Legge regionale n. 62 del 13 aprile 1995  ( Versione vigente )
"Norme per l'esercizio delle funzioni socio-assistenziali."
(B.U. 19 aprile 1995, n. 16)

Sommario:                  

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il

visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Capo I. 
FINALITÀ E PRINCIPI
Art. 1. 
(Oggetto della legge)
1. 
La legge, ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione e secondo quanto previsto dalla legislazione vigente, detta norme per l'esercizio delle funzioni socio-assistenziali.
Art. 2. 
(Obiettivi e principi ispiratori)
1. 
L'esercizio delle funzioni socio-assistenziali è finalizzato alla tutela del diritto di cittadinanza sociale delle persone e alla tutela ed al sostegno della famiglia, risorsa e soggetto primario del sistema sociale e delle singole persone, mediante interventi mirati a prevenire e rimuovere le situazioni di bisogno, di rischio e di emarginazione, anche mediante la promozione di iniziative volte ad adeguare l'ambiente di vita e di lavoro alle esigenze dei soggetti svantaggiati.
2. 
Le attività dirette al raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1 sono informate ai seguenti principi ispiratori:
a) 
rispetto della dignità della persona e del suo diritto alla riservatezza;
b) 
superamento dell'istituzionalizzazione, privilegiando servizi e interventi mirati al mantenimento, all'inserimento ed al reinserimento della persona nel contesto familiare, sociale, scolastico e lavorativo;
c) 
superamento delle logiche di assistenza differenziata per categorie di assistiti;
d) 
coordinamento ed integrazione dei servizi socio-assistenziali con i servizi sanitari, educativi, scolastici, dell'Amministrazione giudiziaria e con tutti gli altri servizi sociali territoriali;
e) 
riconoscimento dell'apporto originale ed autonomo del privato sociale, in particolare delle organizzazioni di volontariato e della cooperazione sociale, per la promozione umana, l'integrazione delle persone e il sostegno alla famiglia;
f) 
promozione e incentivazione delle varie forme di solidarietà liberamente espresse dai cittadini e dalle forze sociali per il conseguimento degli obiettivi di cui alla presente legge;
g) 
promozione ed incentivazione di tutte le forme di integrazione di cittadini di culture diverse, nel rispetto delle competenze attribuite dalla legge ad altri soggetti.
Capo II. 
ATTIVITÀ DI PREVENZIONE
Art. 3. 
(Informazione, ricerca e progetti)
1. 
Ai fini e secondo i principi di cui all'articolo 2, la Regione e gli Enti locali promuovono le iniziative opportune e, in particolare:
a) 
la diffusione dell'informazione sul settore socio-assistenziale;
b) 
studi e ricerche volti ad identificare gli stati di bisogno e di emarginazione nonchè progetti mirati di intervento, con particolare riferimento ad innovazioni tecnologiche mirate al miglioramento della qualità degli interventi a favore dei soggetti in stato di bisogno;
c) 
specifiche iniziative di ricerca, progettazione, sperimentazione di nuove proposte formative e di innovazioni didattiche attinenti all'area socio-assistenziale;
d) 
ogni altra iniziativa, anche sperimentale, che concorra alla realizzazione degli obiettivi di cui alla presente legge.
Art. 4. 
(Soddisfacimento di esigenze socio-relazionali)
1. 
Al fine di prevenire fenomeni di emarginazione connessi a carenze di natura socio-relazionale di soggetti o gruppi a rischio, gli Enti locali operano, mediante servizi aperti a tutta la popolazione, incentivando, favorendo e realizzando interventi ed iniziative di tipo educativo, culturale, ricreativo, sportivo e di tempo libero.
2. 
Concorrono al soddisfacimento di bisogni socio-relazionali servizi polifunzionali di aggregazione sociale
Art. 5. 
(Soddisfacimento di esigenze abitative)
1. 
Nell'ambito della prevenzione di situazioni connesse a carenze o inidoneità abitative di soggetti a rischio, gli Enti locali intervengono per:
a) 
l'assegnazione in locazione di alloggi di loro proprietà, in particolare utilizzando i beni vincolati a finalità socio-assistenziali. A tal fine essi operano anche mediante trasformazione e riconversione di beni mobili ed immobili appartenenti al patrimonio comunale;
b) 
l'incentivazione, all'interno dei piani di edilizia residenziale, della costruzione di alloggi abbinati, per favorire l'aggregazione di nuclei parentali con la presenza di soggetti a rischio;
c) 
il miglioramento delle condizioni abitative attraverso opere di manutenzione, risanamento ed adeguamento degli alloggi, o attraverso la concessione di specifici contributi economici finalizzati a tale scopo;
d) 
la sistemazione in albergo o in strutture ricettive in situazioni eccezionali e transitorie non altrimenti risolvibili;
e) 
la verifica dell'attuazione dell'articolo 3, n. 3.3 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236 e dell' articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384 , in relazione alle esigenze delle persone inabili che hanno difficoltà di deambulazione.
Art. 6. 
(Promozione dell'inserimento lavorativo)
1. 
Ai fini dell'attuazione di politiche attive del lavoro, la Regione e gli Enti locali operano per promuovere l'inserimento ed il reinserimento lavorativo di soggetti in particolari situazioni di bisogno ed esposti a gravi rischi di emarginazione.
2. 
A tali fini, in particolare, con osservanza delle norme nazionali in materia di collocamento al lavoro:
a) 
attuano iniziative formative finalizzate all'adeguamento delle capacità professionali in relazione alle potenzialità dei soggetti interessati e alle possibilità concrete di inserimento nel mondo del lavoro;
b) 
favoriscono e promuovono l'inserimento lavorativo, anche a tempo parziale, di persone svantaggiate e fasce deboli della popolazione, in particolare di soggetti handicappati come previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 ;
c) 
promuovono e favoriscono la costituzione di cooperative sociali alle quali partecipano soggetti di cui al presente articolo, anche attraverso la concessione di contributi economici.
Art. 7. 
(Abolizione delle barriere architettoniche)
1. 
La Regione, nell'ambito delle proprie competenze, si impegna ad operare per l'abolizione delle barriere architettoniche, in particolare per quanto attiene agli edifici pubblici, ai luoghi di pubblico spettacolo, ai mezzi di trasporto ed ai servizi pubblici in genere.
2. 
Tale attività si esplica anche attraverso l'incentivazione alla costruzione, ristrutturazione e dotazione degli ausili necessari nell'edilizia abitativa singola e collettiva e la promozione, secondo le modalità previste dal Piano socio-sanitario regionale (PSSR), successivamente denominato Piano, dell'applicazione della normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche.
3. 
La concessione dei finanziamenti previsti da leggi regionali è subordinata al rispetto della normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche.
4. 
La Regione per gli edifici di suo utilizzo predispone un piano triennale di adeguamento e ristrutturazione per il superamento delle barriere architettoniche e per gli ausili a sostegno delle persone portatrici di handicap, con specifici finanziamenti integrativi e relativi stanziamenti di bilancio.
5. 
La Regione predispone altresì un piano per l'adeguamento alla normativa vigente dei mezzi di trasporto pubblico gestiti da Enti locali e da società concessionarie, e per l'attivazione e gestione di servizi di trasporto non di linea particolarmente dedicati a persone con grave disabilità da parte dei Comuni; a tale fine sono previsti specifici finanziamenti integrativi e relativi stanziamenti di bilancio da trasferire agli Enti gestori ed ai Comuni, secondo criteri che verranno definiti con specifica deliberazione del Consiglio regionale.
Capo III. 
SOGGETTI TITOLARI E LORO FUNZIONI
Art. 8. 
(Soggetti pubblici titolari di funzioni socio-assistenziali)
1. 
Fatte salve le competenze riservate allo Stato, sono titolari di funzioni socio-assistenziali i seguenti soggetti pubblici:
a) 
Regione;
b) 
Province;
c) 
Comuni.
Art. 9. 
(Funzioni della Regione)
1. 
Spettano alla Regione la programmazione, l'indirizzo e il coordinamento dei servizi socio-assistenziali, nonchè la verifica e il controllo della loro attuazione a livello territoriale.
2. 
