capo XI. 
VENDITE STRAORDINARIE
Art. 32 
(Esercizio delle funzioni amministrative)
1. 
La Regione trasferisce ai comuni le funzioni amministrative previste dall' articolo 15 del d. lgs. 114/1998, relative alla fissazione delle modalità di svolgimento, della pubblicità, dei periodi e della durata delle vendite di liquidazione e di fine stagione nonché delle vendite promozionali, secondo i principi e le disposizioni degli articoli 33, 34, 35 e 36.
Art. 33 
(Disposizioni comuni)
1. 
I comuni stabiliscono le modalità relative alle indicazioni dei prezzi e alle asserzioni pubblicitarie e le procedure più idonee di controllo, al fine di garantire la veridicità e la correttezza dell'effettuazione delle vendite di liquidazione e di fine stagione nonché delle vendite promozionali in relazione alla tutela del consumatore.
2. 
I prezzi si esprimono indicando sia quello pieno sia quello scontato, a differenza di quanto deve avvenire nelle vendite ordinarie per le quali deve essere indicato solo il prezzo pieno.
3. 
Le violazioni alle disposizioni in materia di vendita di liquidazione e di fine stagione, nonché di vendite promozionali, sono punite ai sensi dell'articolo 22, commi 3, 6 e 7 del d.lgs. 114/1998. In caso di particolare gravità o di recidiva il sindaco può disporre la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a trenta giorni. Tali disposizioni non si applicano alle vendite disposte dall'autorità giudiziaria a seguito di esecuzione forzata.
4. 
Nelle vendite di liquidazione e di fine stagione nonché nelle vendite promozionali o nella relativa pubblicità è vietato l'uso della dizione "vendite fallimentari" come pure ogni riferimento a fallimento, procedure fallimentari, esecutive, individuali o concorsuali e simili, anche come termine di paragone.
Art. 34 
(Vendite di liquidazione)
1. 
La vendita di liquidazione è soggetta a previa comunicazione al Comune ove ha sede il punto di vendita e può essere effettuata decorsi trenta giorni dal ricevimento della stessa.
2. 
Nella comunicazione il soggetto interessato dichiara:
a) 
l'ubicazione dell'esercizio nel quale viene effettuata la vendita;
b) 
le date di inizio e quella di cessazione della vendita;
c) 
le motivazioni della liquidazione;
d) 
le merci poste in vendita, distinte per voci merceologiche, con indicazione della qualità e quantità, dei prezzi praticati prima della vendita straordinaria e dei prezzi che saranno praticati nella stessa;
e) 
i testi delle asserzioni pubblicitarie ai fini della corretta informazione al consumatore.
3. 
Le comunicazioni relative alle liquidazioni per cessazione di attività, cessione di azienda, trasferimento di sede dell'esercizio e trasformazione dei locali devono altresì contenere l'indicazione degli estremi delle comunicazioni o autorizzazioni, concessioni o licenze, di presupposto o, nel caso di cessione, dell'atto di cessione.
4. 
Le operazioni di rinnovo di minore entità, non supportate da atti amministrativi di presupposto, necessitano dei preventivi di spesa allegati alla comunicazione. Il Comune valuta l'opportunità di consentire la liquidazione.
5. 
I comuni stabiliscono la durata della vendita di liquidazione, comunque per un periodo massimo di tre mesi, sulla base delle motivazioni contenute nella comunicazione.
6. 
A decorrere dall'inizio delle vendite di cui al presente articolo, è vietato introdurre, nei locali e pertinenze del punto vendita interessato, ulteriori merci del genere di quelle per le quali viene effettuata la vendita di liquidazione. Il divieto di rifornimento riguarda sia le merci acquistate sia quelle concesse in conto deposito.
7. 
Durante le vendite di liquidazione rimangono validi gli atti di presupposto all'esercizio dell'attività di vendita. È vietata l'effettuazione di vendita di liquidazione con il sistema del pubblico incanto.
Art. 35 
(Vendite di fine stagione)
1. 
La vendita di fine stagione deve essere preceduta da comunicazione al Comune, ove ha sede il punto di vendita, contenente:
a) 
l'ubicazione dell'esercizio nel quale viene effettuata la vendita;
b) 
la data di inizio e quella di cessazione della vendita;
c) 
le percentuali degli sconti o ribassi praticati sui prezzi normali di vendita;
d) 
i testi delle asserzioni pubblicitarie, ai fini della corretta informazione al consumatore.
