Disegno di legge regionale n. 142 presentato il 09 luglio 2015
Interventi di prevenzione e contrasto della violenza di genere e per il sostegno alle donne vittime di violenza ed ai loro figli

Sommario:            

Capo I 
Principi generali
Art. 1. 
(Principi e finalità)
1. 
La Regione, in coerenza con i principi introdotti a livello internazionale e sanciti dai programmi dell'Unione europea e della normativa comunitaria, nel rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione italiana, e sostanziati dalla normativa nazionale e regionale, e con quanto previsto dallo Statuto della Regione Piemonte , riconosce che:
a) 
ogni forma e grado di violenza contro le donne basata sul genere, quale violenza diretta o indiretta contro una donna in quanto tale, costituisce una violazione dei diritti umani, della dignità personale, della libertà e sicurezza individuale, una lesione dell'integrità e della salute fisica e psichica, ed una limitazione al diritto ad una cittadinanza piena;
b) 
ogni forma e grado di violenza, nei confronti di persone a motivo del loro orientamento sessuale e identità di genere, costituisce una violazione dei diritti umani, della dignità personale, della libertà e sicurezza individuale, una lesione dell'integrità e della salute fisica e psichica, ed una limitazione al diritto ad una cittadinanza piena.
2. 
La Regione inoltre:
a) 
condanna e contrasta ogni forma di violenza contro la donna esercitata sia in ambito domestico, sia in ambito extrafamiliare, sia in ambito sociale e lavorativo, compresa la tratta e lo sfruttamento di donne e di minori, i matrimoni forzati, le pratiche di mutilazione genitale femminile, ed ogni altra forma e grado di violenza in riferimento ai principi richiamati al comma 1, lettera a);
b) 
sostiene interventi volti a prevenire e contrastare ogni forma di violenza nei confronti delle donne e minori diretta o assistita;
c) 
assicura misure ed azioni a protezione, sostegno e cura delle donne e dei loro figli, vittime di violenza diretta o assistita;
d) 
promuove una cultura di rispetto dei diritti umani fondamentali e delle differenze di genere.
3. 
Le azioni previste dalla presente legge nei confronti delle donne vittime di violenza sono realizzate rispettando i tempi della donna e la sua volontaria adesione ai percorsi proposti, senza alcuna discriminazione legata all'identità di genere, all'orientamento sessuale,all'età, razza ,lingua, religione, orientamento politico, condizioni di salute, disabilità, condizione economica ed a qualunque altra condizione potenzialmente discriminante.
Art. 2. 
(Definizioni)
1. 
Ai fini della presente legge, si intende per:
a) 
violenza nei confronti delle donne: una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione specifica contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata;
b) 
violenza domestica: tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o in condizioni assimilate alle precedenti o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza e/o domicilio con la vittima;
c) 
genere: ruoli, comportamenti, attività ed attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini;
d) 
violenza contro le donne basata sul genere: qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in quanto appartenenti al genere femminile;
e) 
vittima: qualsiasi persona fisica che subisce gli atti o i comportamenti di cui alle lettere a) e b);
f) 
stalking, termine inglese traducibile nell' italiano "fare la posta", ed introdotto nel nostro ordinamento quale reato di "atti persecutori": il comportamento posto in essere da "chiunque pedini, assilli, infastidisca pesantemente - con telefonate, insistenti ricerche di contatto - una persona, tanto da causarle gravi stati d'ansia o di paura per la propria incolumità o per quella di un parente prossimo e da costringerla a cambiare abitudini di vita ( Codice penale articolo 612 bis)";
g) 
identità di genere: la percezione della propria identità sessuale;
h) 
orientamento sessuale: la caratteristica che contribuisce a formare l'identità sessuale, indica il genere e le caratteristiche sessuali oggetto di attrazione;
i) 
violenza assistita: secondo la definizione OMS "l'esperienza da parte del bambino/a, qualsiasi forma di maltrattamento compiuto, attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative, adulte o minori. Il bambino può farne esperienza direttamente,indirettamente e/o percependone gli effetti. Si include l'assistere a violenze di minori su altri minori e/o su altri membri della famiglia, e ad abbandoni e maltrattamenti ai danni di animali domestici". La violenza assistita è una forma di maltrattamento che può determinare effetti a breve, medio e lungo termine, e può avere conseguenze sulla relazione madre/figli.
2. 
Nell'ambito di quanto precisato al comma 1, lettera i), sono da considerarsi vittime di violenza domestica i minori, anche in quanto testimoni di violenze all'interno della famiglia.
Art. 3. 
(Competenze della Regione)
1. 