Nell'ambito degli obiettivi e degli indirizzi del Piano regionale di sviluppo la Regione:
a) 
approva gli indirizzi di programmazione socio-assistenziale nell'ambito del Piano, ne coordina e ne verifica l'attuazione;
b) 
ripartisce le risorse del Fondo per la gestione delle attività socio-assistenziali secondo i criteri definiti nel Piano, nonchè altre risorse finalizzate previste dalla legge;
c) 
partecipa all'elaborazione degli strumenti di programmazione nazionale dei servizi di assistenza sociale;
d) 
promuove, indirizza e coordina il Sistema informativo socio-assistenziale (successivamente denominato Sistema informativo) regionale e locale, operando in raccordo con il livello nazionale nelle sue diverse articolazioni;
e) 
attua direttamente o in collaborazione con l'Università ed altri enti e istituti specializzati, o promuove, tramite l'incentivazione delle iniziative di altri soggetti, quanto previsto dall'articolo 3.
3. 
La Regione esercita ogni altra funzione ad essa attribuita dalla legge, anche mediante delega e subdelega secondo quanto previsto agli articoli 34 e 38.
Art. 10. 
(Contenuti della programmazione socio-assistenziale regionale)
1. 
Il Piano socio-sanitario triennale della Regione (PSSR), approvato con legge, determina, per quanto attiene la programmazione socio-assistenziale integrata con la programmazione sanitaria:
a) 
gli obiettivi prioritari articolati per settori di intervento;
b) 
gli indirizzi per le politiche inerenti le varie attività e le modalità organizzative delle stesse;
c) 
i raccordi con le scelte della programmazione regionale;
d) 
i requisiti qualitativi e quantitativi degli interventi e del personale;
e) 
le modalità per la verifica del raggiungimento degli obiettivi, anche ai fini di una concreta incentivazione, tramite le risorse di cui alla lettera f), degli enti gestori, che abbiano raggiunto i requisiti qualitativi e quantitativi di cui alla lettera d);
f) 
le priorità di destinazione, per settori di intervento, delle risorse previste dalla Regione nel proprio bilancio pluriennale ed i criteri per il riparto annuale del Fondo per la gestione delle attività socio-assistenziali tra gli enti gestori;
g) 
gli indirizzi per l'integrazione delle attività socio-assistenziali con i servizi territoriali ed in particolare con il servizio sanitario regionale, disciplinando le modalità ed i criteri della messa a disposizione di personale e mezzi per l'esercizio delle attività integrate e per la costituzione di gruppi di lavoro interdisciplinari;
h) 
le direttive per l'esercizio delle funzioni delegate e subdelegate;
i) 
gli indirizzi e le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 11 svolte dalle Province e per la predisposizione della programmazione locale;
l) 
gli indirizzi per l'inserimento, nella gestione associata dei servizi socio-assistenziali di cui all'articolo 13, di altri servizi sociali svolti dai Comuni che partecipano alla gestione stessa;
m) 
gli indirizzi e le modalità per la realizzazione e lo sviluppo del Sistema informativo nelle sue diverse articolazioni territoriali, individuando e definendo i requisiti informativi ed informatici.
Art. 11. 
(Funzioni delle Province)
1. 
Le Province, ai sensi della legislazione vigente e secondo quanto previsto dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 :
a) 
collaborano alla predisposizione del Piano mediante la presentazione di proposte, deliberate dai Consigli provinciali, utili alla predisposizione dei documenti di Piano da sottoporre all'approvazione della Giunta regionale;
b) 
concorrono alla predisposizione della programmazione locale in attuazione del Piano;
c) 
esercitano le funzioni socio-assistenziali ad esse attribuite dalla normativa statale e regionale vigente.
Art. 12. 
(Funzioni dei Comuni)
1. 
I Comuni esercitano, con gli obiettivi e secondo i principi di cui all'articolo 2 e secondo le modalità gestionali di cui all'articolo 13, le funzioni amministrative in materia socio-assistenziale ad essi attribuite dalla legge, realizzando, tramite il servizio socio-assistenziale di cui all'articolo 32, gli interventi previsti dall'articolo 22.
2. 
È altresì di competenza dei Comuni ogni altra attività socio-assistenziale non espressamente attribuita dalla legislazione vigente ad altri soggetti, compresa l'attività di prevenzione delle situazioni di emarginazione sociale. Tale attività è esercitata mediante interventi coordinati definiti da progetti-obiettivo individuati dal Piano.
Capo IV. 
SOGGETTI GESTORI E MODALITÀ GESTIONALI
Art. 13. 
(Soggetti gestori delle attività socio-assistenziali)
1. 
La Regione individua nella gestione associata la forma gestionale idonea a garantire l'efficacia e l'efficienza delle attività socio-assistenziali di competenza dei Comuni.
2. 
I Comuni, nel rispetto dei vincoli della programmazione e degli indirizzi regionali, gestiscono le attività socio-assistenziali secondo le seguenti modalità:
a) 
in forma associata tramite delega all' Unità sanitaria locale (USL), ai sensi dell' articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni;
b) 
tramite consorzi o altre forme associative previste dalla l. 142/1990 tra Comuni o tra Comunità montane oppure tra Comuni e Comunità montane;
c) 
tramite Comunità montana, ai sensi dell' articolo 31, comma 3 della legge regionale 18 giugno 1992, n. 28 ;
d) 
tramite delega individuale all'USL, ai sensi dell' articolo 3, comma 3, del d.lgs. 502/1992 e successive modificazioni;
e) 
direttamente.
3. 
Gli ambiti territoriali di riferimento delle forme associative di cui alle lettere a) e b), del comma 2, sono individuati, di norma, entro i confini delle preesistenti Unità socio-sanitarie locali (USSL) già operanti al 31 dicembre 1994, tenuto conto degli ambiti territoriali dei distretti socio-sanitari di cui all' articolo 4 della legge regionale 22 settembre 1994, n. 39 e con possibilità di accorpamento o di suddivisione degli ambiti distrettuali.
4. 
Le attività per la tutela materno infantile e dell'età evolutiva, le attività a rilievo sanitario di cui all'articolo 16 per gli handicappati e gli anziani non autosufficienti nonchè le attività delegate e subdelegate di cui agli articoli 34 e 38 sono, in ogni caso, esercitate dalle USL o dai Comuni capoluogo di Provincia che non scelgano di partecipare alla gestione associata ovvero dai Consorzi o dalle Associazioni costituite ai sensi della l. n. 142/1990 o dalle Comunità montane operanti entro gli ambiti territoriali di cui al comma 3.
5. 
Le attività socio-assistenziali sono esercitate in via prioritaria in forma diretta dagli Enti di cui al comma 2. Il Piano individua le attività socio-assistenziali il cui esercizio può essere affidato ad altri soggetti e definisce criteri e modalità di tale affidamento.
Art. 14. 
(Gestione associata tramite delega all'Unità sanitaria locale)
1. 
Ai fini della gestione associata tramite delega all'USL è istituita una apposita assemblea tra i Comuni associati composta:
a) 
dal Sindaco per i Comuni fino a cinquemila abitanti;
b) 
dal Sindaco, nonchè da un membro della maggioranza e da un membro della minoranza eletti dal Consiglio comunale con voto limitato, per i Comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti.
2. 
Qualora l'ambito territoriale della Associazione dei Comuni coincida con quello della Comunità montana, l'assemblea dell'Associazione è quella della Comunità montana.
3. 
(...)
[1]
4. 
Quando l'ambito territoriale coincida con quello del Comune o di parte di esso, l'assemblea è costituita dal Consiglio comunale e dai Presidenti delle relative Circoscrizioni.
5. 
I componenti delle assemblee delle Associazioni dei Comuni, già costituite ai sensi della legge regionale 3 settembre 1991, n. 44 alla data del 31 dicembre 1994, si intendono riconfermati fino al rinnovo dei rispettivi Consigli comunali.
6. 
Alle sedute dell'assemblea dell'Associazione dei Comuni partecipano, senza diritto di voto:
a) 
il direttore generale dell'USL che si avvale, per le materie di competenza, della presenza del direttore amministrativo e del direttore sanitario;
b) 
il direttore del servizio socio-assistenziale.
7. 
L'assemblea approva i seguenti atti predisposti dal direttore generale dell'USL:
a) 
i programmi socio-assistenziali relativi all'ambito territoriale di competenza e le loro eventuali modifiche, anche se queste comportano spese non eccedenti il competente stanziamento di bilancio, i criteri per la loro attuazione nonchè gli atti che comportano impegni di spesa pluriennale;
b) 
il bilancio preventivo, le relative variazioni, l'assestamento e il conto consuntivo per la parte socio-assistenziale. In base alle disposizioni normative del Piano viene trasmessa all'assemblea, ai fini conoscitivi, la relazione annuale sull'andamento della gestione e sullo stato di attuazione del Piano di attività e di spesa (PAS);
c) 
la dotazione di personale socio-assistenziale, messo a disposizione dai comuni, necessaria per l'esercizio delle funzioni delegate;
[2]
d) 
le convenzioni di competenza dell'USL concernenti in tutto o in parte la materia socio-assistenziale.