2. 
Le vendite di fine stagione possono essere effettuate soltanto nei periodi dell'anno compresi fra il 1° gennaio ed il 31 marzo e fra il 1° luglio e il 30 settembre. Nell'ambito di tali periodi i comuni fissano annualmente la durata delle vendite di fine stagione fino a un massimo di otto settimane, anche non continuative, per ciascun periodo. Per la definizione del calendario annuale delle vendite di fine stagione, i comuni si raccordano con gli altri comuni confinanti anche con riferimento alle aree di programmazione commerciale previste dagli indirizzi e criteri di cui all'articolo 3.
Art. 36 
(Vendite promozionali)
1. 
Nei trenta giorni che precedono la data di inizio delle vendite di fine stagione non è consentito lo svolgimento delle vendite promozionali aventi ad oggetto articoli di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo.
2. 
Le disposizioni della presente legge non si applicano alle vendite promozionali effettuate sottocosto.
Capo XII. 
CENTRI DI ASSISTENZA TECNICA, FORMAZIONE PROFESSIONALE
e credito al commercio 
Art. 37 
(Centri di assistenza tecnica)
1. 
La Regione, in attuazione dell' articolo 23 del d. lgs. 114/1998, promuove la costituzione di appositi centri di assistenza tecnica, di seguito denominati centri, al fine di sviluppare i processi di ammodernamento della rete distributiva. I centri, istituiti dalle associazioni di categoria e da altri soggetti interessati, svolgono a favore delle imprese commerciali attività di assistenza tecnica in materia di innovazione tecnologica e organizzativa, di gestione economica e finanziaria di impresa, di accesso ai finanziamenti anche comunitari, di sicurezza e tutela dei consumatori, di tutela dell'ambiente, di igiene e sicurezza sul lavoro, di interventi finalizzati alla introduzione di sistemi di qualità ed alla loro certificazione.
2. 
I centri sono autorizzati dalla Regione, in misura massima di uno per soggetto costituente, esclusivamente in presenza di uno statuto che prevede e garantisce la predisposizione del materiale didattico e delle competenze idonei allo svolgimento delle attività di cui al comma 1, a favore dei luoghi del commercio, e delle aree mercatali, nonché delle singole imprese del commercio fisso e del commercio su area pubblica. Il programma deve essere adeguatamente divulgato e la eventuale selezione dei partecipanti deve essere effettuata a prescindere dall'appartenenza o meno degli stessi ai soggetti istitutivi del centro e della disponibilità di una struttura articolata e funzionante sul territorio regionale.
3. 
I soggetti costituenti i centri possono essere le associazioni di categoria del settore rappresentative di almeno il 5 per cento delle aziende commerciali operanti sul territorio regionale secondo i dati rilevati al 31 dicembre dell'anno precedente la costituzione del centro, anche congiuntamente ad altri soggetti interessati. Le associazioni e gli altri soggetti devono avere svolto attività di assistenza tecnica alle imprese commerciali nei tre anni precedenti la costituzione del centro.
4. 
La Regione, al fine di assicurare un adeguato supporto al raggiungimento degli obiettivi della programmazione regionale di settore, in particolare la sensibilizzazione alla cultura dell'innovazione, l'individuazione ed il coordinamento delle linee di formazione e aggiornamento, la finalizzazione degli incentivi allo sviluppo del commercio ed a garantire il sostegno progettuale agli enti locali per la riqualificazione del territorio, può partecipare alla formazione di centri di assistenza tecnica.
5. 
La Giunta regionale, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, e sentita la Commissione consiliare competente, stabilisce le modalità ed i termini di presentazione delle richieste di autorizzazione e la relativa documentazione. Stabilisce altresì l'autorità competente, i criteri e i termini per il rilascio dell'autorizzazione, i controlli sulla documentazione prodotta e sulle attività esercitate, nonché le sanzioni applicabili.
6. 
La Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, stabilisce altresì criteri e modalità di incentivazione dei centri.
Art. 38 
(Formazione professionale)
1. 
