Legge regionale n. 21 del 13 agosto 1973  ( Versione vigente )
"Norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte."
(B.U. 17 agosto 1973, n. 32)

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il

visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1. 
(Finalità)
 
Ai fini della tutela dell'agricoltura e della selvaggina, e per un ordinato svolgimento dell'esercizio venatorio, tutto il territorio della Regione Piemonte, non compreso nella zona faunistica delle Alpi, è sottoposto, ai sensi dell'articolo 12 bis del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni, a regime di caccia controllata, con le limitazioni di cui alla presente legge.
Art. 2.[1] 
(Tesserino regionale)
 
Tutti i titolari di licenza di caccia possono essere ammessi a praticare l'esercizio venatorio a parità di diritti e di doveri.
 
Per poter esercitare la caccia nel territorio sottoposto a regime di caccia controllata occorre essere in possesso del tesserino regionale.
 
I tesserini, predisposti dall'Amministrazione Regionale, vengono rilasciati dai Comitati Provinciali della Caccia, i quali possono avvalersi della collaborazione delle Associazioni Venatorie.
 
Per il rilascio del tesserino, valido per la sola provincia di residenza, il cacciatore deve versare al Comitato Provinciale della Caccia competente la somma di L. 10.000.
 
Ai fini di estendere la validità del tesserino, il cacciatore deve effettuare tanti versamenti supplementari di L. 10.000 quante sono le provincie, diverse da quelle di residenza, in cui intenda cacciare, ferma restando l'esclusione della zona faunistica delle Alpi. Tali versamenti, su conto corrente postale intestato all'Amministrazione Regionale, vanno effettuati avvalendosi dei bollettini rilasciati dai Comitati Provinciali della Caccia competenti per territorio e predisposti dalla stessa Amministrazione Regionale in modo che sia identificata la provincia di pertinenza. Il cacciatore deve allegare al tesserino in suo possesso le ricevute dei versamenti supplementari.
 
Il cacciatore non residente in Piemonte può ottenere il rilascio del tesserino, valido per una sola Provincia, previo versamento della somma di L. 10.000 al Comitato Provinciale della Caccia competente, solo se in possesso di valido tesserino prescritto dalla Regione o provincia di residenza.
 
Qualora il cacciatore non residente in Piemonte intenda estendere la validità del tesserino a provincie ulteriori, deve effettuare versamenti supplementari conformemente a quanto disposto dal 5° comma del presente articolo.
 
Il cacciatore non residente in Piemonte, in possesso del tesserino valido nella propria regione o provincia deve esibirlo, ad ogni richiesta degli agenti, unitamente a quello valido per il Piemonte. La mancata esibizione del tesserino della Provincia o Regione di residenza, equivale alla mancata esibizione del tesserino valido per il Piemonte. Le giornate di caccia effettuate in altre regioni sono considerate compiute nel territorio della Regione Piemonte. Il cacciatore residente in altre regioni, nelle quali la data di apertura generale della caccia sia posteriore a quella prevista per il Piemonte, può esercitare la caccia in Piemonte soltanto dalla data di apertura generale della caccia nella regione o provincia di residenza.
 
Il cacciatore munito di tesserino personale deve annotare sullo stesso, in modo indelebile e negli spazi all'uopo riservati, il giorno di caccia prescelto, il numero dei capi abbattuti e per le specie stanziali protette, l'ora dell'abbattimento.
 
Le somme introitate dall'Amministrazione Regionale sono utilizzate, nella misura di almeno il 40% per le spese di vigilanza; il residuo per il ripopolamento del patrimonio faunistico della Regione, per l'incremento delle strutture pubbliche di produzione e protezione nonchè per il risarcimento dei danni causati dalla selvaggina alle colture agricole, tenendo in particolare considerazione la pressione venatoria registrata in ciascuna provincia.
 
Ogni cacciatore non potrà ottenere, nell'ambito della Regione, più di un tesserino.
 
Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino, salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni
Art. 3.[2] 
(Calendario venatorio)
 
L'esercizio venatorio in qualsiasi forma esercitato è consentito su tutto il territorio della Regione Piemonte dalla terza domenica di settembre fino al 15 dicembre nella zona faunistica delle Alpi, e fino alla penultima domenica di dicembre nel territorio non compreso nella zona delle Alpi.
 
La caccia al cinghiale è consentita, previo parere favorevole del Laboratorio di Zoologia Applicata alla Caccia e dell'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura territorialmente competente, secondo piani di abbattimento disposti dai Comitati Provinciali della Caccia ed a persone nominativamente indicate, ai soli fini della tutela delle colture agricole.
 
I Comitati Provinciali della Caccia, previo parere favorevole del Laboratorio di Zoologia Applicata alla Caccia, possono anticipare le date di chiusura della stagione venatoria.
 
Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'articolo 2 salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni
Art. 4.[3] 
(Durata del giorno venatorio)
 
È vietato uccidere o catturare qualsiasi specie di selvaggina prima di mezz'ora dal sorgere del sole e dopo mezz'ora dal tramonto, come definiti dall'osservatorio di Brera.
 
Tale limitazione è estesa ai casi previsti dagli articoli 24 e 25 del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni.
 
Il divieto di cui al presente articolo è esteso anche al territorio compreso nella zona faunistica delle Alpi. Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'art. 2, salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni
Art. 5.[4] 
(Giorni consentiti per l'esercizio venatorio)
 
Dalla data di apertura della stagione venatoria fino alla seconda domenica di ottobre su tutto il territorio della Regione Piemonte la caccia può essere esercitata due giorni la settimana, a scelta del cacciatore, tra il martedì, giovedì, sabato e domenica.
 
Successivamente alla seconda domenica di ottobre, fino al 15 dicembre nella zona faunistica delle Alpi e fino alla penultima domenica di dicembre nel territorio non compreso nella zona faunistica delle Alpi, sono consentiti tre giorni di caccia, per ogni settimana, a scelta tra quelli indicati nel primo comma.
 
Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'art. 2, salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni.
Art. 6.[5] 
(Carniere giornaliero)
 
Ciascun cacciatore, per ogni giornata di caccia, può abbattere non più di due capi di selvaggina stanziale protetta, di cui non più di una lepre.
 
Ciascun cacciatore per ogni giornata di caccia, nel periodo dalla terza domenica di settembre fino ala penultima domenica di dicembre può abbattere inoltre selvaggina migratoria come segue: storni, fino a un massimo di 20, ed esemplari di altre specie, fino a un massimo di 10. Tra questi ultimi sono consentiti: palmipedi, fino a un massimo di tre; trampolieri, fino a un massimo di cinque di cui non più di due beccacce.
 
Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'art. 2, salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni.
Art. 7.[6] 
(Addestramento cani da ferma e da seguito)
 
L'addestramento e l'allenamento dei cani da ferma e da seguito, è consentito, nei trenta giorni precedenti l'apertura generale della caccia al martedì, al giovedì, al sabato ed alla domenica.
 
Nei giorni consentiti, l'addestramento e l'allenamento sono ammessi esclusivamente nelle località preventivamente indicate dai Comitati Provinciali della Caccia su terreni boschivi o liberi da colture.
 
I cani debbono essere costantemente sorvegliati dal proprietario o da un suo incaricato al fine di evitare danni alla selvaggina ed alle colture agricole.
 
I Comitati Provinciali della Caccia possono consentire, con le modalità necessarie ad evitare danni alla selvaggina stanziale protetta, l'impiego dei cani da ferma e da seguito per le prove sul terreno, anche nelle zone di divieto di caccia.
 
l contravventore è soggetto alle sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni.
Art. 8. 
(Zone di ripopolamento e cattura)
 
Entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge, le zone di ripopolamento e cattura, costituite ai sensi degli artt. 52 e 54 del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni, devono avere complessivamente una superficie non inferiore a 1/10 del territorio utile alla caccia in ciascuna Provincia.
 
Dette zone non devono avere una estensione inferiore agli ettari 150, nè superiore agli ettari 1.500 ed hanno una durata di anni 6, salvo rinnovo alla scadenza.
 