La Regione, nell'ambito dei principi e delle finalità di cui all'articolo 1:
a) 
promuove campagne di sensibilizzazione e di informazione ed interventi volti a diffondere la cultura fondata sulla pari dignità, sulla valorizzazione e sul rispetto tra generi, soprattutto in ambito educativo e formativo ed anche nei luoghi di lavoro, in collaborazione con tutte le istituzioni ed organizzazioni interessate;
b) 
favorisce l'integrazione tra enti pubblici ed organizzazioni del privato sociale, promuovendo la creazione di forme di governance del fenomeno della violenza di genere, adeguate modalità di collaborazione paritarie e lavoro della rete locale fra istituzioni, servizi pubblici ed associazioni;
c) 
sostiene su tutto il territorio regionale la presenza e le attività dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, con particolare riferimento alle attività di ascolto, prima accoglienza, sostegno psicologico e interventi personalizzati per la presa in carico, la protezione e l'avvio verso percorsi di autonomia;
d) 
promuove la formazione e l'aggiornamento del personale interno e dei soggetti esterni, operanti a diverso titolo nei servizi antiviolenza;
e) 
contrasta, nella comunicazione, l'uso di termini,immagini,linguaggi verbali e non, lesivi della dignità della donna;
f) 
promuove all'interno delle strutture di pronto soccorso dei presidi ospedalieri, specifiche equipes per la per violenza sulle donne;
g) 
sostiene e potenzia la sperimentazione e diffusione degli interventi rivolti agli autori di violenza di genere estendendola su tutto il territorio regionale;
h) 
promuove il collegamento di tutti i Centri Antiviolenza con la rete nazionale del numero di pubblica utilità "1522";
i) 
promuove la creazione di un sistema di rilevazione e monitoraggio unico regionale a carattere periodico dei casi seguiti e degli interventi anche attraverso l'integrazione delle diverse fonti informative esistenti ;
l) 
assicura il patrocinio legale alle donne vittime di violenza e maltrattamenti attraverso l'istituzione di un fondo di solidarietà di cui all'articolo 21;
m) 
ha la facoltà di costituirsi parte civile nei procedimenti penali per femminicidio e atti di violenza contro le donne, fatta eccezione per i procedimenti penali relativi a violenze e molestie sui luoghi di lavoro per i quali si costituisce la consigliera regionale di parità, devolvendo l'eventuale risarcimento in favore delle vittime;
n) 
promuove e realizza specifiche iniziative per il monitoraggio, la prevenzione, il contrasto e l'assistenza alle vittime di violenza motivata da tratta e sfruttamento, matrimoni forzati, mutilazioni genitali femminili, orientamento sessuale e identità di genere, anche con il concorso delle Istituzioni ed organizzazioni senza scopo di lucro presenti sul territorio, al fine di creare una vera e propria rete di tutela delle donne e delle bambine a rischio;
o) 
promuove la sensibilità verso la donna e la bambina che fuggono dai propri paesi per sfuggire alle Mutilazioni genitali femminili e richiedono protezione umanitaria o asilo;
p) 
segnala al Difensore civico ogni fatto ascrivibile ai reati previsti dall' articolo 36 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 , ai fini della costituzione di parte civile al processo.
Art. 4. 
(Competenze delle province e della Città metropolitana)
1. 
Nell'ambito delle funzioni fondamentali di cui all' articolo 1, comma 85, lettera f) della legge 7 aprile 2014, n. 56 , la Città metropolitana e le amministrazioni provinciali, quali enti con funzioni di area vasta, promuovono azioni volte ad assicurare le pari opportunità sul territorio di competenza, anche attraverso forme di collaborazione con i Centri Antiviolenza, le case rifugio e gli enti, servizi ed organizzazioni operanti nel settore a livello territoriale e con il difensore civico regionale.
Art. 5. 
(Tavolo di coordinamento regionale)
1. 
La Regione costituisce un tavolo di coordinamento permanente regionale dei Centri Antiviolenza e del Centro Esperto di cui all'articolo 17, quale sede di confronto, scambio di informazioni e condivisione di esperienze.
2. 
Con cadenza almeno semestrale, il tavolo di coordinamento prevede la partecipazione dei rappresentanti di tutte le istituzioni, degli enti pubblici e privati, dei sindacati confederali, delle Equipes multidisciplinari per la presa in carico dei casi di abuso e maltrattamento sui minori, nonché delle associazioni ed organizzazione del privato sociale operanti nel settore del contrasto ad ogni forma di violenza sulle donne.
3. 
Il supporto amministrativo necessario al tavolo di coordinamento è assicurato dalla struttura regionale competente in materia di interventi per il contrasto al fenomeno della violenza di genere, che garantisce, altresì, il coordinamento interno ed il coinvolgimento delle altre strutture regionali.
Capo II 
Strumenti
Art. 6. 
(Istituzione dei Centri Antiviolenza)
1. 
È istituito almeno un Centro per ciascuna provincia, quale luogo fisico di accoglienza e sostegno delle donne e dei loro figli minorenni, le quali hanno subito violenza o che si trovano esposte alla minaccia di ogni forma di violenza, indipendentemente dal luogo di residenza.
2. 
I Centri Antiviolenza sono promossi:
a) 
dai comuni o dagli enti gestori delle funzioni socio-assistenziali di cui alla legge regionale 8 gennaio 2004, n. 1 (Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento);
b) 
dalle associazioni ed organizzazioni operanti nel settore del sostegno ed aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificatamente formato sulla violenza di genere;
c) 
dai soggetti di cui alle lettere a) e b) di concerto, di intesa o in forma consorziata.
3. 
I Centri, disciplinati da autonomi regolamenti interni, possono articolarsi anche con più sportelli sul territorio, al fine di assicurare una capillare diffusione degli interventi.
4. 
I Centri presentano caratteri di funzionalità e sicurezza, sia per le donne accolte e i loro figli sia per chi vi opera.
5. 