8. 
L'assemblea promuove l'attuazione degli istituti di partecipazione di cui al capo III della l. n. 142/1990 .
9. 
L'assemblea, entro sessanta giorni della sua costituzione, approva il regolamento relativo al proprio funzionamento e lo trasmette al competente settore della Giunta regionale, che formula eventuali osservazioni entro trenta giorni dal ricevimento; i regolamenti già approvati alla data del 31 dicembre 1994 si ritengono confermati.
10. 
L'assemblea nomina un Presidente ed un Vicepresidente a maggioranza assoluta dei componenti.
11. 
I Presidenti delle assemblee di una stessa USL, costituiti in apposita Commissione, mantengono i rapporti operativi con la direzione dell'USL e, in particolare:
a) 
svolgono funzioni di raccordo tra i Comuni dell'Associazione e l'USL;
b) 
procedono a verifiche generali sull'andamento complessivo delle attività socio-assistenziali svolte dall'USL;
c) 
esprimono parere obbligatorio sugli atti predisposti dal direttore generale in materia socio-assistenziale da sottoporre all'approvazione delle assemblee delle Associazioni dei Comuni.
Art. 15. 
(Incentivazione della gestione associata)
1. 
In coerenza con quanto previsto all'articolo 13, comma 1, la Regione incentiva la gestione associata, in particolare nelle forme previste dalla l. n. 142/1990 , nell'ambito del riparto del Fondo per la gestione delle attività socio-assistenziali.
2. 
Al fine di assicurare una organizzazione omogenea sul territorio delle forme associative di cui al comma 1, la Giunta regionale, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, approva appositi schemi di convenzione-tipo e di statuto -tipo relativi alle diverse forme associative.
3. 
In conformità alle indicazioni del Piano i Comuni possono attribuire alle forme associative di cui al comma 1 la gestione di ulteriori servizi sociali di loro competenza.
Art. 16. 
(Attività socio-assistenziali a rilievo sanitario e relative alla tutela materno infantile e dell'età evolutiva)
1. 
I soggetti gestori, di cui all'articolo 13, comma 4, esercitano le attività socio-assistenziali a rilievo sanitario relative agli handicappati ed agli anziani non autosufficienti e le attività inerenti la tutela materno infantile e dell'età evolutiva, stipulando apposite convenzioni con le USL, nel rispetto delle indicazioni contenute nella normativa nazionale ed, in particolare, per il settore dell'handicap, nell' articolo 40 della l. n. 104/1992 , nonchè nel Piano. Nel caso di gestione mediante delega all'USL, le suddette attività sono esercitate sulla base di specifici protocolli operativi tra il servizio socio-assistenziale ed i servizi sanitari.
2. 
Le convenzioni di cui al comma 1 indicano le prestazioni socio-assistenziali e sanitarie erogate, nonchè le risorse materiali, finanziarie e di personale impiegate, e sono adottate sulla base di un disciplinare tipo approvato dalla Giunta regionale entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
3. 
In caso di mancato accordo fra gli enti di cui al comma 1 e l'USL, la Giunta regionale interviene, secondo le modalità previste dal Piano, per garantire lo svolgimento delle attività di cui al presente articolo.
Art. 17. 
(Programmazione locale dei servizi socio-assistenziali)
1. 
I soggetti gestori delle attività socio-assistenziali di cui all'articolo 13, in attuazione degli obiettivi del Piano, predispongono il PAS per la gestione dei servizi socio-assistenziali, con validità temporale pari a quella del Piano, con il quale vengono individuati gli obiettivi da perseguire e fissate le scelte gestionali relative al periodo di riferimento.
2. 
Al PAS è data attuazione annualmente attraverso uno specifico programma, da adottare contestualmente al bilancio di previsione, avente ad oggetto tutti gli interventi da concretizzarsi nell'anno di riferimento, con la quantificazione della relativa spesa, nei limiti delle risorse disponibili.
3. 
I soggetti gestori di cui al comma 1 adottano annualmente, contestualmente al conto consuntivo, la relazione annuale sull'andamento della gestione e sullo stato di attuazione del PAS.
4. 
Le modalità per l'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2 e 3, nonchè le procedure per l'approvazione dei medesimi da parte della Giunta regionale sono definite nel Piano.
Art. 18. 
(Altri soggetti esercitanti attività socio-assistenziali)
1. 
Nell'ambito degli obiettivi e degli indirizzi definiti dalla programmazione regionale e locale e nel rispetto dell' articolo 38 della Costituzione e della legislazione vigente, concorrono alla realizzazione del sistema socio-assistenziale enti, istituzioni pubbliche e soggetti privati, dotati o meno di personalità giuridica, che svolgono attività socio-assistenziale, nonchè i cittadini che in forme individuali, familiari o associative realizzano, anche volontariamente, prestazioni socio-assistenziali.
2. 
In particolare, per il conseguimento delle finalità di cui alla presente legge e degli obiettivi individuati dalla programmazione regionale e locale, concorrono, secondo la propria specificità e competenza, le organizzazioni di volontariato e le cooperative sociali di cui alla legge regionale 29 agosto 1994, n. 38 ed alla legge regionale 9 giugno 1994, n. 18 .
Art. 19. 
(Organizzazioni di volontariato)
1. 
Secondo quanto disposto dalla l.r. n. 38/1994 , la Regione, gli Enti locali e gli altri enti pubblici, per il conseguimento delle finalità di cui alla presente legge, possono stipulare con le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale apposite convenzioni. In esse sono stabiliti i rapporti, comprese le modalità per la messa a disposizione delle organizzazioni della eventuale documentazione necessaria per lo svolgimento delle attività previste in convenzione.
2. 
La Regione e gli enti gestori delle funzioni socio-assistenziali promuovono la partecipazione dei volontari delle organizzazioni iscritte nel registro ai corsi di formazione e di aggiornamento, nell'ambito di specifici progetti.
Art. 20. 
(Cooperazione sociale)
1. 
La Regione identifica e valorizza le cooperative sociali, iscritte alla sezione A dell'albo regionale, di cui alla l.r. n. 18/1994 , quali soggetti specificatamente caratterizzati per la gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi. Riconosce e promuove la cooperazione sociale di inserimento lavorativo per la sua precisa finalizzazione volta a fornire opportunità di lavoro ed integrazione sociale alle persone svantaggiate.
Capo V. 
INTERVENTI SOCIO-ASSISTENZIALI, DESTINATARI ED ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI
Art. 21. 
(Destinatari degli interventi socio-assistenziali)
1. 
Gli interventi socio-assistenziali sono garantiti, secondo le modalità previste dalla legge, a tutti i cittadini residenti nel territorio della Regione Piemonte.
2. 
Gli interventi socio-assistenziali si estendono anche agli stranieri ed agli apolidi residenti nel territorio della Regione, nel rispetto della normativa vigente.
3. 
Tali interventi secondo quanto previsto da accordi internazionali in materia, sono assicurati ai soggetti stranieri presenti nel territorio regionale, fatto salvo il diritto di rivalsa da parte dell'ente erogante, secondo quanto disposto dalla normativa vigente.
4. 
Tutte le persone dimoranti nel territorio della Regione hanno comunque diritto agli interventi socio-assistenziali non differibili, da erogarsi secondo le modalità di cui alla presente legge.
Art. 22. 
(Interventi socio-assistenziali)
1. 
L'attività socio-assistenziale si svolge mediante interventi di sostegno del nucleo familiare e del singolo, nonchè mediante interventi di sostituzione, anche temporanea, del nucleo familiare, ove quelli di sostegno risultino impraticabili. In particolare si svolge sotto forma di:
a) 
assistenza economica;
b) 
assistenza domiciliare;
c) 
assistenza socio-educativa territoriale;
d) 
assistenza alla persona disabile ex articolo 9 l. n. 104/1992 ;
e) 
affidamenti presso famiglie, persone singole o comunità di tipo familiare;
f) 
interventi per minori e incapaci nell'ambito dei rapporti con l'Autorità giudiziaria;
g) 
inserimenti in centri diurni socio-assistenziali;
h) 
inserimenti in presidi residenziali socio-assistenziali.
2. 
Rientrano fra i precedenti anche gli interventi di cui all' articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 .
3. 
L'attività socio-assistenziale comporta anche interventi, secondo le rispettive competenze, d'intesa con enti ed organismi competenti in altri settori, in particolare nel settore sanitario, scolastico, previdenziale, giudiziario e penitenziario.
