Proposta di legge regionale n. 6 presentata il 10 settembre 2019
"Norme e criteri per la programmazione, gestione e controllo dei Servizi consultoriali".
Primo firmatario

MARRONE MAURIZIO RAFFAELLO

Sommario:      

Titolo I. 
DEFINIZIONI ED ISTITUZIONE DEI CONSULTORI FAMILIARI
Art. 1. 
(Famiglia)
1. 
La Regione Piemonte riconosce il valore primario della famiglia, intesa quale società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, ai sensi dell' articolo 29 della Costituzione e dell'articolo 16 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo, promuove ed attua un'azione di politica sociale diretta alla sua tutela, promozione e valorizzazione.
2. 
La Regione Piemonte riconosce la famiglia come struttura sociale primaria, ne regola e ne rispetta l'autonomia giuridica, etica, sociale ed economica in conformità alla Costituzione della Repubblica italiana, alla Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo, ai Patti internazionali sui diritti economici, sociali e culturali e sui diritti civili e politici, alla Convenzione sui diritti del fanciullo, alla Convenzione Europa per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e della Libertà fondamentali, alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
3. 
La Regione Piemonte tutela la vita nascente ed il figlio concepito come membro della famiglia.
Art. 2. 
(Riconoscimento delle istituzioni sociali con fini pubblici)
1. 
La Regione riconosce alla famiglia, alle associazioni di famiglie e alle organizzazioni senza scopo di lucro - che promuovono la stabilità familiare, la cultura familiare e i servizi per la famiglia nel rispetto degli articoli 2, 3, 29, 30, 37 e 53 della Costituzione italiana e delle leggi statali - la funzione ed il ruolo di istituzioni sociali, costituite nell'esercizio dei diritti fondamentali di libertà della persona, i cui fini conformi all'ordinamento sono recepiti come fini pubblici.
Titolo II. 
FUNZIONI, INTERVENTI E GESTIONE
Art. 3. 
(Funzioni)
1. 
I consultori familiari svolgono funzioni di consulenza, di intervento, di prevenzione e di organizzazione nell'ambito dei seguenti settori:
a) 
educativo;
b) 
Giuridico;
c) 
Psicologico;
d) 
Sanitario;
e) 
Socio - assistenziale.
Art. 4. 
(Il settore educativo)
1. 
I consultori familiari promuovono e svolgono attività formative rivolte alle famiglie ed ai loro singoli componenti aventi ad oggetto la tutela della vita familiare, in particolare:
a) 
i diritti ed i doveri facenti capo alla famiglia, secondo i principi sanciti dagli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione e le norme ordinarie vigenti nell'ordinamento italiano;
b) 
la preparazione della coppia al matrimonio;
c) 
la procreazione responsabile ed il rispetto della vita fin dal concepimento;
d) 
l'educazione dei figli;
e) 
la preparazione della coppia e della famiglia all'esercizio delle funzioni sociali;
f) 
la sessualità.
2. 
Le attività di cui al comma precedente sono attuate anche attraverso l'organizzazione e la gestione di corsi scolastici, da convenire con gli organi collegiali della scuola e le autorità competenti, e di corsi pubblici.
Art. 5. 
(Il settore giuridico)
1. 
I consultori familiari offrono consulenza giuridica alle famiglie in materia di diritto di famiglia e di diritto minorile, in particolare:
a) 
consulenza prematrimoniale;
b) 
consulenza in ordine ai conflitti tra coniugi, anche in sede giudiziaria e alla loro possibile soluzione;
c) 
consulenza in materia di affidamento e adozione;
d) 
consulenza dei coniugi nelle relazioni con la scuola, il mondo del lavoro, le amministrazioni private e pubbliche.
Art. 6. 
(Il settore psicologico)
1. 