Gli interventi e la permanenza nei Centri sono gratuiti, sia per le donne, che per gli eventuali figli minori.
6. 
I Centri assicurano il raccordo con gli enti e gli organismi pubblici e privati che si occupano delle problematiche di cui alla presente legge, tramite la stipula di protocolli ed accordi operativi. I protocolli sono stipulati anche con associazioni esperte di violenza di genere nelle varie culture e di Mutilazioni Genitali Femminili, al fine di garantire le donne di origine straniera e provenienti da altre culture. Le reti antiviolenza locali operano in stretto raccordo con gli organi giudiziari e le Forze dell'ordine.
7. 
Ciascun territorio organizza la propria rete di sostegno, in armonia con i principi di cui alla presente legge.
8. 
Al fine di garantire alle donne ed ai loro figli protezione sociale, reinserimento ed interventi socio-sanitari, il Centro partecipa alle reti territoriali interistituzionali promosse dagli enti locali. L'istituzione ed il funzionamento della rete sono regolati da appositi protocolli o accordi territoriali, condotti dagli enti locali con il coinvolgimento di tutti gli attori del territorio di riferimento, a carattere provinciale o sovracomunale.
9. 
La Regione si impegna a monitorare i protocolli e gli accordi territoriali e a darne comunicazione, con cadenza annuale, al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Art. 7. 
(Case rifugio)
1. 
Le Case Rifugio sono strutture dedicate, a indirizzo segreto, che forniscono un'accoglienza in sicurezza alle donne che subiscono violenza ed ai loro figli, a titolo gratuito e indipendentemente dal luogo di residenza, allo scopo di proteggere le donne e i loro figli e di salvaguardarne l'incolumità fisica e psichica.
2. 
L'inserimento in Casa Rifugio avviene sulla base della predisposizione preliminare di un progetto di accoglienza, come esplicitato al comma 3, e non su accesso diretto.
3. 
Le Case Rifugio assicurano sostegno, attraverso un progetto individuale di accoglienza in ogni caso temporanea, che garantisca anonimato e segretezza, teso all'inserimento sociale delle donne vittime di violenza e degli eventuali figli, in vista di un successivo percorso di autonomia.
4. 
Le Case assicurano alle donne ospiti e ai loro figli, alloggio e beni primari per la vita quotidiana .
5. 
Le Case assicurano l'accoglienza delle ospiti 24 ore su 24, per tutto l'arco dell'anno.
6. 
Le Case si raccordano con i Centri antiviolenza e l'insieme della rete di servizi, anche attraverso protocolli dedicati, al fine di assicurare il supporto psicologico, legale e sociale per le donne che hanno subito violenza e i loro figli, nell'ambito di un progetto, formulato insieme alla donna e condiviso con i servizi sociali e sanitari competenti.
7. 
Le Case Rifugio assicurano attività di formazione permanente per coloro che operano nelle strutture, in conformità con quanto previsto all'articolo 19.
8. 
Ai sensi di quanto stabilito dall' articolo 5 bis, comma 3 del decreto legge 4 agosto 2013, n. 93 , convertito con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 , le Case Rifugio sono promosse da:
a) 
enti locali in forma singola o associata;
b) 
associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienza e competenza specifiche in materia di violenza contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato;
c) 
soggetti di cui alle lettere a)e b)di concerto,d'intesa o in forma consorziata.
9. 
La Casa rifugio corrisponde a casa di civile abitazione o ad una struttura di comunità, articolata in locali idonei che assicurino un'accoglienza rispondente alle specifiche esigenze della donna e dei suoi figli.
10. 
La Casa rifugio è soggetta ad autorizzazione al funzionamento ed a vigilanza da parte dei competenti organismi secondo quanto previsto dalla l.r. 1/2004 .
11. 
Gli organismi di cui al comma 9 mettono in atto adeguati accorgimenti, sia in fase procedurale che autorizzativa, allo scopo di salvaguardare la necessaria riservatezza in merito all'istituzione ed alla collocazione delle Case Rifugio.
Art. 8. 
(Regolamento attuativo)
1. 
Per le finalità di cui alla presente legge, la Giunta regionale, ai sensi dell' articolo 27 dello Statuto , sentita la competente commissione consiliare, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della legge, adotta un regolamento che definisce:
a) 
i criteri per l'istituzione dei Centri e delle Case Rifugio, nonché le modalità organizzative e le attività degli stessi;
b) 
gli standard strutturali e gestionali delle case rifugio destinate all'accoglienza delle donne vittime di violenza, le modalità di autorizzazione e permanenza dell'autorizzazione stessa;
c) 
le modalità di raccordo con i servizi socio-assistenziali e sanitari, con i servizi di assistenza legale, abitativi e per il lavoro e la formazione, con le strutture educative e scolastiche operanti nel territorio e con l'associazionismo e le organizzazioni di volontariato;
d) 
le modalità di organizzazione e funzionamento del Centro esperto sanitario di cui all'articolo 17;
e) 
le linee indicative per l'attività di formazione permanente e di aggiornamento del personale dei Centri e di tutti coloro che con essi intervengono;
f) 
le modalità di accesso ai Centri;
g) 
gli standard di qualità dei servizi da aggiornare periodicamente;
h) 
i criteri per definire il personale necessario all'espletamento dei servizi comprese le professionalità specifiche richieste in rapporto alla tipologia dei Centri;
i) 
i criteri di valutazione interna ed esterna delle attività dei Centri;
l) 
i criteri per lo sviluppo del sistema di monitoraggio di cui l'articolo 3, comma 1, lettera i).