4. 
I livelli minimi delle attività socio-assistenziali sono stabiliti dal Piano.
Art. 23. 
(Modalità e caratteristiche degli interventi)
1. 
Gli interventi socio-assistenziali garantiscono prestazioni rispondenti alle specifiche esigenze della persona. Sono attuati quanto più è possibile nell'ambito del nucleo familiare, stimolando le risorse e le potenzialità presenti nell'individuo e nel nucleo familiare stesso. Avvengono nel normale ambiente di vita e con la partecipazione dell'avente diritto, nel rispetto della sua dignità e libertà, nonchè delle sue personali convinzioni.
2. 
Sono garantiti all'assistito la più ampia informazione, la possibilità di scelta motivata nell'accesso ai servizi ed alle strutture ed il rapporto con la famiglia.
Art. 24. 
(Assistenza economica)
1. 
Gli interventi economici sono diretti ai singoli o ai nuclei familiari in condizioni economiche che non consentono il soddisfacimento dei bisogni fondamentali della vita, oppure in stato di bisogno straordinario, al fine di promuoverne l'autonomia.
2. 
Gli interventi possono essere eccezionali e straordinari, ovvero di carattere continuativo, sempre limitatamente al permanere della situazione di bisogno.
3. 
Interventi economici possono essere fatti in sostituzione di altri tipi di prestazioni socio-assistenziali valutate indispensabili per il sostegno dell'autonomia delle persone in difficoltà, per il superamento di contingenti situazioni di emarginazione sociale o di istituzionalizzazione.
4. 
Detti interventi sono effettuati in conformità agli indirizzi del Piano e nell'ambito dei criteri stabiliti dalla programmazione locale.
Art. 25. 
(Assistenza domiciliare)
1. 
Gli interventi di assistenza domiciliare sono diretti a persone o a nuclei familiari in situazioni di disagio o di parziale o totale non autosufficienza che non sono in grado, anche temporaneamente, di garantire il soddisfacimento delle esigenze personali, domestiche e relazionali, con lo scopo di salvaguardare l'autonomia degli individui e la loro permanenza nel proprio nucleo familiare o nella propria residenza.
2. 
L'assistenza domiciliare consiste in prestazioni di aiuto, da parte di personale in possesso dei requisiti professionali previsti dalla presente legge, per il governo della casa e per il soddisfacimento dei bisogni essenziali della persona e ove necessario, per consentire l'accesso ai servizi territoriali, nonchè per il supporto o la sostituzione temporanea del nucleo familiare delle persone in difficoltà.
3. 
L'assistenza domiciliare viene attivata altresì, in collaborazione con la sanità, nel contesto dei protocolli e delle direttive predisposti dalla Amministrazione regionale per l'attuazione dell'Assistenza domiciliare integrata (ADI) da parte dell'USL.
Art. 26. 
(Assistenza educativa territoriale)
1. 
L'assistenza socio-educativa territoriale consiste in interventi di sostegno alla famiglia, anche per la promozione della corresponsabilità genitoriale o a singoli soggetti a rischio di emarginazione, mediante attività di tipo educativo, culturale, ricreativo, mirati all'inserimento ed all'integrazione nella società.
2. 
Gli interventi di cui al comma 1 vengono attuati, secondo la specificità dei singoli casi, in collaborazione con i servizi sanitari, educativi, scolastici e con tutti gli altri servizi territoriali, i quali intervengono ciascuno per la propria competenza, anche per quanto attiene agli oneri finanziari derivanti dagli interventi stessi.
Art. 27. 
(Assistenza alla persona disabile ex articolo 9 legge 5 febbraio 1992, n. 104 )
1. 
L'assistenza alla persona disabile prevista all' articolo 9 l. n. 104/1992 consiste in interventi di aiuto personale diretti alle persone handicappate in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale.
2. 
L'attività di aiuto personale raggruppa funzionalmente tutti gli interventi finalizzati a garantire l'autonomia della persona con gravi disabilità temporanee o permanenti. In particolare, si realizza attraverso prestazioni finalizzate a soddisfare esigenze personali connesse con l'espletamento delle funzioni usuali della vita quotidiana, con la vita di relazione, con la possibilità di soddisfare interessi di studio, professionali, culturali e di tempo libero del soggetto.
Art. 28. 
(Affidamenti presso famiglie, persone singole o comunità di tipo familiare)
1. 
Gli interventi di affidamento sono rivolti a minori, persone anziane, handicappate o comunque parzialmente o totalmente non autosufficienti, le quali non possono essere adeguatamente assistite nell'ambito della famiglia di appartenenza, e possono essere disposti presso famiglie o persone singole o comunità di tipo familiare.
2. 
Gli affidamenti di persone anziane, handicappate o comunque parzialmente o totalmente non autosufficienti, hanno carattere di temporaneità e sono attuati con il consenso dell'interessato o di chi esercita la tutela, mantenendo il soggetto nel suo ambiente sociale, salvo che ciò sia pregiudizievole al soggetto stesso.
3. 
Gli affidamenti familiari di minori sono rivolti a soggetti temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo, al fine di assicurare loro il mantenimento, l'educazione e l'istruzione, a norma dell'articolo 2 e secondo le modalità previste dagli articoli 4 e 5 della legge 4 maggio 1983, n. 184 .
4. 
La Regione determina, nell'ambito del Piano, i criteri, le condizioni e le modalità di sostegno alle famiglie , alle persone singole e alle comunità di tipo familiare che hanno soggetti in affidamento, affinchè tale intervento si possa fondare sulla disponibilità e l'idoneità all'accoglienza, indipendentemente dalle condizioni economiche ed anche in attuazione, per quanto riguarda l'affidamento di minori, dell' articolo 80, comma 3, l. n. 184/1983 .
Art. 29. 
(Interventi per minori e incapaci nell'ambito dei rapporti con l'Autorità giudiziaria)
1. 
L'assistenza ai minori, nell'ambito dei rapporti con l'Autorità giudiziaria, si attua mediante interventi di sostegno alla famiglia di origine o affidataria o adottiva nonchè attraverso interventi di sostituzione del nucleo familiare, secondo i principi e le finalità di cui alla l. n. 184/1983 e in attuazione della legislazione vigente. Si attua, altresì, attraverso attività di collaborazione con l'Autorità giudiziaria, nei casi e secondo le modalità previste dalla legge.
2. 
L'assistenza agli adulti incapaci, nei cui confronti sia promosso procedimento di interdizione o inabilitazione, è attuata mediante interventi di sostegno e di collaborazione con l'autorità giudiziaria, ove richiesta.
Art. 30. 
(Centri diurni socio-assistenziali)
1. 
I centri diurni socio-assistenziali sono presidi a carattere semi residenziale per favorire la vita di relazione a persone in stato di difficoltà e per sostenere le relative famiglie. I relativi requisiti strutturali e gestionali sono individuati nelle deliberazioni attuative del Piano.
2. 
Rientrano tra detti presidi anche i centri diurni socio-assistenziali a valenza educativa che perseguono lo scopo di favorire la vita di relazione a persone ultra quattordicenni con grave disabilità mentale, anche associata a menomazioni o disabilità fisiche e sensoriali, le cui condizioni non consentano di prevedere la possibilità di un inserimento lavorativo, essendo già stati esperiti negativamente sia l'inserimento scolastico, sia l'inserimento nella formazione professionale e nei corsi prelavorativi.
3. 
I centri diurni socio-educativi destinati a persone con gravi disabilità di cui al comma 2, in quanto svolgono attività socio-assistenziali a rilievo sanitario, sono gestiti in forma integrata secondo le procedure previste nell'articolo 16.
Art. 31. 
(Presidi socio-assistenziali residenziali)
1. 
I presidi socio-assistenziali a carattere residenziale sono individuati nelle deliberazioni attuative del Piano che ne definiscono anche i relativi requisiti strutturali e gestionali.
2. 
I presidi di cui al comma 1 comprendono anche:
a) 
le micro comunità destinate a soggetti in grado di autogestirsi con l'appoggio di idoneo personale;
b) 
le comunità alloggio protette per soggetti handicappati con autonomia personale gravemente limitata nei confronti dei quali è richiesto anche l'apporto della funzione a valenza sanitaria, secondo quanto previsto dal Piano, al fine di garantire la necessaria integrazione degli interventi.
3. 
I servizi sanitari e quelli socio-assistenziali esistenti sul territorio intervengono a favore degli ospiti con le stesse modalità seguite per la restante popolazione.
4. 