I consultori familiari provvedono:
a) 
al sostegno ed alla cura delle relazioni familiari ed, in particolare, alla preparazione ed al sostegno psicologico alla genitorialità all'interno della famiglia naturale, adottiva, ed affidataria, avendo riguardo specifico del minore;
b) 
a contribuire, nell'assoluto rispetto riguardo alla posizione della religione e della cultura di appartenenza, alla maturazione nell'ambito psico-affettivo e sessuale dei singoli componenti la famiglia, in particolare, dei minori, interagendo con le istituzioni scolastiche, gli oratori, le comunità giovanili, gli enti e le associazioni che perseguono analoghi scopi;
c) 
alla promozione ed attuazione di attività di prevenzione e sostegno del disagio psichico giovanile e familiare, anche in relazione ai problemi derivanti dall'uso di droga e di alcol.
Art. 7. 
(Il settore sanitario)
1. 
nsultori familiari erogano prestazioni di consulenza e assistenza sanitaria nell'ambito della ginecologia e ostetricia, della pediatria e della sessuologia ed, in generale, di ogni altra attività sanitaria presupposta o connessa con quelle specificatamente indicate, con particolare riferimento alla procreazione responsabile, alla sterilità coniugale, alle problematiche relative alla tutela della vita del concepito ed alla pratica dell'aborto.
Art. 8. 
(Il settore socio - assistenziale)
1. 
nsultori familiari svolgono attività di informazione, di orientamento e di sostegno delle famiglie e dei suoi componenti in particolare, nell'ambito del settore socio - assistenziale, al fine di rimuovere e superare situazioni di bisogno e di difficoltà in cui le stesse possono versare.
2. 
nsultori familiari collaborano con i centri per l'impiego al fine di offrire un reale sostegno all'inserimento lavorativo dei singoli componenti della famiglia.
Art. 9. 
(Tutela della maternità e del concepito)
1. 
I consultori familiari tutelano la vita umana, la maternità ed il figlio concepito, quale membro della famiglia e della società; offrono e promuovo, anche ai sensi dell'articolo 1, secondo e terzo comma, legge 22 maggio 1978, n. 194 , servizi socio-sanitari per evitare che l'aborto sia usato come mezzo di controllo e di limitazione delle nascite.
2. 
Le aziende sanitarie locali danno avvio alle opportune collaborazioni con i Centri per la tutela della maternità e alla vita nascente di cui all'articolo 26 per realizzare, in attuazione dell'articolo 1, secondo e terzo comma, legge 22 maggio 1978, n. 194 , sinergie volte a rimuovere le cause di ricorso all'aborto. A tal fine stipulano con detti Centri, su impulso dei medesimi, appositi Accordi per la gestione dei servizi e delle consulenze di cui al presente articolo che consentano la presenza dei volontari dei Centri presso i locali dei Consultori e lo svolgimento delle attività di cui al comma successivo.
3. 
I volontari dei Centri, nel rispetto della legge 22 maggio 1978, n. 194 e della presente legge regionale, in applicazione delle norme statutarie dell'associazione di appartenenza e dei propri regolamenti, svolgono le seguenti attività:
a) 
nel rispetto delle modalità fissate negli Accordi di cui al secondo comma, anche tramite la distribuzione di materiale, informano, in totale autonomia dal personale di cui all'articolo 11, gli utenti del Consultorio sulle attività di sostegno materiale e morale prestate sul territorio regionale in favore della maternità e della vita nascente;
b) 
al fine di rimuovere le cause che inducono la donna alla interruzione volontaria della gravidanza, collaborano con il personale del Consultorio, secondo le modalità definite negli Accordi di cui al secondo comma, avendo facoltà di partecipare al colloquio informativo con la donna di cui ai commi 6 e seguenti, ove la donna abbia prestato consenso in tal senso.
4. 
La presenza dei Volontari dei Centri non comporta ulteriori oneri di spesa per l'Azienda sanitaria di riferimento, fatta salva la messa a disposizione di un apposito spazio, secondo le disponibilità di ciascun Consultorio.