Art. 9. 
(Istituzione dell'albo regionale dei Centri Antiviolenza e delle Case Rifugio)
1. 
Al fine di garantire un'adeguata ed aggiornata conoscenza dei servizi attivi sul territorio regionale e rispondenti ai principi di cui alla presente legge, è istituito l'albo regionale dei Centri Antiviolenza e delle Case Rifugio della Regione Piemonte, suddiviso nelle 2 rispettive Sezioni (Centri Antiviolenza e Case Rifugio).
2. 
Per l'iscrizione nell'albo regionale, i Centri Antiviolenza sono tenuti, in modo cumulativo:
a) 
ad avere sede in Piemonte;
b) 
ad essere istituiti dagli enti ed organizzazioni di cui all'articolo 6, comma 2;
c) 
ad essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 6.
3. 
Per l'iscrizione nell'albo regionale, le Case Rifugio sono tenute, in modo cumulativo:
a) 
ad avere sede in Piemonte;
b) 
ad essere istituite dagli enti ed organizzazioni di cui all'articolo 7, comma 7;
c) 
ad essere in possesso di autorizzazione al funzionamento rilasciata da parte dei competenti organismi secondo quanto previsto dalla l.r. 1/2004 ;
d) 
ad essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 7.
4. 
La perdita di uno solo dei requisiti di cui ai commi 2 e 3 comporta la cancellazione dall'albo regionale.
5. 
Nell'albo regionale devono risultare l'ente o l'organizzazione titolare del centro Antiviolenza, la sede, l'ambito territoriale di attività. Nell'albo sono, altresì, iscritti i trasferimenti della sede.
6. 
Onde salvaguardare la necessaria riservatezza in merito alla collocazione delle Case Rifugio, nell'albo regionale deve risultare esclusivamente l'ente o l'organizzazione titolare di ciascuna Casa.
7. 
L'iscrizione nell'albo regionale è condizione per accedere, da parte dei Centri Antiviolenza e delle Case Rifugio, all'assegnazione dei contributi regionali e statali previsti dalle vigenti normative di settore.
8. 
L'albo regionale è pubblicato a cadenza annuale sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.
Capo III 
Attività ed azioni
Art. 10. 
(Azioni di sensibilizzazione e prevenzione)
1. 
La Regione, con il coinvolgimento di organismi istituzionali, delle reti territoriali dei Centri antiviolenza e di altri soggetti che operano per le finalità della presente legge, nonché dei mezzi di informazione:
a) 
promuove e sostiene campagne e iniziative finalizzate alla diffusione della cultura della legalità, del rispetto dei diritti della persona, della parità tra uomini e donne;
b) 
promuove e sostiene campagne e iniziative di sensibilizzazione per diffondere la consapevolezza e la comprensione da parte dell'opinione pubblica delle varie forme di violenza di genere oggetto della presente legge;
c) 
promuove l'assunzione e la condivisione di responsabilità da parte di tutti i membri della società, e in particolar modo gli uomini e i ragazzi, nel contribuire attivamente alla prevenzione di ogni forma di violenza di genere oggetto della presente legge.
Art. 11. 
(Azioni nell'ambito del lavoro, del sistema scolastico, educativo e del tempo libero)
1. 
La Regione, con il coinvolgimento di organismi istituzionali, delle reti territoriali dei Centri antiviolenza, dell'Ufficio scolastico regionale, del Difensore civico regionale e di altri soggetti che operano per le finalità della presente legge, nonché dei mezzi di informazione:
a) 
promuove e sostiene, in ambito lavorativo, del sistema scolastico, formativo, e nei luoghi di istruzione non formale, nonché nei centri aggregativi, sportivi, culturali e di svago, iniziative di sensibilizzazione, mediante incontri informativi e campagne di prevenzione mirate per i ragazzi e le ragazze, gli uomini e le donne delle diverse fasce d'età, sui temi dell'affettività, della relazione improntata al reciproco rispetto, della soluzione non violenta dei conflitti interpersonali, della parità tra uomini e donne, dei ruoli di genere non stereotipati, del contrasto della violenza di genere con particolare attenzione a quella domestica, del diritto all'integrità personale;
b) 
promuove e sostiene, anche in collaborazione con le Forze di Polizia, iniziative finalizzate a sostenere le capacità, le competenze e gli strumenti a disposizione dei ragazzi/e, genitori e insegnanti per affrontare un contesto dell'informazione e della comunicazione che permette l'accesso a contenuti degradanti a carattere sessuale o violento, potenzialmente pericolosi, compreso l'utilizzo delle nuove tecnologie e dei mezzi di comunicazione, social network compresi;
c) 
promuove, nel settore della comunicazione, dei media e dei new media, campagne informative e azioni di sensibilizzazione della popolazione e degli operatori del settore volte a proporre, in particolare, immagini maschili e femminili non stereotipate e modelli positivi nelle relazioni tra uomo e donna.
Art. 12. 
(Attività di informazione)
1. 