La Giunta regionale individua i percorsi formativi per l'accesso all'imprenditorialità, per l'aggiornamento degli operatori in attività, per l'innalzamento o la riqualificazione del livello professionale, con particolare riferimento alle nozioni in materia di organizzazione e qualità della gestione, marketing, normativa ambientale, sicurezza, tutela e informazione ai consumatori, introduzione dei sistemi di qualità e loro certificazione, al fine di favorire la formazione degli esercenti e degli addetti al settore commerciale e di sostenere e qualificare l'occupazione nel settore distributivo.
2. 
Le modalità organizzative, la durata, le materie ed i finanziamenti dei corsi di formazione professionale sono stabilite dalla Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, in conformità alle disposizioni delle leggi regionali, statali e comunitarie in materia di politiche attive del lavoro, formazione e servizi all'impiego.
3. 
La partecipazione ai corsi di formazione professionale, conclusasi con esito positivo, costituisce condizione indispensabile per l'accesso all'esercizio del commercio relativamente al settore merceologico alimentare. Le modalità di partecipazione e di ammissione alle prove finali per l'accertamento dell'idoneità sono stabilite dalla Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente.
4. 
I corsi, secondo i percorsi formativi di cui al comma 1, possono essere istituiti, mediante convenzione con la Regione Piemonte, dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) e dalle loro aziende speciali, dalle associazioni di categoria più rappresentative del settore a livello regionale e dagli enti costituiti con il loro concorso, dai centri di assistenza tecnica, da altri soggetti già operanti nel settore della formazione professionale.
5. 
La Giunta autorizza altresì i piani di formazione e verifica la rispondenza agli obiettivi dei programmi di formazione portati a conoscenza prima dell'inizio dei corsi.
6. 
Sono ritenuti validi, agli effetti del possesso del requisito professionale di cui all' articolo 5, comma 5, lettera a) del d. lgs. 114/1998, i corsi effettuati presso enti riconosciuti da altre Regioni nonché l'avvenuto superamento, con esito favorevole, delle prove di idoneità già previste per l'iscrizione al registro degli esercenti il commercio dalla legge 11 giugno 1971, n. 426 (Disciplina del commercio).
7. 
In fase di prima applicazione, e comunque non oltre un anno dall'entrata in vigore della presente legge, i corsi professionali di cui al comma 3 sono svolti prioritariamente dalle CCIAA e dalle associazioni di categoria più rappresentative del settore commerciale secondo i programmi della previgente normativa in materia di commercio. A tale scopo, presso ciascuna CCIAA è costituita e nominata un'apposita commissione d'esame, composta da:
a) 
un esperto designato dalla competente CCIAA, in qualità di presidente;
b) 
un esperto in materia di norme igienico-sanitarie, designato dalla competente Direzione regionale alla sanità;
c) 
un esperto di tecnica commerciale designato dalla CCIAA;
d) 
un esperto di merceologia designato dalla CCIAA;
e) 
un rappresentante della struttura formativa che ha gestito il corso.
8. 
La commissione è integrata per ogni sessione d'esame da un componente del collegio docenti che, nominato dal responsabile della struttura formativa, svolge le funzioni di segretario durante lo svolgimento dello scrutinio.
9. 
I corsi di formazione professionale per l'accesso all'esercizio del commercio, relativamente al settore merceologico alimentare e limitatamente alla fase di prima applicazione di cui al comma 7, non comportano oneri a carico della Regione. Gli stessi sono posti a carico dei soggetti organizzatori dei corsi e ricompresi nella quota d'iscrizione a carico degli allievi, secondo le modalità stabilite in apposita convenzione.
Art. 39 
(Credito al commercio)
1. 