5. 
In presenza di richiesta di interruzione volontaria di gravidanza, accertata entro il 90° giorno, il personale del consultorio, nel rispetto dei tempi che consentano comunque di ricorrere all'aborto nei termini di cui all' articolo 4, legge 22 maggio 1978, n. 194 , procede a colloquio con la donna e, con il di lei consenso, con la coppia. Ove la donna lo consenta partecipano al colloquio i volontari dei Centri per la tutela della maternità e della vita nascente.
6. 
Il colloquio prevede una fase di ascolto, durante la quale la madre e, con il di lei consenso, il padre del concepito, può esporre i problemi e le difficoltà sotto i molteplici profili umani, sociali, familiari, culturali ed economici, che la inducono alla richiesta di aborto. Terminata la fase di ascolto, il personale del consultorio, adempiuto l'obbligo informativo di cui all' articolo 5, comma 1, legge 22 maggio 1978, n. 194 , fornisce alla donna, anche alla presenza del padre del concepito, ove la donna lo consenta, ed in collaborazione con i volontari dei Centri per la tutela della maternità e della vita nascente, informazioni:
a) 
sul concepimento, sulle fasi di sviluppo dell'embrione e sulle tecniche attuate in caso di interruzione della gravidanza, avvalendosi di personale medico o ostetrico;
b) 
sui diritti spettanti alle donne in stato gravidanza previsti dalla normativa statale e regionale, nonché sui servizi sociali, sanitari ed assistenziali offerti dagli enti locali e da tutte le organizzazioni con fini sociali;
c) 
sulla normativa lavoristica posta a tutela della maternità e in materia di adozioni e riconoscimento del nascituro;
d) 
sulle periodiche misure economiche previste per la maternità dalla presente legge e dall'ordinamento regionale e statale, con l'obiettivo di sostenere la donna sia durante la gravidanza che dopo il parto;
e) 
sull'assistenza psicologica alle donne nel periodo previsto dall' articolo 5, comma 4, legge 22 maggio 1978, n. 194 .
7. 
Le informazioni rese alla donna e alla coppia o rifiutate, sono raccolte con documentazione scritta, sottoscritta dalla donna, dal padre del concepito, se presente, e dal personale del Consultorio. Al termine del colloquio, il personale del Consultorio redige un Progetto personalizzato, sottoscritto anche dalla donna, la quale presta il proprio consenso o dissenso informato alle proposte alternative all'interruzione della gravidanza. La sottoscrizione del Progetto è condizione per accedere ai benefici erogati dal Fondo regionale per la vita di cui all'articolo 24 della presente legge e non preclude il ricorso alla interruzione volontaria della gravidanza nel rispetto dei tempi e dei modi di cui alla legge 22 maggio 1978, n. 194 , qualora la donna revochi il proprio consenso al Progetto dopo averlo sottoscritto. Ove la donna ricorra ad interruzione della gravidanza decade dai benefici erogati dal Fondo regionale per la vita.
8. 
Nel Progetto di cui al comma precedente sono descritti i diversi interventi attivati e da attivare, non solo per il periodo di gravidanza e puerperio, ma anche più a lungo termine, con l'obiettivo di aiutare la mamma, il bambino e la famiglia ad acquisire un adeguato livello di autonomia e di stabilità affettiva e relazionale. Il Progetto deve contemplare la figura del "responsabile del Progetto" individuato tra il personale di cui all'articolo 11 della presente legge; il personale deve avere preso parte al colloquio di cui ai commi 6 e seguenti e rimane a disposizione della donna per tutto il corso di svolgimento del Progetto come referente per fornire informazioni e consulenza.
9. 
Qualora la donna, al termine del colloquio di cui ai commi 5 e seguenti, decida di interrompere la gravidanza, si applica il procedimento disciplinato dalla legge 22 maggio 1978, n. 194 .
10. 