La Regione, con il coinvolgimento di organismi istituzionali, dei Centri antiviolenza, del Difensore civico regionale e di altri soggetti che operano per le finalità della presente legge, nonché dei mezzi di informazione:
a) 
promuove la più ampia conoscenza presso l'opinione pubblica sulle attività di cui alla presente legge mediante specifiche campagne informative;
b) 
adotta le misure che consentano alle vittime di ottenere un'informazione adeguata e tempestiva sui servizi di sostegno e le misure legali disponibili.
Capo IV 
Interventi
Art. 13. 
(Accoglienza, sostegno e percorsi per l'autonomia)
1. 
La Regione opera per garantire alle vittime della violenza di genere e ai loro figli, minori o diversamente abili, accoglienza, tutela e sostegno per consentire loro, nel rispetto della riservatezza e dell'anonimato, di recuperare la propria autonomia e indipendenza personale, sociale ed economica, indipendentemente dalla loro residenza e tenuto conto delle specificità delle donne straniere, ivi comprese le eventuali problematiche connesse al titolo di soggiorno.
2. 
Per ogni donna vittima di violenza di genere, su sua richiesta, è predisposto un percorso condiviso e personalizzato di sostegno e orientamento, modulato sulla base delle caratteristiche personali, finalizzato a favorire l'uscita dalla situazione di difficoltà, anche con nuovi progetti di vita, mediante il recupero ed il rafforzamento delle proprie risorse, secondo i tempi ritenuti necessari per la acquisizione o riacquisizione dell'autonomia personale, sulla base dell'indipendenza economica, mediante il sostegno di progetti di accompagnamento all'inserimento lavorativo. I progetti offrono, inoltre, una serie ampia di azioni di motivazione ed empowerment, di tecniche e di strumenti atti a favorire il recupero della consapevolezza delle proprie capacità e competenze.
3. 
Nei percorsi per l'autonomia personale delle donne vittime di violenza di genere, il lavoro può assumere una valenza pregnante, non solo come strumento per accedere alle risorse e ai diritti, e quindi partecipare pienamente alla vita sociale, ma anche come mezzo per recuperare la fiducia personale e la propria autonomia, nonché la coscienza del proprio valore come persona.
4. 
I progetti di inclusione e inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere possono essere sostenuti dalle reti territoriali dei servizi di formazione orientativa e dei servizi per il lavoro, mediante la necessaria attività di tutoraggio dei tirocini e laboratori professionalizzanti, articolati e modulati in modo tale da favorire la capacità delle destinatarie di poter sostenere positivamente l'inserimento lavorativo, considerando anche le loro esigenze di conciliazione tra l'attività lavorativa ed i compiti di cura, nonché le specifiche competenze, se esistenti, e le esperienze pregresse.
Art. 14. 
(Violenza assistita)
1. 
I servizi socio-assistenziali e sanitari competenti per l'ambito materno- infantile e per l'ambito adulti, in collaborazione con le reti territoriali interistituzionali promosse dagli enti locali, e fatti salvi gli obblighi previsti dall' articolo 9 della l. 184/1983 in merito alla segnalazione di minori in presunto stato di abbandono, assicurano tutti gli interventi a favore dei minori vittime di violenza, anche in quanto testimoni di violenze all'interno della famiglia, in base a quanto richiamato all'articolo 2, ed in particolare:
a) 
assicurare, prioritariamente, la protezione del minore, anche attraverso il coinvolgimento della competente autorità giudiziaria per l'assunzione degli eventuali provvedimenti di tutela. In presenza di esigenze di tutela e protezione del minore, tali esigenze sono da considerarsi prevalenti rispetto all'eventuale contraria volontà dell'adulto esercente la responsabilità genitoriale;
b) 
assicurare interventi finalizzati alla cura del minore, alla riparazione del trauma subito ed al ripristino della sua salute fisica e psicologica, azioni che, salvo diversa indicazione clinica, vedano un attivo coinvolgimento della madre;
c) 
assicurare interventi di cura nei confronti della madre e qualora praticabili, interventi a livello delle relazioni famigliari allargate, finalizzate prioritariamente al sostegno della relazione madre-bambino;
d) 
assicurare idonei percorsi di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, sia nella fase di uscita dalla struttura residenziale che in quella successiva di rientro nel proprio ambiente di vita;
e) 
assicurare l'inserimento o il reinserimento del bambino in un ambiente di vita che ne garantisca la protezione dal riproporsi di eventi traumatici e la presenza di figure accudenti e tutelanti;
f) 
assicurare continuità di collaborazione con le reti territoriali interistituzionali, quali, tra le altre, l'ambito scolastico ed i servizi educativi.
Art. 15. 
(La rete sanitaria contro la violenza)
1. 
La rete sanitaria si configura come uno dei nodi della complessiva rete regionale sulla violenza ed è strettamente interconnessa con gli altri servizi deputati alla presa in carico delle vittime con i quali collabora attivamente e con le associazioni di volontariato, e comprende i servizi dell'emergenza/urgenza articolati a livello territoriale (118) ed a livello ospedaliero (DEA di I e II livello), nonché i servizi dell'assistenza sanitaria di base (medici e pediatri di famiglia, operatori dei Consultori, specialisti del territorio).
2. 