L'inserimento nei presidi residenziali socio-assistenziali è limitato al tempo per cui perdura l'impossibilità di effettuare interventi presso il domicilio del soggetto. È effettuato con il consenso del soggetto stesso, quando in grado di esprimere la propria volontà o in caso contrario, con il consenso di chi esercita la potestà genitoriale o la tutela o curatela ovvero in attuazione di un provvedimento dell'Autorità giudiziaria.
5. 
Per adeguare la rete dei propri servizi alle esigenze degli utenti, gli Enti locali possono effettuare interventi di ricovero negli istituti pubblici e privati esistenti sul territorio anche mediante convenzioni con Enti ed organismi privi di scopo di lucro, che diano garanzie di funzionalità nel quadro degli indirizzi e degli orientamenti indicati dal Piano.
6. 
In carenza sul territorio di presidi pubblici o di presidi di cui al comma 5, o di loro inidoneità, gli Enti locali possono attuare convenzioni anche con presidi privati autorizzati, nei limiti e con le modalità previste dal Piano.
7. 
Agli ospiti dei presidi residenziali socio-assistenziali è garantita la possibilità di assistenza religiosa.
Art. 32. 
(Servizio socio-assistenziale)
1. 
Le attività socio-assistenziali di cui all'articolo 22 sono organizzate nel servizio socio-assistenziale, secondo quanto previsto dal Piano.
2. 
Il servizio socio-assistenziale opera per la protezione e la tutela dei soggetti in stato di difficoltà e, in particolare, dei minori, dei soggetti portatori di handicap, degli adulti e degli anziani soggetti a rischio di emarginazione, esercitando le azioni necessarie per prevenire e rimuovere gli stati di bisogno.
3. 
A tal fine, il servizio socio-assistenziale, in particolare, provvede:
a) 
alla rilevazione e all'analisi conoscitiva dei bisogni e delle risorse del territorio;
b) 
alla programmazione degli interventi socio-assistenziali e alla verifica della loro attuazione;
c) 
alla prevenzione dei fattori di emarginazione e di disagio sociale;
d) 
all'erogazione degli interventi e delle prestazioni socio-assistenziali previste dalla legislazione vigente;
e) 
allo svolgimento di eventuali attività delegate e subdelegate previste dalla legge;
f) 
al collegamento con i servizi sanitari, educativi, scolastici, dell'Amministrazione giudiziaria e con gli altri servizi e risorse sociali territoriali per consentire l'erogazione di interventi coordinati ed integrati;
g) 
all'informazione sui servizi socio-assistenziali attivati nonchè alla sensibilizzazione del territorio sulle problematiche sociali.
Capo VI. 
FUNZIONI AMMINISTRATIVE REGIONALI
Art. 33. 
(Esercizio diretto di funzioni amministrative regionali)
1. 
La Regione esercita le seguenti funzioni amministrative:
a) 
concede, con deliberazione della Giunta regionale, l'autorizzazione preventiva all'alienazione e alla trasformazione di destinazione d'uso di beni immobili e di titoli di proprietà delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) ed alla costituzione di diritti reali sugli stessi;
b) 
(...)
[3]
c) 
esercita ogni altra funzione prevista dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972 ;
d) 
concede, con deliberazione della Giunta regionale, l'autorizzazione allo svincolo di destinazione d'uso di beni immobili o di titoli pervenuti in proprietà ai Comuni per effetto dell'estinzione di IPAB o di Enti comunali di assistenza (ECA) e alla costituzione di diritti reali sugli stessi;
e) 
esercita, secondo le modalità tecniche, amministrative e organizzative definite dal Piano, l'attività di controllo sull'esercizio delle funzioni socio-assistenziali da parte degli enti gestori.
Art. 34.[4] 
(Delega di funzioni amministrative regionali)
1. 
La Regione, secondo gli indirizzi definiti dal Piano, delega ai soggetti che gestiscono le attività socio-assistenziali nelle forme di cui all'articolo 13, comma 4, le seguenti funzioni amministrative:
a) 
la vigilanza ed il controllo sugli organi delle IPAB, nei limiti di cui alla legislazione statale vigente e purchè non siano attribuiti al Comitato regionale di controllo previsto dall' articolo 130 della Costituzione , a norma dell'articolo 1, commi 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 9 (Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di beneficenza pubblica e del relativo personale). Restano di competenza della Giunta regionale le funzioni relative alla sospensione ed allo scioglimento dei Consigli di amministrazione e la nomina del commissario straordinario;
b) 
la nomina dei membri dei Consigli di amministrazione delle IPAB, quando questa sia di competenza regionale. Detta nomina è effettuata d'intesa con l'amministrazione regionale;
c) 
la dichiarazione di decadenza dei membri dei Consigli di amministrazione delle IPAB nei casi previsti dalla legge;
d) 
le funzioni amministrative relative all'organizzazione e gestione degli interventi di formazione del personale socio-assistenziale, nell'ambito degli indirizzi definiti dal Piano relativamente alla formazione di base, riqualificazione, aggiornamento e formazione permanente.
2. 
La Regione, secondo gli indirizzi definiti dal Piano, delega alle USL le seguenti funzioni amministrative:
a) 
il rilascio, la modifica, la sospensione e la revoca dell'autorizzazione al funzionamento dei presidi socio-assistenziali di cui all' articolo 27 della legge regionale 23 aprile 1990, n. 37 (Norme per la programmazione socio-sanitaria regionale e per il piano socio-sanitario regionale per il triennio 1990-92), ai sensi degli articoli 36 e 37;
b) 
la vigilanza, la verifica ed il controllo dei requisiti gestionali e strutturali sui presidi socio-assistenziali previsti dalla normativa vigente;
c) 
il rilascio, la sospensione e la revoca dell'autorizzazione al funzionamento e la vigilanza sugli asili nido privati e sui servizi di vacanza per minori, nell'ambito della normativa statale e regionale relativa alla protezione della maternità e dell'infanzia.
3. 
I soggetti delegati istituiscono una Commissione di vigilanza, di cui si avvalgono per lo svolgimento delle funzioni di cui al comma 2.
4. 
All'interno della Commissione di vigilanza, le cui modalità operative sono definite dalle specifiche disposizioni regionali vigenti, è presente personale dotato di competenza sanitaria e tecnica e personale dotato di competenza socio-assistenziale, messo a disposizione dai soggetti gestori delle attività socio-assistenziali territorialmente competenti.
5. 
Fino alla definizione di un modello sovraziendale con competenze di coordinamento, le funzioni di cui al comma 2, sono esercitate dal Comune di Torino per il proprio ambito territoriale.
Art. 35. 
(Esercizio delle funzioni amministrative regionali in materia di formazione professionale)
1. 
Gli interventi di cui all'articolo 34, comma 1, lettera d) forniscono una preparazione professionale che, tenendo conto della peculiarità del settore socio-assistenziale, mira alla realizzazione degli obiettivi della legge.
[5]
2. 
Per esercitare dette funzioni i soggetti delegati si avvalgono dei propri uffici o dei servizi e delle attività di enti pubblici e privati, mediante convenzioni.
3. 
La Regione può realizzare specifiche iniziative riguardanti l'intero territorio regionale, attività di ricerca, progettazione, sperimentazione di nuove proposte formative e di innovazioni didattiche direttamente, anche in collaborazione con l'Università, altri enti ed istituti specializzati.
Art. 36. 
(Autorizzazione al funzionamento di presidi socio-assistenziali)
1. 
A chiunque intenda aprire un presidio socio-assistenziale residenziale o semiresidenziale, è richiesto il possesso dell'autorizzazione regionale al funzionamento che è rilasciata dal soggetto delegato alla gestione delle funzioni di vigilanza e di controllo di cui all'articolo 34, competente per territorio.
2. 
L'autorizzazione è rilasciata sulla base della verifica del rispetto dei requisiti strutturali e gestionali individuate dal Piano e dall'osservanza della normativa vigente.
3. 
I presidi socio-assistenziali funzionanti, già in possesso dell'autorizzazione al funzionamento, sono tenuti ad adeguarsi ai requisiti strutturali e gestionali individuati nelle deliberazioni attuative del Piano secondo le modalità e i tempi in esse indicati.
4. 
La permanenza dei requisiti richiesti all'atto del rilascio dell'autorizzazione è verificata mediante l'attività di vigilanza e di controllo. Eventuali variazioni dei presupposti che hanno dato luogo al rilascio dell'autorizzazione, comportano la modifica dell'autorizzazione stessa.
5. 