La Regione agevola l'accesso al credito delle imprese operanti nel settore del commercio attraverso interventi diretti:
a) 
alla realizzazione di progetti integrati con il concorso degli enti locali, per la valorizzazione del tessuto commerciale urbano, la rivitalizzazione delle realtà minori, la qualificazione del territorio, la creazione di centri commerciali naturali, e lo sviluppo, la diffusione e la riqualificazione del commercio su area pubblica;
b) 
ai programmi di sviluppo delle imprese inerenti l'innovazione gestionale e tecnologica, il ricorso alla certificazione di qualità, la formazione e l'aggiornamento professionale. Gli interventi per il finanziamento dei programmi sono attuati anche mediante l'utilizzo del fondo di cui all' articolo 4 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21 (Norme per lo sviluppo e la qualificazione dell'artigianato), e successive modificazioni ed integrazioni, tramite istituzione di apposite sezioni di detto fondo, sul quale possono confluire le risorse stanziate all'articolo 24, comma 2, lettera c);
c) 
al concorso al fondo rischi dei consorzi e delle cooperative di garanzia collettiva fidi;
d) 
al sostegno della costituzione dei centri di assistenza tecnica e del loro finanziamento per l'attuazione di specifici progetti;
e) 
al sostegno delle imprese del commercio e delle loro forme associative, in seguito ad emergenze economiche, strutturali, ambientali che determinino situazioni di crisi delle imprese stesse, tramite le seguenti misure:
1) 
costituzione di un fondo speciale finalizzato a fornire garanzie bancarie per consentire l'accesso ai finanziamenti necessari all'operatività delle imprese ed al contenimento dei relativi tassi di interesse;
2) 
sostegno di azioni promozionali e di fidelizzazione della clientela.
2. 
La Regione interviene a favore degli enti locali, delle imprese commerciali e loro forme associative per il finanziamento dei progetti integrati di cui al comma 1, lettera a) per la realizzazione dei fini ivi indicati.
3. 
I benefici determinati dagli interventi di cui al comma 1 sono attribuiti in una delle seguenti forme:
a) 
concessione di garanzie sui prestiti;
b) 
bonus fiscale;
c) 
contributi in conto capitale e in conto interessi;
d) 
finanziamenti agevolati;
e) 
finanziamenti su operazioni di leasing e di ingegnerizzazione finanziaria.Gli interventi sono attuati con procedimento automatico, valutativo e negoziale.
4. 
In fase di prima applicazione, nelle more dell'emanazione del provvedimento regionale attuativo del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 (Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell' articolo 4, comma 4, lettera c) della legge 15 marzo 1997, n. 59), la Giunta regionale determina i criteri e le modalità degli interventi a favore dei soggetti di cui al comma 1, concessi mediante risorse proprie, statali o comunitarie.
5. 
In particolare la Giunta, sulla base degli obiettivi della programmazione regionale di settore ed in conformità dei limiti imposti dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti alle piccole e medie imprese, per ciascun intervento individua:
a) 
la tipologia del procedimento con riferimento alle caratteristiche ed alle finalità dell'aiuto;
b) 
i requisiti dei soggetti beneficiari e l'ambito territoriale di applicazione;
c) 
la tipologia e il periodo di ammissibilità delle spese nonché la relativa documentazione;
d) 
la forma dell'aiuto concedibile scegliendolo tra quelli indicati al comma 3;
e) 
le intensità dell'aiuto e le modalità di calcolo in equivalente sovvenzione lorda o netta;
f) 
i termini per la realizzazione dell'iniziativa, i tempi di concessione ed erogazione dell'intervento;
g) 
le modalità e i termini di effettuazione dei controlli, i motivi di revoca dei benefici erogati e l'eventuale ricorso al regime di convenzione con soggetti terzi per lo svolgimento di alcune fasi del procedimento.
6. 
La Giunta regionale predispone annualmente il monitoraggio degli interventi di sostegno pubblico concessi nell'anno precedente, al fine di verificare lo stato di attuazione, anche finanziario, di ciascun regime d'aiuto e la capacità di perseguire i relativi obiettivi. Sulla scorta dei dati rilevati, la Giunta regionale entro il mese di giugno di ciascun anno predispone e trasmette al Consiglio regionale una relazione contenente per ogni tipologia di intervento:
a) 
lo stato di attuazione finanziario;
b) 
l'efficacia degli interventi rispetto agli obiettivi perseguiti;
c) 
l'eventuale fabbisogno finanziario per gli interventi in vigore;
d) 
l'eventuale esigenza di nuovi interventi.
Capo XIII. 
OSSERVATORIO REGIONALE DEL COMMERCIO
Art. 40 
(Istituzione dell'Osservatorio regionale del commercio)
1. 