La rete sanitaria si attiva sia attraverso gli operatori dei Consultori ed i medici dell'assistenza di base e specialistica che pongono un sospetto diagnostico alla luce di evidenze cliniche, sia attraverso l'accesso ad uno dei servizi di emergenza di cui al comma 1.
3. 
La rete sanitaria si rende operante sia per accesso diretto che per invio da altri organismi o servizi.
4. 
Gli operatori dei Consultori, i medici dell'assistenza di base e specialistica ed i servizi di emergenza territoriale 118 cui si rivolge la vittima, che hanno evidenza di una violenza domestica e/o sessuale garantiscono la presa in carico della vittima attraverso l'invio all'equipe multiprofessionale di cui all'articolo 16.
5. 
Gli operatori dei Consultori, i medici dell'assistenza di base e specialistica ed i servizi di emergenza territoriale 118, in presenza di elementi che inducano il sospetto di una situazione di violenza, possono rivolgersi per una consulenza al Centro Antiviolenza o all'equipe multiprofessionale di cui all'articolo 16.
6. 
Il servizio dell'emergenza/urgenza territoriale (118) nel soccorrere una vittima di violenza che necessita di ricovero, provvede all'invio al DEA.
Art. 16. 
(Istituzione del codice rosa)
1. 
I DEA di I e II livello o il servizio di emergenza 118 attivano il codice rosa quale codice aggiuntivo al codice di gravità. Il codice rosa è visibile ai soli operatori sanitari. L'attribuzione del codice rosa rende operativa l'equipe multiprofessionale cui spetta il compito di prendere in carico la vittima. L'equipe è formata da ginecologa, pediatra, ostetrica, psicologa, assistente sociale, infermiera, medico o infermiere DEA e di altre figure ritenute utili alla presa in carico e garantisce la reperibilità H24 di almeno un operatore con competenze anche nell'attivazione immediata dei servizi di tutela del proprio riferimento territoriale.
Art. 17. 
(Il centro esperto sanitario)
1. 
Per la violenza sessuale e per i gravi episodi di violenza domestica è istituito un centro esperto con funzioni, oltre che di presa in carico delle vittime che ad esso si rivolgono, di supporto agli specialisti delle altre ASR; di coordinamento della rete regionale sanitaria; di azione sussidiaria per le aziende sanitarie regionali nell'assistenza ai pazienti, di formazione specifica agli operatori sanitari del territorio regionale.
2. 
Il centro esperto è organizzato secondo un modello interdisciplinare e multiprofessionale, che coinvolge figure professionali specialistiche necessarie alla presa in carico: ginecologa, pediatra, psicologa, infermiera, assistente sociale, medico o infermiere DEA ed altre figure ritenute utili alla presa in carico.
Art. 18. 
(Interventi rivolti agli autori di violenza di genere)
1. 
La Regione, con il coinvolgimento di organismi istituzionali, delle reti territoriali dei Centri antiviolenza e di altri soggetti del privato sociale che operano per le finalità della presente legge, promuove e sostiene, sul territorio regionale comprese le carceri, la realizzazione di appositi interventi di recupero e accompagnamento rivolti agli autori di violenza di genere, soprattutto di violenza domestica, al fine di limitare la recidiva favorendo l'adozione di comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali.
2. 
Gli interventi possono essere a carattere socio-educativo, relazionale, culturale, psicoterapeutico e psichiatrico.
3. 
Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati solo a condizione che siano prioritariamente garantiti la sicurezza, il supporto e i diritti umani delle vittime e, se del caso, devono essere stabiliti ed attuati in stretto coordinamento con i Centri antiviolenza, escludendo l'applicazione di qualsiasi tecnica di mediazione tra l'autore di violenza e la vittima ed assicurando la separatezza dei due percorsi.
4. 
I citati interventi possono essere realizzati solo su adesione volontaria del soggetto interessato.
Art. 19. 
(Formazione delle operatrici/operatori e standard formativi)
1. 
La Regione propone e promuove l'organizzazione di corsi di formazione rivolti al personale operante nei servizi antiviolenza quali operatori sociali, sanitari, scolastici, tutor e forze dell'ordine in modo da assicurare set di competenze specifiche sul fenomeno della violenza di genere e favorire una efficace presa in carico dei casi dal primo contatto, all'accoglienza e all'accompagnamento in ogni fase del percorso di uscita dalla situazione di violenza. La formazione ha caratteristiche di multidisciplinarietà, competenza, coerenza e capillarità, nonché di certificazione delle competenze acquisite dai corsisti.
2. 
La Regione valorizza le pratiche di accoglienza basate sulle relazioni fra donne e attribuisce ad operatrici in possesso di comprovata esperienza in materia un ruolo preferenziale nell'azione di sostegno alle donne vittime di violenza.
3. 
A tale scopo la Regione mette a disposizione nel suo Repertorio degli Standard Formativi, specifici profili e percorsi formativi standard sia in materia di prevenzione e contrasto della violenza di genere e sia per l'operatività nei servizi antiviolenza con la finalità di garantire una formazione ed un aggiornamento degli operatori omogeneo su tutto il territorio e la certificazione delle competenze acquisite ai sensi del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13 .
4. 
La Regione promuove anche la formazione e l'aggiornamento degli operatori sociali, sanitari e forze dell'ordine che si trovano a contatto con gli autori di violenza.