Le strutture ed i servizi ospedalieri di cui all' articolo 8, legge 22 maggio 1978, n. 194 , che ricevono la donna per la pratica dell'intervento e gli esami prericovero, in presenza di certificazione sanitaria per interruzione volontaria di gravidanza rilasciata dal medico curante, e non da consultorio familiare pubblico o privato accreditato, con motivazione di ordine prevalentemente economico, al fine di consentire alla donna una valutazione delle opportunità e risorse di aiuto per la prosecuzione della gravidanza, mettono in contatto la donna, nel rispetto della disciplina dei termini dei cui all' articolo 4, legge 22 maggio 1978, n. 194 , con il consultorio più vicino alla sua residenza.
11. 
Fermo restando l'obbligo di denuncia all'Autorità giudiziaria nei casi previsti dalla legge, il personale del Consultorio si adopera al fine di rimuovere eventuali influenze parentali o di altre persone sulla donna tali da indurla a fare ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza, impedendole l'esercizio e il godimento della maternità.
Art. 10. 
(Cooperazione con l'Autorità giudiziaria)
1. 
I consultori promuovono opportuni rapporti con l'Ufficio del Giudice tutelare, con il Tribunale per i minorenni e con le strutture giudiziarie operanti nel settore del diritto di famiglia.
2. 
I consultori cooperano con l'autorità giudiziaria, qualora sia richiesto il loro intervento, nei procedimenti relativi alle questioni concernenti il diritto di famiglia e il diritto minorile, in particolare:
a) 
nei procedimenti di autorizzazione del minore a contrarre matrimonio;
b) 
nei procedimenti relativi alla mediazione e alla separazione dei coniugi, allo scioglimento e alla cessazione degli effetti civili del matrimonio;
c) 
nei procedimenti relativi all'invalidità del matrimonio;
d) 
nei procedimenti relativi al riconoscimento dei figli naturali;
e) 
nei procedimenti relativi all'adozione e all'affidamento;
f) 
nei procedimenti relativi alla tutela, curatela e alle questioni patrimoniali concernenti i minori, i disabili, gli anziani e le persone incapaci di intere e volere.
Art. 11. 
(Composizione del personale)
1. 
Per lo svolgimento delle proprie attività, i consultori si avvalgono di personale di consulenza e di assistenza in possesso di titoli qualificanti, nonché dell'abilitazione all'esercizio professionale, ove prevista, e dell'iscrizione al relativo albo.
2. 
In ciascun consultorio familiare deve essere garantita la presenza delle seguenti figure professionali:
a) 
consulente familiare per l'accoglienza ed il ordinamento degli interventi;
b) 
esperto in materia di bioetica;
c) 
assistente sociale;
d) 
consulente legale (giurista);
e) 
medico generico;
f) 
specialista in ginecologia;
g) 
specialista in ostetricia;
h) 
medico pediatra;
i) 
specialista in psicologia;
j) 
specialista in psichiatria;
k) 
specialista in pedagogia;
l) 
mediatore familiare.
3. 
Possono anche far parte dell'équipe consultoriale esperti in discipline antropologiche e sociali, esperti dell'insegnamento di metodi di regolazione naturale della fertilità, esperti in economia e programmazione familiare, oltre che personale volontario, purché in presenza di specifici titoli.
4. 
Può essere ammesso a svolgere attività nei consultori familiari personale tirocinante che frequenti corsi per operatori socio sanitari nonché l'Università e le facoltà e i dipartimenti relativi alle materie di cui al comma 2.
5. 
Il personale tirocinante ed il personale volontario non è retribuito.
6. 
Ogni servizio consultoriale è integrato da adeguato personale di segreteria ed ausiliario.
7. 
Tutto il personale addetto ai consultori di cui alla presente legge frequenta i corsi programmati dalla Regione in relazione allo svolgimento delle proprie funzioni.
8. 