In caso di diniego dell'autorizzazione al funzionamento è ammessa opposizione da parte degli aventi diritto, da presentarsi, entro venti giorni dalla notifica, alla Giunta regionale, che si pronuncia entro sessanta giorni dal ricevimento.
Art. 37. 
(Sospensione e revoca dell'autorizzazione al funzionamento di presidi socio-assistenziali)
1. 
Qualora siano venuti meno i requisiti che hanno dato luogo al rilascio dell'autorizzazione, il soggetto, delegato alla gestione delle funzione di vigilanza e di controllo, prescrive al soggetto gestore del presidio un congruo termine per ripristinarli prevedendo altresì le temporanee prescrizioni per garantire la sicurezza degli utenti e degli operatori.
2. 
Qualora le prescrizioni di cui al comma 1, siano di particolare rilievo strutturale o gestionale, il soggetto delegato alle funzioni di vigilanza e di controllo può prevedere, contestualmente alle prescrizioni stesse, la successiva sospensione dell'autorizzazione in caso di inottemperanza.
3. 
Qualora le violazioni accertate comportino rilevanti pregiudizi per gli utenti o per gli operatori, il soggetto, delegato alla gestione delle funzioni di vigilanza, può sospendere immediatamente l'autorizzazione.
4. 
Il provvedimento di sospensione, adottato dal soggetto vigilante, comporta la temporanea chiusura del presidio per il periodo indicato nel provvedimento stesso.
5. 
Quando il soggetto vigilante accerti il superamento delle condizioni che hanno giustificato la sospensione dell'autorizzazione, ne prende atto con apposita deliberazione, interrompendo la sospensione stessa.
6. 
La revoca dell'autorizzazione al funzionamento, che comporta la chiusura definitiva del presidio, è disposta dal soggetto delegato alla vigilanza, qualora questo accerti:
a) 
la cessazione dell'attività socio-assistenziale nel presidio autorizzato;
b) 
la permanenza delle condizioni che hanno dato luogo al provvedimento di sospensione alla scadenza del termine concesso per l'eliminazione delle stesse.
7. 
In caso di chiusura temporanea o definitiva del presidio, i soggetti interessati, in collaborazione con l'Amministrazione regionale, concordano un piano di dimissioni degli ospiti.
8. 
Contro i provvedimenti di sospensione e di revoca dell'autorizzazione al funzionamento è ammessa opposizione da parte degli aventi diritto, da presentarsi, entro venti giorni dalla notifica, alla Giunta regionale che si pronuncia entro sessanta giorni dal ricevimento.
Art. 38. 
(Subdelega di funzioni amministrative regionali)
1. 
La Regione esercita, secondo gli indirizzi definiti dal Piano, subdelegandole ai soggetti che gestiscono le attività socio-assistenziali nelle forme di cui all'articolo 13, comma 4, le funzioni di controllo pubblico, previste dagli articoli 23 e 25 del codice civile , sull'amministrazione delle persone giuridiche private di cui all' articolo 12 del codice civile , operanti nelle materie di cui all' articolo 22 del d.p.r. n. 616/1977 e le cui finalità si esauriscono nell'ambito della Regione. Restano di competenza della Giunta regionale le funzioni relative allo scioglimento dei Consigli di amministrazione e la nomina dei Commissari straordinari.
Art. 39. 
(Modalità per l'esercizio diretto delle funzioni amministrative regionali, nonchè delle funzioni delegate e subdelegate)
1. 
La Regione con il Piano impartisce direttive per l'esercizio delle funzioni proprie delegate e subdelegate, assicurando finanziamenti adeguati.
2. 
Qualora i soggetti delegati e subdelegati non esercitano tali funzioni, la Giunta regionale, dopo averli sentiti e previa assegnazione di un congruo termine per provvedere, si sostituisce ad essi nelle attività non adempiute.
3. 
La Regione esercita le funzioni di cui all'articolo 33 concernenti le IPAB, nonchè le funzioni di cui alla lettera d) dell'articolo 33 acquisendo i necessari elementi di valutazione del soggetto gestore delle funzioni di vigilanza e controllo della zona in cui l'ente ha la sede legale.
4. 
Le autorizzazioni regionali di cui alle lettere a) e d) dell'articolo 33 relative a beni immobili sono rilasciate sulla base del valore dei beni stessi ricavato da una perizia giurata ed asseverata predisposta da tecnici incaricati dall'ente interessato e regolarmente iscritti presso i relativi ordini professionali.
5. 
I beni mobili ed immobili, le relative rendite e i proventi derivanti alle IPAB dalle operazioni di cui alla lettera a) dell'articolo 33 sono esclusivamente destinati alle finalità socio-assistenziali previste dagli statuti dei singoli enti interessati.
Capo VII. 
PERSONALE E BENI DESTINATI AI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI
Art. 40. 
(Utilizzo dei beni immobili vincolati a finalità socio-assistenziali)
1. 
I beni dei Comuni e delle preesistenti USSL, vincolati o già destinati a finalità socio-assistenziali, compresi quelli pervenuti in proprietà ai Comuni stessi per effetto dell'estinzione di IPAB e di ECA, idonei allo svolgimento di attività socio-assistenziali, mantengono tale destinazione ed il loro uso è definito secondo quanto disposto dal Piano.
2. 
Eventuali deroghe al vincolo di destinazione d'uso dei beni immobili di cui al comma 1, possono essere eccezionalmente autorizzate dalla Giunta regionale qualora sia stato soddisfatto il fabbisogno di strutture socio-assistenziali della zona in cui i beni sono ubicati, fermo restando che i relativi proventi sono destinati permanentemente a finalità socio-assistenziali.
3. 
I beni immobili di cui al comma 1, che non sono idonei per lo svolgimento di attività socio-assistenziali, fermo restando che le relative rendite sono vincolate a finalità socio-assistenziali, possono essere alienati, previa autorizzazione rilasciata dalla Giunta regionale. I relativi proventi sono utilizzati prioritariamente per la realizzazione, la ristrutturazione e la manutenzione di strutture socio-assistenziali.
4. 
La Regione promuove l'ottimale utilizzo del patrimonio immobiliare dei Comuni vincolato a finalità socio-assistenziali, nel rispetto dell'autonomia dei singoli enti, anche mediante proposte di riconversione del patrimonio non idoneo allo svolgimento di attività socio-assistenziali in strutture direttamente utilizzabili per le stesse attività.
Art. 41.[6] 
(Personale dei servizi socio-assistenziali)
1. 
Dalla data di assunzione delle funzioni socio-assistenziali da parte degli enti gestori di cui all'articolo 13 e, comunque, dal 1 gennaio 1997, è trasferito, nelle piante organiche (PO) dei comuni, delle comunità montane o loro consorzi, il personale dei servizi socio-assistenziali:
a) 
dei comuni e delle comunità montane che, alla data del 31 dicembre 1994, era a disposizione del servizio socio-assistenziale delle preesistenti Unità socio sanitarie locali (USSL);
b) 
delle province, messo a disposizione dai servizi socio-assistenziali ai sensi della legge regionale 23 aprile 1992, n. 24;
c) 
delle PO funzionali di cui all'articolo 47 comma 3, compreso il personale assunto nelle stesse entro il 31 dicembre 1996, in seguito a specifica autorizzazione regionale.
2. 
Nel caso di gestione tramite l'Unità sanitaria locale (USL) il personale, di cui al comma 1, è posto a disposizione della USL.
3. 
Le PO del personale socio-assistenziale sono attivate nei limiti delle attività esercitate da ciascuno degli enti di cui all'articolo 13 e sono determinate dagli enti stessi sulla base dei carichi di lavoro necessari per garantire i livelli programmati delle attività socio-assistenziali.
4. 
Al personale, di cui al comma 1, si applica la normativa del comparto Enti locali, fatto salvo il mantenimento ad esaurimento dei trattamenti economici pregressi.
Art. 42. 
(Requisiti professionali del personale dei servizi socio-assistenziali)
1. 
La Regione definisce, nel Piano, nel rispetto della normativa statale in materia, le figure professionali, i requisiti professionali e i requisiti di accesso del personale addetto ai servizi socio-assistenziali.
2. 
Nelle more dell'approvazione del Piano le funzioni proprie delle figure professionali di "assistente domiciliare e dei servizi tutelari" e di "educatore professionale" sono quelle definite nella normativa regionale vigente.
3. 
Per lo svolgimento delle funzioni di cui al comma 2, agli operatori è richiesto il possesso rispettivamente:
a) 
dell'attestato regionale di qualifica di "assistente domiciliare e dei servizi tutelari" o altra qualifica equipollente, conseguita in esito a corsi specifici riconosciuti dalla Regione;
b) 
del diploma di "educatore professionale" o di "educatore specializzato" o altro titolo equipollente conseguito in esito a corsi biennali o triennali post-secondari, riconosciuti dalla Regione o rilasciati dall'Università.