5. 
La Regione promuove, altresì, attività di formazione ed aggiornamento sulle tematiche oggetto della presente legge, rivolte al personale dei servizi dedicati al lavoro ed alla formazione professionale, coinvolgendo le organizzazioni datoriali e sindacali e le agenzie formative.
Capo V 
Programmazione regionale
Art. 20. 
(Istituzione di un Fondo di solidarietà per il patrocinio legale alle donne vittime di violenza e maltrattamenti)
1. 
La Regione, sulla base di quanto previsto agli articoli 1 e 3, istituisce un Fondo di solidarietà per le donne vittime di violenza e maltrattamenti (di seguito denominato Fondo) volto a sostenerne le azioni in sede giudiziaria e nella fase prodromica all'avvio delle stesse, ivi compreso l'eventuale ricorso a consulenza in ambito civilistico o a consulenza tecnica di parte.
2. 
Il Fondo è utilizzato per coprire, secondo quanto previsto dal regolamento di cui al comma 3, le spese di assistenza legale sia in ambito penale che in ambito civile, nell'ipotesi in cui il patrocinio legale è svolto da avvocati regolarmente iscritti in appositi elenchi di avvocati con competenza e formazione specifica e continua nell'ambito del patrocinio legale alle donne vittime di violenza e maltrattamenti.
3. 
La Giunta regionale approva, ai sensi dell' articolo 27 dello Statuto , sentita la commissione consiliare competente, un regolamento che definisce:
a) 
la dotazione finanziaria del Fondo, le modalità di implementazione e di gestione;
b) 
i criteri di erogazione delle disponibilità del Fondo, anche sulla base della condizione reddituale della vittima;
c) 
l'elenco dei procedimenti per i quali è possibile l'accesso al Fondo;
d) 
i parametri per identificare le modalità di liquidazione delle parcelle degli avvocati patrocinanti ammessi al Fondo;
e) 
le modalità di informazione e promozione del Fondo;
f) 
le modalità di recupero dei contributi e per la loro restituzione al Fondo, nei limiti di quanto erogato dallo stesso, con particolare riferimento ai casi in cui:
1) 
a favore della vittima beneficiaria dell'intervento di copertura delle spese di assistenza legale è disposto, con sentenza, il pagamento delle spese processuali;
2) 
i soggetti beneficiari dell'intervento di copertura delle spese di assistenza legale sono successivamente condannati per calunnia in merito agli stessi fatti per cui hanno richiesto tutela.
g) 
tutte le altre modalità utili all'attuazione del presente articolo.
4. 
La Regione stipula una apposita Convenzione con gli Ordini degli avvocati dei Fori del Piemonte al fine di predisporre e rendere accessibile un elenco di avvocati patrocinanti per il Fondo con esperienza e formazione continua specifiche nel settore.
5. 
La Convenzione deve, tra l'altro, prevedere:
a) 
le modalità di individuazione dei professionisti;
b) 
le modalità di formazione e aggiornamento professionale specifico sulla materia;
c) 
le modalità di pubblicizzazione degli elenchi;
d) 
le modalità di raccordo con i Centri Antiviolenza ed i servizi territoriali attivi sul territorio;
e) 
le modalità di periodico aggiornamento degli elenchi;
f) 
le modalità di informazione sul Fondo presso tutti gli iscritti agli Ordini.
Art. 21. 
(Piano triennale regionale degli interventi per contrastare la violenza sulle donne)
1. 
La Giunta regionale, in coerenza con i principi e le finalità della presente legge, nonché con la programmazione socio-sanitaria regionale, adotta il piano triennale regionale degli interventi per contrastare la violenza di genere, sentita la competente Commissione consiliare ed il tavolo di coordinamento regionale di cui all'articolo 5.
2. 
Il Piano definisce, nel contesto della programmazione regionale complessiva, gli obiettivi da perseguire, le azioni con le quali perseguirli, le priorità ed i criteri per la loro realizzazione, con particolare attenzione alla promozione, implementazione e cura delle reti territoriali interistituzionali, facenti capo ai Centri Antiviolenza, di cui all'articolo 6, comma 8.
Art. 22. 
(Monitoraggio e raccolta dati)
1. 
La Regione concorre con le istituzioni e i soggetti nazionali responsabili della costruzione di un sistema integrato centrale di dati sulla violenza di genere contro le donne ed i minori, fruibili a livello nazionale e locale.
2. 
L'attività di monitoraggio e raccolta dati comprende la raccolta, l'amministrazione, l'elaborazione, l'analisi e la divulgazione di informazioni e dati sulle caratteristiche e l'evoluzione del fenomeno della violenza di genere contro le donne, come definita all'articolo 2, in tutte le forme che rientrano nel campo di applicazione della presente legge, nonché sulle attività di prevenzione e contrasto della violenza e di sostegno alle vittime.
3. 
La Regione coordina le attività di monitoraggio e raccolta dati sul fenomeno della violenza di genere contro le donne sul proprio territorio, secondo le modalità definite dagli organismi competenti a livello nazionale, con particolare riferimento all'ambito sociale e sanitario anche attraverso attività formative rivolte agli operatori/operatrici.
4. 
La Regione garantisce la raccolta dei dati di cui al comma 3 con cadenza annuale ed assolve ai debiti informativi nei confronti dello Stato per quanto di propria competenza.