Al fine di assicurare la presenza all'interno dei consultori di ciascuna delle figure professionali indicate nel comma 1, i consultori possono stipulare convenzioni con enti pubblici ovvero con organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi di cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato ed altri soggetti privati.
Art. 12. 
(Corsi di qualificazione e specializzazione degli operatori dei consultori)
1. 
La Regione programma e promuove corsi di qualificazione e aggiornamento professionale del personale addetto ai consultori familiari e dei volontari dei Centri per la tutela della maternità e della vita nascente.
2. 
I corsi indicati al precedente comma devono essere interdisciplinari, sia in ordine alla qualifica dei partecipanti, sia in relazione ai contenuti degli insegnamenti e devono tendere a chiarire le varie competenze e le possibili interdipendenze socio-sanitarie dei problemi, nel rispetto dello spazio professionale dei singoli operatori. I corsi si concludono con il rilascio di un attestato di merito.
3. 
Le modalità di svolgimento dei corsi, i programmi e i contenuti formativi sono stabiliti con apposito regolamento proposto dalla Giunta e approvato dal Consiglio regionale.
4. 
La Giunta regionale espleta la vigilanza sul funzionamento dei corsi.
Art. 13. 
(Collaborazione con i centri di ricerca, gli istituti, le società scientifiche e le strutture giudiziarie)
1. 
Per lo sviluppo dei livelli di conoscenza scientifica nelle discipline attinenti la materia regolata dalla presente legge, la Giunta regionale promuove opportune iniziative per la collaborazione con le Università, gli istituti e le società scientifiche locali.
2. 
Nell'ambito dei servizi previsti dalla presente legge, sono promossi opportuni rapporti con l'ufficio del giudice tutelare, con il tribunale per i minorenni e con le strutture giudiziarie operanti nel settore del diritto di famiglia.
Art. 14. 
(Metodologia d'intervento)
1. 
L'attività di consulenza ha carattere di interdisciplinarietà ed il metodo di lavoro è quello di gruppo sottoposto a periodici momenti di verifica.
2. 
I consultori collaborano con i servizi sociali, con le associazioni familiari, con i centri di aiuto alla vita e con tutti gli organismi e le associazioni che si prefiggono scopi analoghi o convergenti con la presente legge, al fine di creare un lavoro di rete.
3. 
Il regolamento dei consultori familiari deve disciplinare anche l'organizzazione del lavoro, nel rispetto del metodo di gruppo, secondo i criteri di distribuzione di responsabilità e dei campi di intervento di ciascun operatore.
4. 
Il servizio consultoriale deve tenere conto delle esigenze di informazione dei gruppi e delle comunità, oltreché dei singoli, intervenendo in modo particolare, anche al fine di promuovere la formazione di una coscienza socio-sanitaria, nei luoghi di lavoro, quartieri, scuole e comunità in genere.
5. 
Il servizio consultoriale promuove, inoltre, incontri specifici con i gruppi omogenei interessati, per l'individuazione dei fattori di rischio che minacciano la salute psico-fisica della donna e del concepito, al fine di rimuovere e prevenire le cause.
6. 
Nel rapporto utente-operatore si deve assicurare all'utente un ruolo attivo nella gestione dei problemi di carattere personale e di quelli del funzionamento del consultorio. A tale fine devono essere messi a disposizione locali per riunioni e gli strumenti informativi che consentano dibattiti, confronti e verifiche, nonché momenti specifici di aggregazione.
Art. 15. 
(Strutture sociosanitarie)
1. 
I servizi consultoriali, ai fini dell'assistenza, si avvalgono degli enti operanti nel territorio, sia per esami di laboratorio e radiologici, sia per ogni altra ricerca idonea al conseguimento delle finalità previste dalla presente legge.
2. 
Gli enti ospedalieri ed i presidi specialistici degli enti pubblici di assistenza sanitaria sono tenuti a fornire le prestazioni loro richieste, senza che ciò costituisca un onere di spesa a carico dell'utente.