4. 
L'assunzione dell'assistente domiciliare e dei servizi tutelari alla IV qualifica funzionale presso gli enti pubblici avviene per concorso pubblico.
5. 
Gli operatori di cui al comma 2, in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge e privi dei requisiti professionali suddetti devono essere riqualificati ai sensi del comma 3, entro i termini stabiliti nel Piano.
6. 
Per l'accesso ai posti di "educatore agli handicappati" previsti nelle piante organiche, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347 , sono considerati requisiti sufficienti, in deroga a quanto disposto al comma 3 e fino alla data del 31 dicembre 1995, il diploma di istruzione secondaria di secondo grado, unitamente ad almeno due anni di esperienza nella funzione, ferma restando la necessità della successiva riqualificazione ai sensi della normativa vigente.
[7]
Art. 43. 
(Direttore del servizio socio-assistenziale)
1. 
Gli enti di cui all'articolo 13, comma 4, gestori delle funzioni socio-assistenziali, prevedono nella propria pianta organica un posto di direttore socio-assistenziale con qualifica apicale, secondo i rispettivi ordinamenti.
2. 
Il direttore socio-assistenziale deve essere in possesso del diploma di laurea e deve avere svolto per almeno cinque anni attività di direzione in settori sociali o socio-sanitari di enti o strutture pubbliche ovvero in strutture private di medie o grandi dimensioni, ivi comprese quelle del privato sociale.
3. 
I responsabili-coordinatori dei servizi socio-assistenziali che rivestivano nei rispettivi servizi, alla data del 31 dicembre 1994, qualifiche dirigenziali ovvero posizioni funzionali apicali, assumono, ad esaurimento, la funzione di direttore socio-assistenziale, mantenendo la posizione funzionale pregressa, a prescindere dall'eventuale nuova tipologia organizzativa adottata dagli enti di cui al comma 1.
Capo VIII. 
DISPOSIZIONI FINANZIARIE
Art. 44. 
(Modalità di finanziamento delle attività socio-assistenziali)
1. 
Fatti salvi i finanziamenti provenienti dallo Stato vincolati a specifiche finalità, le attività socio-assistenziali di cui all'articolo 22 sono finanziate dai Comuni, con il concorso della Regione e degli utenti, nonchè dal Fondo sanitario regionale per le specifiche attività di cui all'articolo 16, secondo quanto previsto dalla normativa vigente e dalle convenzioni di cui all'articolo 16.
2. 
I Comuni, che partecipano alla gestione associata dei servizi socio-assistenziali, sono tenuti ad iscrivere nel proprio bilancio le quote di finanziamento stabilite dall'organo associativo competente e ad operare i relativi trasferimenti in termini di cassa alle scadenze previste dai soggetti gestori.
3. 
La Regione ripartisce annualmente con deliberazione del Consiglio regionale, secondo i criteri definiti dal Piano verificati annualmente in ordine alla necessità di garantire la realizzazione di servizi qualitativamente e quantitativamente omogenei sul territorio, il Fondo per la gestione delle attività socio-assistenziali, che fa capo a tre distinti capitoli del bilancio regionale, denominati:
a) 
Fondo per la gestione delle attività socio-assistenziali: risorse regionali;
b) 
Fondo per la gestione delle attività socio-assistenziali: trasferimenti dalle Province ( l.r. n. 24/1992 );
c) 
Fondo per la gestione delle attività socio-assistenziali: assegnazioni statali non vincolate.
4. 
Ai fini della predisposizione della programmazione locale, la Regione comunica annualmente, in via presuntiva, prima della data entro la quale gli enti gestori sono tenuti a presentare il bilancio di previsione, l'ammontare delle quote del Fondo per la gestione delle attività socio-assistenziali spettanti a ciascun ente per l'anno successivo. Le risorse regionali di cui al comma 3, lettera a), non devono essere complessivamente inferiori a quelle dell'anno in corso, incrementate del tasso di inflazione programmato.
5. 
Le funzioni delegate e subdelegate sono finanziate dalla Regione mediante l'istituzione, a partire dall'esercizio finanziario 1996, di due capitoli con la denominazione rispettivamente di "Funzioni socio-assistenziali delegate: Vigilanza assegnazione di finanziamenti agli enti delegati" e "Funzioni socio-assistenziali delegate: formazione professionale - assegnazione di finanziamenti agli enti delegati", la cui dotazione è definita dalle leggi di approvazione del bilancio. Le relative risorse sono ripartite tra gli enti delegati secondo i criteri definiti dal Piano.
6. 
Per le finalità di cui all'articolo 9, comma 2, lettera e), a partire dall'esercizio finanziario 1996, sono istituiti due capitoli con la denominazione rispettivamente di "Spese per attività di formazione, informazione, studi, ricerche e progetti nel settore socio-assistenziale" e "Contributi a terzi per attività di formazione, di informazione, studi, ricerche e progetti nel settore socio-assistenziale", la cui dotazione è definita dalle leggi di approvazione del bilancio.
Art. 45. 
(Titolarità degli oneri degli interventi socio-assistenziali)
1. 
Gravano sui Comuni, nel rispetto delle modalità di gestione di cui all'articolo 13, gli oneri inerenti gli interventi socio-assistenziali di cui all'articolo 22, erogati agli aventi diritto che presso tali Comuni abbiano acquisito e detengano, ai sensi della l. n. 6972/1890 , il domicilio di soccorso.
2. 
L'organizzazione e l'erogazione degli interventi socio-assistenziali non differibili di cui all'articolo 21 , nel rispetto delle modalità di gestione di cui all'articolo 13, sono effettuati dal Comune nel cui territorio il destinatario degli interventi stessi risiede o dimora, anche quando l'onere finanziario degli interventi gravi, ai sensi delle disposizioni inerenti al domicilio di soccorso, su altro Comune della Regione. È fatto salvo il diritto dell'ente erogante di rivalersi nei confronti del Comune sede del domicilio di soccorso dell'assistito o, in caso di assistenza a cittadini stranieri, secondo quanto disposto dalla normativa vigente.
3. 
Ai sensi dell' articolo 72 della l. n. 6972/1890 , comma 1, n. 1, come modificato dall' articolo 5 della legge 26 aprile 1954, n. 251 , il domicilio di soccorso si determina sulla base della effettiva dimora ultrabiennale in un Comune, indipendentemente dalla iscrizione anagrafica nello stesso o dalla sua cancellazione.
4. 
Qualora l'avente diritto sia collocato in affidamento familiare a terzi o in comunità di tipo familiare o ospitato in strutture residenziali situate nel territorio di un Comune diverso da quello sede del domicilio di soccorso, gli oneri finanziari relativi al ricovero continuano a gravare, anche in caso di trasferimento di residenza, sul Comune sede di tale domicilio.
Art. 46. 
(Concorso degli utenti al costo degli interventi socio-assistenziali)
1. 
Gli utenti concorrono, secondo quanto definito dagli atti di programmazione locale in conformità con i criteri individuati dal Piano, alla copertura dei costi degli interventi, fatta salva la facoltà degli enti gestori di intervenire, senza oneri a carico degli utenti, in presenza di specifici progetti, individuati nel Piano, per la tutela di particolari soggetti esposti a rischio di emarginazione.
2. 
In ogni caso va riservata alla disponibilità dell'utente, per esigenze personali, una quota di reddito la cui misura minima è determinata con apposita deliberazione di Giunta regionale.
Capo IX.[8] 
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art. 47. 
(Gestione delle attività socio-assistenziali fase transitoria)
1. 
Nelle more della costituzione del nuovo ordinamento previsto dalla presente legge e fino al 31 dicembre 1995, per assicurare la continuità delle attività socio-assistenziali, le USL esercitano, secondo le modalità organizzative e gestionali in vigore al 31 dicembre 1994, ai sensi della legge regionale 23 agosto 1982, n. 20 e successive modificazioni ed integrazioni e della l.r. n. 44/1991 , le funzioni socio-assistenziali precedentemente svolte dalle preesistenti USSL. Resta salva la facoltà degli Enti locali di gestire le attività socio-assistenziali secondo le altre modalità previste all'articolo 13, comma 2, anche in vigenza della fase transitoria.
2. 