5. 
La Regione garantisce inoltre l'aggiornamento del censimento dei centri antiviolenza ed il monitoraggio sulle loro attività con cadenza annuale.
6. 
Le attività di monitoraggio si svolgono nel rispetto dei diritti alla riservatezza degli interessati e con le modalità previste dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) e sulla base della normativa europea e nazionale applicabile.
7. 
Per lo svolgimento dei compiti e delle funzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 la Regione può avvalersi anche del supporto tecnico-scientifico degli enti di ricerca, università, aziende sanitarie e servizi con funzioni sovrazonali.
Capo VI 
Clausole valutative
Art. 23. 
(Clausole valutative)
1. 
La Giunta regionale rende conto al Consiglio delle modalità di attuazione della legge e dei risultati ottenuti in termini di contributo alla prevenzione, all'informazione e al supporto alle vittime di violenza.
2. 
A tal fine la Giunta regionale, trascorsi due anni dall'entrata in vigore della presente legge e con periodicità biennale, presenta alla commissione consiliare competente una relazione che contenga in particolare le seguenti informazioni:
a) 
alle principali attività di sensibilizzazione, e prevenzione attuate sul territorio regionale;
b) 
all'andamento del fenomeno della violenza di genere c) le attività svolte dalle reti territoriali afferenti ai centri antiviolenza, al fine di accogliere in modo adeguato le donne vittime ed i loro figli;
c) 
le modalità di finanziamento degli interventi oggetto della presente legge e la distribuzione sul territorio regionale.
3. 
La relazione prevista al comma 2 è resa pubblica unitamente agli eventuali documenti del Consiglio regionale che ne concludono l'esame.
4. 
I soggetti coinvolti nell'attuazione della legge, pubblici e privati, forniscono le informazioni necessarie all'espletamento delle attività previste dai commi precedenti.
5. 
Nella relazione è inserita una apposita sezione riguardante l'utilizzo del Fondo di solidarietà per il patrocinio legale alle donne vittime di violenza e maltrattamenti, con particolare riferimento a:
a) 
il tipo e il numero delle domande ammesse alle disponibilità del fondo;
b) 
l'entità del contributo;
c) 
il tipo e il numero delle domande non ammesse a contributo e le motivazioni dell'esclusione;
d) 
la tipologia dei reati e l'esito dei relativi procedimenti giudiziari, in riferimento ai quali è stata accolta la richiesta di ammissione alle disponibilità del fondo;
e) 
le azioni svolte dalla Giunta regionale per informare i potenziali beneficiari della possibilità di accesso alle disponibilità del fondo;
f) 
il numero delle convenzioni stipulate con gli Ordini degli avvocati dei Fori del Piemonte.
Capo VII 
Norma transitoria, finanziaria ed abrogazioni
Art. 24. 
(Norme transitorie)
1. 
In sede di prima applicazione, la Giunta regionale approva il Piano triennale di cui all'articolo 22 con le modalità ivi previste, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
2. 
I Centri Antiviolenza e le case rifugio già operanti al momento dell'entrata in vigore della presente legge e non in possesso dei requisiti previsti, sono tenuti ad adeguarsi entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
3. 
Fino all'entrata in vigore della presente legge e dei nuovi regolamenti regionali recanti le disposizioni attuative di cui agli articoli 8 e 20, continuano a trovare applicazione i rispettivi regolamenti regionali 2 marzo 2009, n. 3/R e16 novembre 2009, n. 17/R.
Art. 25. 
(Norma finanziaria)
1. 
Gli oneri per l'attuazione della presente legge sono quantificati nell'anno finanziario 2015 in 180.000 euro, in termini di competenza e di cassa per la spesa corrente nell'ambito dell'unità previsionale di base UPB 15121 e sono quantificati negli anni finanziari 2016 e 2017 in 400.000 euro all'anno, in termini di competenza e di cassa, di cui 200.000 euro per la spesa corrente nell'ambito dell'UPB 15121 del bilancio di previsione e 200.000 euro per la spesa in conto capitale nell'ambito della UPB 15112.
2. 
Gli oneri per l'attuazione del Fondo di solidarietà per il patrocinio legale alle donne vittime di violenza e maltrattamenti sono quantificati negli anni finanziari 2016 e 2017 in 150.000,00 euro all'anno, in termini di competenza e di cassa, nell'ambito dell'UPB 15071 del bilancio di previsione.
3. 
Al finanziamento degli interventi concorrono anche le risorse statali assegnate alla Regione Piemonte ai sensi dell' articolo 5 bis della l. 119/2013 o di altre previsioni normative specifiche.
4. 
I finanziamenti concessi ai sensi della presente legge sono cumulabili con quelli previsti da altre normative statali, regionali o comunitarie, purché da queste non diversamente stabilito, secondo le procedure e le modalità previste dalle norme medesime.
Art. 26. 
(Abrogazioni)
1. 
Sono abrogate le seguenti disposizioni regionali:
a) 
legge regionale 17 marzo 2008, n. 11 (Istituzione di un fondo di solidarietà per il patrocinio legale alle donne vittime di violenza e maltrattamenti);
b) 
legge regionale 29 maggio 2009, n. 16 (Istituzione di Centri antiviolenza con case rifugio).