Art. 16. 
(Prestazioni)
1. 
L'onere delle prestazioni dei prodotti farmaceutici e di ogni mezzo contraccettivo é a carico dell'ente o del servizio cui compete l'assistenza sanitaria o della Regione nel caso di cittadini non abbienti o sprovvisti di altra forma di assistenza farmaceutica o del servizio consultoriale quando particolari implicazioni di riservatezza lo impongano.
2. 
Le altre prestazioni offerte da parte dei consultori sono gratuite per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, sul territorio nazionale.
Titolo III. 
ALTRI SERVIZI CONSULTORIALI
Art. 17. 
(Altri servizi consultoriali presenti nel territorio)
1. 
La Giunta Regionale autorizza l'istituzione di servizi consultoriali da parte di istituzioni o enti pubblici e privati che abbiano finalità sociali, sanitarie ed assistenziali, senza scopo di lucro, sempreché rispondano, a tutte le finalità ed alla metodologia di intervento di cui alla presente legge.
2. 
La Giunta Regionale verifica la rispondenza del funzionamento dei servizi consultoriali autorizzati alle disposizioni legislative regionali e statali vigenti.
Art. 18. 
(Convenzione fra Enti locali ed Enti pubblici e privati)
1. 
I Comuni, i Consorzi di Comuni e le Comunità Montane, per il raggiungimento delle finalità di cui alla presente legge, possono stipulare convenzioni con le Istituzioni e gli Enti di cui al precedente articolo.
2. 
In tali casi, ove non venga prevista nell'ambito della convenzione la gestione diretta del servizio da parte di Comuni, Consorzi di Comuni e Comunità Montane, le istituzioni e gli altri enti pubblici e privati devono possedere i seguenti requisiti:
a) 
assicurare tutte le prestazioni indicate nel Titolo II;
b) 
disporre del personale indicato nel precedente articolo 12;
c) 
garantire una metodologia di intervento a norma del precedente articolo 14.
3. 
La Giunta Regionale, esaminate le proposte di convenzione dei Comuni, Consorzi di Comuni e Comunità Montane, può inserire i servizi consultoriali convenzionati nel programma annuale per la ripartizione dei finanziamenti a tali scopi destinati.
Art. 19. 
(Funzioni di Vigilanza)
1. 
La Giunta Regionale esercita il controllo e la vigilanza su tutti i servizi consultoriali previsti dalla presente legge.
2. 
Le funzioni di vigilanza sui servizi consultoriali non convenzionati, istituiti dalle istituzioni pubbliche e private di cui all'articolo 17 della presente legge, sono delegate ai Comuni, Consorzi di Comuni e Comunità Montane, dove sono ubicati i servizi medesimi.
Titolo IV. 
LOCALIZZAZIONE E PROGRAMMAZIONE DEGLI INTERVENTI
Art. 20. 
(Programmazione degli interventi)
1. 
La Giunta Regionale, sulla base delle proposte dei Comuni, dei Consorzi di Comuni e delle Comunità Montane, considerate le esigenze di una articolazione territoriale del servizio, redige un programma annuale da sottoporre all'approvazione del Consiglio Regionale, per il finanziamento e la localizzazione dei servizi consultoriali.
2. 
I servizi consultoriali di cui all'articolo 17 della presente legge devono integrarsi nella articolazione territoriale del servizio, nel quadro del programma annuale fissato dalla Regione.
3. 
Inoltre, nella predisposizione del piano annuale di intervento, devono essere osservati i seguenti criteri:
a) 
consistenza demografica ed estensione territoriale;
b) 
situazione socio-economica;
c) 
stato dei servizi sanitari e sociali;
d) 
tasso di natalità, morbosità e mortalità perinatali e infantili;
e) 
incidenza degli aborti;
f) 
condizioni della viabilità e dei trasporti.
Art. 21. 
(Criteri per la localizzazione dei servizi consultoriali)
1. 