Nel periodo transitorio e, comunque, fino alla definizione dei livelli minimi delle attività socio-assistenziali da parte del Piano, devono essere comunque salvaguardati i livelli delle attività socio-assistenziali già erogate sulla base delle modalità e degli standards fissati nella legge regionale 23 aprile 1990, n. 37 e nelle deliberazioni attuative.
3. 
Per il periodo transitorio di cui al comma 1, le piante organiche funzionali dei servizi socio-assistenziali, istituite ai sensi dell' articolo 31 bis della l.r. n. 20/1982 e successive modificazioni ed integrazioni, sono quelle provvisoriamente rideterminate ai sensi dell' articolo 3, comma 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 ovvero quelle rideterminate ai sensi dell' articolo 3, comma 11 della l. n. 537/1993 e dall' articolo 31 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e approvate dalla Giunta regionale.
4. 
Fino alla data del 31 dicembre 1995, al concorso per la copertura del posto di funzionario di area socio-assistenziale nelle piante organiche di cui al comma 3, possono partecipare gli operatori inquadrati nelle piante organiche di cui alla l.r. n. 20/1982 e successive modificazioni ed integrazioni, ovvero i dipendenti di enti pubblici formalmente messi a disposizione funzionale delle suddette piante organiche, che si trovino, alla data di entrata in vigore della presente legge, nelle seguenti situazioni:
a) 
personale direttivo, in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado, responsabile dei servizi sociali ovvero delle attività distrettuali o integrative e delegate, con incarico formalmente attribuito da almeno quattro anni;
b) 
assistenti sociali in possesso dei requisiti di cui alla legge 23 marzo 1993, n. 84 , con almeno sei anni di effettivo servizio prestato nella qualifica presso pubbliche amministrazioni.
5. 
L'assunzione del personale di cui al comma 4 avviene per concorso pubblico.
Art. 48. 
(Personale del servizio socio-assistenziale - fase transitoria)
1. 
Il personale di cui all'articolo 41, comma 1 e comunque operante al 31 dicembre 1994 presso i servizi socio-assistenziali delle preesistenti USSL, è assegnato alle USL di riferimento provvisoriamente e mantenendo il rapporto costituito a tale data, fino all'attivazione delle piante organiche degli enti di cui all'articolo 13.
2. 
È altresì assegnato provvisoriamente alle USL, nei termini di cui al comma 1, il personale assunto nelle piante organiche, di cui all'articolo 47, comma 3, nel corso del 1995 in seguito a specifica autorizzazione regionale.
Art. 49. 
(Responsabile del servizio socio-assistenziale - fase transitoria)
1. 
I responsabili del servizio socio-assistenziale-coordinatori sociali, già inquadrati nella pianta organica del servizio socio-assistenziale o formalmente incaricati della funzione alla data di entrata in vigore della l.r. n. 39/1994 mantengono la funzione di responsabile del servizio socio-assistenziale per la vigenza della fase transitoria, nell'ambito territoriale di ogni singola preesistente USSL.
2. 
Il direttore generale dell'USL, per l'adozione degli atti in materia socio-assistenziale, acquisisce il parere del responsabile del servizio socio-assistenziale interessato.
3. 
I responsabili del servizio socio-assistenziale, di cui al comma 1, con qualifica dirigenziale ovvero apicale, sono inquadrati nella pianta organica degli enti di cui all'articolo 13, comma 4 ad avvenuta costituzione dei medesimi, in qualità di direttore socio-assistenziale, fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 43, comma 3.
4. 
Possono accedere al posto di direttore socio-assistenziale, tramite concorso e fino al 31 dicembre 1995 i dipendenti formalmente incaricati della funzione di responsabile alla data di entrata in vigore della l.r. n. 39/1994 ai sensi della l.r. n. 20/1982 e successive modificazioni ed integrazioni ancorchè non in possesso dei requisiti di cui all'articolo 43.
Art. 50. 
(Gestione delle attività delegate e subdelegate - fase transitoria)
1. 
Nella fase transitoria le funzioni delegate e subdelegate di cui alla l.r. n. 20/1982 e successive modificazioni ed integrazioni sono esercitate, tramite le USL, secondo le procedure già attivate dalle preesistenti USSL.
2. 
Nel periodo transitorio di cui al comma 1, le funzioni delegate sono, altresì, esercitate dalle associazioni dei comuni e dai consorzi costituiti, ai sensi degli articoli 24 e 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142 per la gestione dei servizi socio-assistenziali negli ambiti territoriali di cui alla legge regionale 9 luglio 1976, n. 41 , dalle comunità montane che gestiscano detti servizi entro i medesimi ambiti territoriali, nonché dal Comune di Torino per quanto attiene al suo territorio.
[9]
Art. 51. 
(Norme finanziarie - fase transitoria)
1. 
Per l'anno 1995 le USL predispongono separata contabilizzazione per la gestione delle attività socio-assistenziali previste dall'articolo 47, che vengono finanziate ai sensi della l.r. n. 20/1982 e successive modificazioni ed integrazioni.
2. 
I criteri di riparto del Fondo per la gestione delle attività socio-assistenziali per l'anno 1995 restano quelli già individuati all' articolo 35 della l.r. n. 20/1982 e successive modifiche ed integrazioni.
3. 
Per l'esercizio finanziario 1995 resta operante il piano dei conti già attivato con riferimento alla l.r. n. 20/1982 e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 52. 
(Amministrazione delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza già concentrate o amministrate dagli Enti comunali di assistenza)
1. 
Fino all'entrata in vigore della legge di riforma dell'assistenza pubblica e delle relative leggi regionali di attuazione, si provvede all'amministrazione ordinaria e straordinaria delle IPAB, già concentrate o amministrate dagli ECA, attraverso un Collegio commissariale composto da cinque membri, nominati dal Comune in cui l'ente ha sede legale.
2. 
In seno al predetto Collegio è garantita la rappresentanza della minoranza consiliare nonchèeventuali componenti di diritto, qualora previsti nello Statuto dell'ente.
3. 
I Consiglieri comunali non possono essere nominati membri del Collegio commissariale per incompatibilità fra i due incarichi.
4. 
Il Presidente del Collegio è eletto dal Collegio stesso fra i propri componenti.
5. 
Il Collegio commissariale dura in carica quanto il Consiglio comunale che lo ha nominato.
6. 
La nomina del Collegio commissariale deve avvenire entro novanta giorni dal rinnovo del Consiglio comunale.
7. 
Per la validità delle adunanze e delle deliberazioni si applicano le norme della l. n. 6972/1890 e del relativo regolamento di esecuzione, approvato con regio decreto 5 febbraio 1891, n. 99 nonchè dei relativi statuti, in quanto compatibili.
Art. 53. 
(Articoli 12, 13 e 14 legge regionale 6 gennaio 1978, n. 2 - Abrogazione)
1. 
Gli articoli 12, 13 e 14 della legge regionale 6 gennaio 1978, n. 2 sono abrogati.
Art. 54. 
1. 
Sono abrogate le l.r. n. 20/1982 e n. 44/1991, ad esclusione delle norme delle leggi medesime regolanti il periodo transitorio, di cui all'articolo 47, fino alla sua scadenza.
Art. 55. 
(Dichiarazione d'urgenza)
1. 
La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione (BUR), ai sensi dell' articolo 127 della Costituzione e dell' articolo 45, comma 6 dello Statuto .

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 13 aprile 1995
Gian Paolo Brizio

Note:

[1] Il comma 3 dell'articolo 14 è stato abrogato dal comma 1 dell'articolo 2 della legge regionale 94 del 1995.

[2] La lettera c del comma 7 dell'articolo 14 è stata sostituita dal comma 1 dell'articolo 3 della legge regionale 94 del 1995.

[3] La lettera b) del comma 1 dell'articolo 33 è stata abrogata dal comma 1 dell'articolo 10 della legge regionale 5 del 2001.

[4] L'articolo 34 è stato sostituito dal comma 1 dell'articolo 1 della legge regionale 5 del 1997.

[5] Il comma 1 dell'articolo 35 è stato sostituito dal comma 1 dell'articolo 2 della legge regionale 5 del 1997.

[6] L'articolo 41 è stato sostituito dal comma 1 dell'articolo 4 della legge regionale 94 del 1995.

[7] L'art. 5 della l.r. 94/1995 proroga il termine previsto dall' articolo 42, comma 6 al 31 dicembre 1996.

[8] L'art. 1 della l.r. 94/1995 proroga il termine previsto dal Capo IX per la fase transitoria al 31 dicembre 1996.

[9] Il comma 2 dell'articolo 50 è stato sostituito dal comma 1 dell'articolo 6 della legge regionale 94 del 1995.