La Regione Piemonte, al fine di assicurare un sistema coordinato di monitoraggio sull'entità ed efficienza della rete distributiva commerciale, che funga da supporto per le valutazioni sull'efficacia degli interventi regionali, nazionali e comunitari in materia, dispone di un proprio Osservatorio regionale, con sede presso la Direzione regionale competente in materia di commercio e artigianato, istituito in attuazione dell' articolo 6, comma 1, lettera g), del d.lgs. 114/98.
2. 
L'attività dell'Osservatorio regionale si raccorda con le finalità dell'Osservatorio nazionale costituito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
Art. 41 
(Obiettivi dell'osservatorio regionale)
1. 
L'attività dell'Osservatorio regionale concorre:
a) 
alla programmazione regionale nel settore del commercio;
b) 
al monitoraggio dell'entità ed efficienza della rete distributiva commerciale;
c) 
alla valutazione dell'efficacia degli interventi regionali in materia;
d) 
a fornire a tutti i soggetti interessati i dati e le elaborazioni per una migliore conoscenza del settore della distribuzione commerciale piemontese;
e) 
alla realizzazione del sistema informativo regionale del settore della distribuzione commerciale, in raccordo con l'Osservatorio nazionale del commercio e con gli osservatori regionali economici e settoriali.
2. 
Per i fini di cui al comma 1, l'Osservatorio regionale predispone annualmente, entro il mese di ottobre, un programma di attività da svolgersi nell'anno successivo, sentita l'apposita Commissione da istituirsi con deliberazione della Giunta regionale, composta dai rappresentanti delle imprese del commercio, degli enti locali, delle organizzazioni dei consumatori e dei lavoratori dipendenti. Il programma annuale di attività è approvato dalla Giunta regionale e comunicato alla competente commissione del Consiglio regionale.
Art. 42 
(Attività dell'Osservatorio)
1. 
L'Osservatorio regionale, per il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 41:
a) 
cura la raccolta e l'aggiornamento delle principali informazioni sul settore, anche avvalendosi degli enti locali, delle CCIAA, delle organizzazioni del settore commerciale ed attivando, quando occorre, specifiche collaborazioni con soggetti pubblici e privati;
b) 
promuove il coordinamento con i sistemi informativi della Regione Piemonte e dell'Osservatorio nazionale costituito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato secondo il disposto dell' articolo 6, comma 1, lettera g) del d. lgs. 114/1998;
c) 
promuove indagini e ricerche e attiva collaborazioni per lo studio delle problematiche strutturali ed economiche relative al settore del commercio regionale, nazionale e comunitario;
d) 
realizza strumenti di informazione periodica destinati alle imprese del settore operanti nella Regione Piemonte, alle organizzazioni professionali, agli istituti di ricerca e alle istituzioni pubbliche;
e) 
svolge attività di informazione socio-economica, anche attraverso l'organizzazione di seminari e convegni di studio con i comuni e con le categorie interessate.
2. 
Per la realizzazione delle attività dell'Osservatorio regionale, possono essere stipulate convenzioni con enti, istituzioni, società, istituti di ricerca, organizzazioni professionali e sindacali, nonché esperti che abbiano specifica competenza nel settore della distribuzione commerciale.
3. 
L'Osservatorio regionale fornisce ad ogni Conferenza dei servizi finalizzata alla valutazione dell'impatto socioeconomico dei programmi e progetti d'insediamento, o alla valutazione commerciale delle istanze, l'elenco aggiornato, e le superfici, degli esercizi commerciali e delle autorizzazioni ancora non attivate, riconducibili alle categorie indicate all' articolo 16, comma 3.
4. 
L'Osservatorio regionale, con la collaborazione dei comuni, procede al monitoraggio della qualità, dell'efficienza e dell'efficacia del commercio su area pubblica, e segnala alla Giunta regionale, anche al fine di predisporre i necessari finanziamenti, i casi che necessitano di interventi urgenti di riqualificazione e di rivitalizzazione.
Art. 43 
(Sistema informativo regionale del commercio)
1. 
Il Sistema informativo regionale del commercio del Piemonte (SIRC), assicura la gestione delle banche dati e le elaborazioni necessarie all'attività dell'Osservatorio regionale e garantisce le funzioni di collegamento con l'Osservatorio nazionale.
2. 