Al fine di realizzare servizi integrati e per la migliore utilizzazione delle strutture e risorse disponibili, i servizi consultoriali, preferibilmente, devono essere collocati in strutture comuni o quanto meno contigue agli altri servizi sociali, sanitari ed assistenziali presenti nel territorio.
2. 
I locali adibiti ai servizi consultoriali debbono essere idonei a garantire la riservatezza del colloquio con l'utente.
Titolo V. 
DOMANDE DI CONTRIBUTO E FINANZIAMENTI
Art. 22. 
(Proposte dei Comuni, Consorzi di Comuni e Comunità Montane Termini e contenuti)
1. 
I Comuni, i loro Consorzi e le Comunità Montane formulano al Presidente della Giunta Regionale le proposte per l'inserimento dei servizi consultoriali nel piano regionale e per ottenere i contributi, entro il 30 giugno dell'anno precedente a quello per il quale il contributo viene richiesto.
2. 
Le proposte di inserimento nel piano devono contenere, oltre alle indicazioni di cui alle lettere a), b), c), d), e), f) del precedente articolo 20, quelle relative a:
a) 
programma di attuazione;
b) 
strumenti necessari alla realizzazione;
c) 
notizie sulla situazione dei servizi esistenti e l'indicazione di altre iniziative rispondenti alle finalità di cui alla presente legge;
d) 
mezzi di gestione;
e) 
previsione degli oneri di gestione.
Art. 23. 
(Programma annuale e piano finanziario)
1. 
La Giunta Regionale, sulla base delle proposte formulate ai sensi del precedente articolo 22, redige il programma annuale di cui al primo comma dell'articolo 20 della presente legge e il piano di finanziamento degli enti locali ammessi a contributo.
2. 
Il programma dei servizi consultoriali ed il piano di finanziamento sono sottoposti all'approvazione del Consiglio Regionale entro il 30 settembre dell'anno precedente a quello per il quale il programma ed il piano finanziario si riferiscono.
Titolo VI. 
ISTITUZIONE DEL FONDO REGIONALE PER LA VITA
Art. 24. 
(Fondo regionale per la vita)
1. 
È istituito presso la Regione Piemonte il Fondo regionale per la vita finalizzato al sostegno economico di interventi posti a tutela della maternità e della natalità.
2. 
Beneficiari del fondo regionale per la vita sono le madri che prestano consenso informato alla proposta di Progetto di cui all'articolo 9 della presente legge.
3. 
La Giunta regionale stabilisce annualmente l'ammontare del sostegno economico spettante ad ogni madre, tenuto conto anche del reddito familiare, con decorrenza dal momento dell'accertamento della gravidanza, fino al compimento di un anno d'età del bambino. Il sostegno economico di cui sopra può essere prorogato fino al compimento del quinto anno d'età, qualora le condizioni socio - economiche del nucleo familiare siano tali da non consentire altrimenti un'esistenza sufficientemente dignitosa.
4. 
Il sostegno economico è utilizzabile esclusivamente per l'acquisto di beni e servizi per la madre ed il bambino.
5. 
Il sostegno di cui al comma precedente è erogato mediante la corresponsione di un assegno mensile.
6. 
La donna ammessa ai benefici erogati dal Fondo regionale per la vita è tenuta a conservare, fino al termine del Progetto, documentazione relativa alle modalità di utilizzo del sostegno economico, in conformità alla prescrizione di cui al comma 4.
Art. 25. 
(Requisiti, presentazione delle domande e sospensione dell'erogazione)
1. 
L'erogazione del sostegno economico è subordinato alla presenza dei seguenti requisiti:
a) 
residenza della madre nel territorio della Regione Piemonte;
b) 
presentazione della certificazione sanitaria, rilasciata dal consultorio familiare o da strutture/servizi ospedalieri, che attesti la presenza di una gravidanza entro il novantesimo giorno;
c) 
sottoscrizione ed effettiva partecipazione della madre al Progetto di aiuto concordato con il consultorio familiare;
d) 
sussistenza di un reale disagio economico per la madre nel portare a termine la gravidanza.