Il SIRC persegue i seguenti obiettivi:
a) 
acquisizione sistematica dei dati raccolti dai sistemi informativi di cui all'articolo 22, comma 1, lettere a) e b) e dalle altre strutture regionali, nazionali, comunitarie ed extracomunitarie attraverso la creazione e la gestione di un apposito centro di documentazione;
b) 
aggiornamento ed elaborazione dei dati disponibili per la realizzazione degli strumenti di informazione periodica di cui all'articolo 22.
Capo XIV. 
NORME FINANZIARIE, TRANSITORIE E FINALI
Art. 44 
(Norma finanziaria)
1. 
Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, si provvede secondo quanto previsto dall' articolo 30, comma 1 della legge regionale 4 marzo 2003, n. 2 (Legge finanziaria per l'anno 2003).
Art. 45 
(Norme transitorie)
1. 
La Regione provvede entro trenta giorni dalla pubblicazione della presente legge a censire le autorizzazioni rilasciate nei cinque anni precedenti ed ancora non attivate, al fine di procedere con immediatezza con i provvedimenti di revoca che le circostanze eventualmente giustifichino.
2. 
Gli uffici della Regione si attivano immediatamente per garantire il rispetto delle norme di cui al precedente articolo 25. La Giunta regionale, entro novanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, riferisce al Consiglio regionale sulla situazione rilevata e sui provvedimenti assunti.
3. 
Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, con atto deliberativo approva, entro novanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, gli indirizzi e criteri di programmazione economica ed urbanistica riferiti al settore commerciale e le disposizioni relative al procedimento per il rilascio delle autorizzazioni, estesi anche al commercio su area pubblica, in armonia con le finalità, gli obiettivi e le disposizioni specifiche contenute nella presente legge.
4. 
Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, con atto deliberativo approva, entro centoventi giorni dalla pubblicazione della presente legge, i provvedimenti di incentivazione dei PQU e dei PIR di cui agli articoli 10 ed 11.
5. 
L'Osservatorio regionale procede con immediatezza al censimento delle attività riconducibili alle specializzazioni di cui all' articolo 16, comma 3.
6. 
I comuni adeguano i propri strumenti di programmazione entro centottanta giorni dalla data di pubblicazione dei provvedimenti di cui al comma 3. Decorso tale termine avrà luogo l'attività sostitutiva della Regione ai sensi dell' articolo 6, comma 6, del d. lgs. 114/98.
7. 
Fino all'emanazione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 si applicano le norme contenute negli strumenti di programmazione vigenti fino al momento di entrata in vigore della presente legge.
8. 
La presentazione delle domande per l'assegnazione del posto su area pubblica è sospesa fino all'entrata in vigore delle norme di applicazione degli articoli 30 e 31.
Art. 46 
(Disposizioni finali)
1. 
Per tutto quanto non espressamente previsto nella presente legge, si fa riferimento al d. lgs. 114/98, alla DCR 563-13414/99, ed alla DGR 43-29533/2000.
2. 
La Giunta regionale e il Consiglio regionale devono sottostare alle norme previste dall'articolo 87 del Trattato nell'individuazione dei criteri e delle risorse finanziarie necessarie all'erogazione di aiuti alle imprese commerciali, qualora questi superino i limiti imposti dalle linee direttrici in materia di aiuti di Stato alle piccole e medie imprese.
3. 
La legge regionale 12 novembre 1999, n. 28 (Disciplina, sviluppo e incentivazione del commercio in Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114), come modificata dalla legge regionale 30 dicembre 2003, n. 37 (Modifiche e integrazioni della legge regionale 12 novembre 1999, n. 28), è abrogata.
4. 
Gli allegati 1 e 2, e la Parte Prima, ad eccezione degli articoli 8, 18 e 19 dell'allegato A della DCR 29 ottobre 1999 n. 563-13414 (Indirizzi generali e criteri di programmazione urbanistica per l'insediamento del commercio al dettaglio in sede fissa in attuazione del d. lgs. 114/1998) come modificata dalla DCR del 23.12.2003 n. 347-42514 (Modifiche ed integrazioni all'Allegato A della DCR n. 563 ¿ 13414 del 19 ottobre 1999), sono abrogati. Gli articoli 8, 18 19 della Parte Prima, la Parte Seconda del citato Allegato A, e la DGR 43-29533/2000 sono abrogati contestualmente all'approvazione dei provvedimenti di cui al comma 3.