2. 
La domanda per l'erogazione del sostegno viene depositata dalla donna al termine del colloquio di cui all'articolo 9 della presente legge direttamente al responsabile del Progetto. Valutata la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, la donna richiedente è ammessa all'erogazione del sostegno entro 10 giorni dalla presentazione della domanda e, comunque, in tempo utile affinché, in caso di diniego del sostegno, possa revocare il proprio consenso al Progetto e ricorrere, nei termini di legge, ad interruzione volontaria della gravidanza. L'erogazione è sospesa in caso di mancato rispetto, da parte della madre, degli impegni concordati nel Progetto che risultano dal verbale redatto ai sensi dell'articolo 9 o in caso di estinzione delle cause che hanno determinato il progetto.
Titolo VII. 
ISTITUZIONE DELL'ELENCO REGIONALE DEI CENTRI DI AIUTO ALLA VITA
Art. 26. 
(Centri per la tutela della maternità e della vita nascente)
1. 
Ai fini della presente legge sono Centri per la tutela della maternità e della vita nascente gli enti associativi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, operanti nel territorio regionale, che abbiano come finalità la promozione del valore della maternità e la tutela della vita del concepito, nonché la rimozione della cause di interruzione della gravidanza.
Art. 27. 
(Istituzione e requisiti)
1. 
Presso la Regione Piemonte è istituito un elenco regionale dei Centri per la tutela della maternità e della vita nascente presenti sul territorio regionale.
2. 
I Centri per la tutela della maternità e della vita nascente, al fine di ottenere l'inserimento del Registro di cui al comma 1, devono presentare i seguenti requisiti:
a) 
indicazione nello Statuto della finalità della tutela della vita fin dal concepimento e di specifiche attività inerenti il sostegno della maternità e della tutela del neonato;
b) 
operare sul territorio piemontese da almeno 18 mesi dalla presentazione della domanda;
c) 
esclusione di attività lucrative;
d) 
garantire l'accessibilità al servizio almeno tre giorni alla settimana;
e) 
disporre di una propria sede operativa idonea per lo svolgimento delle attività proprie e dotate di telefono, fax, accesso internet;
f) 
garantire la tutela della privacy, secondo la disciplina di cui al d.lgs. 196/2003 .
Titolo VIII. 
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
Art. 28. 
(Norme abrogate)
1. 
Con la presente legge si abrogano le disposizioni contenute nella legge regionale 9 luglio 1976, n. 39 .
Art. 29. 
(Norme transitorie)
1. 
Per la piena attuazione della presente legge si dovrà provvedere con gradualità nel triennio decorrente dall'approvazione della presente legge; il termine per l'attivazione dei corsi di cui all'articolo 12 è di mesi sei dall'entrata in vigore della presente legge.
Art. 30. 
(Norma finanziaria)
1. 
Per l'attuazione della presente legge, allo stanziamento pari a 3 milioni di euro per il biennio 2012-2013, ripartito in 2.600.000 euro per la spesa corrente, iscritto nell'ambito dell'unità previsionale di base (UPB) DB 20011 titolo I ("sanità, promozione della salute ed interventi di prevenzione individuale e collettiva") del bilancio pluriennale 2011-2013, e in 400.000 euro per la spesa in conto capitale, iscritto nell'ambito dell'unità previsionale di base (UP) DB 20012 TITOLO II del bilancio pluriennale per gli anni 2011-2013, si fa fronte con le risorse finanziarie individuate secondo le modalità previste dall' articolo 8 della legge regionale 11 aprile 2001, n. 7 (Ordinamento contabile della Regione Piemonte) e dall' articolo 30 della legge regionale 4 marzo 2003, n. 2 (Legge finanziaria per l'anno 2003).