I Comitati provinciali della caccia sono tenuti ad approntare tutti gli accorgimenti tecnici idonei ad attenuare i danni causabili dalla selvaggina alle colture agricole. In ogni caso, qualora la gestione delle zone anzidette pregiudichi la produzione agraria, le Amministrazioni provinciali dovranno risarcire agli aventi diritto gli eventuali danni comunque causati dalla selvaggina protetta nella misura che verrà determinata su parere dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura.
 
Chiunque eserciti la caccia nelle zone di divieto è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'art. 2, salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni.
Art. 9. 
(Oasi di protezione della fauna)
 
Qualora l'Amministrazione regionale costituisca oasi di protezione e di rifugio per la fauna stanziale o migratoria ai sensi dell'art. 67 bis T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni, dovrà provvedere al risarcimento dei danni provocati alle colture agricole dalla selvaggina, da determinarsi previo parere dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura.
Art. 10. 
(Gestione della caccia controllata)
 
La gestione della caccia controllata è affidata ai Comitati provinciali della caccia i quali possono avvalersi della collaborazione degli organi provinciali delle Associazioni venatorie.
 
Le somme introitate dai Comitati provinciali della caccia, per l'esercizio della caccia controllata, debbono essere destinate esclusivamente al finanziamento delle spese di vigilanza, di ripopolamento da ottenere con prevalente produzione di selvaggina autoctona, di gestione del territorio provinciale sottoposto a tale regime e per il risarcimento dei danni provocati alle colture agricole dalla selvaggina, da determinarsi previo parere dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura.
Art. 11. 
(Controllo sanitario della selvaggina da ripopolamento)
 
Al fine di prevenire la diffusione di malattie infettive e di garantire l'idoneità della fauna stanziale protetta per il ripopolamento, i capi provenienti da allevamenti nazionali o introdotti dall'estero devono essere soggetti a preventivo controllo da parte del Veterinario comunale, il quale dovrà rilasciare apposita autorizzazione all'immissione nelle zone di caccia.
 
Le immissioni di selvaggina da ripopolamento devono essere effettuate in periodi e con modalità atte ad evitare danni alle colture agricole.
Art. 12. 
(Caccia al coniglio selvatico)
 
Posteriormente alla chiusura della caccia, l'esercizio venatorio al coniglio selvatico può essere autorizzato dai Comitati provinciali della caccia per la tutela delle colture agricole e su conforme parere dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, fino al 28 febbraio di ciascun anno, a persone nominativamente indicate nell'autorizzazione stessa.
 
L'uso del furetto è consentito esclusivamente nell'ipotesi prevista dal comma precedente.
Art. 13.[7] 
(Divieto di caccia vagante nei terreni in attualità di coltivazione)
Art. 13. 
L'esercizio della caccia è comunque vietato nei terreni dai quali non sono stati ancora asportati i frutti pendenti. L'inosservanza del divieto anche se non sono state apposte le tabelle di cui all'articolo 30 del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016, è punita con le sanzioni previste dalla presente legge e con il ritiro del tesserino di cui alla legge regionale 13 agosto 1973, n. 21 , per l'intera annata venatoria
Art. 14. 
(Uccellagione)
 
Salvo il disposto di cui all'art. 27 del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni, è vietato su tutto il territorio della Regione Piemonte l'esercizio della uccellagione in qualsiasi forma praticata.
 
Il contravventore è soggetto alle sanzioni di cui al T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni.
Art. 15. 
(Divieto di uso di qualsiasi specie avifaunistica per i tiri a volo e per i richiami vivi)
 
Su tutto il territorio della Regione sono vietati la cattura e l'uso di ogni specie avifaunistica per il tiro a volo.
 
E' altresì vietato l'impiego e la detenzione di richiami vivi di qualsiasi specie avifaunistica per scopo venatorio.
 
Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'art. 2, salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni.
Art. 16. 
(Divieto di uso di armi a canna rigata)
 
E' vietato l'impiego di armi da fuoco a canna rigata per l'esercizio venatorio su tutto il territorio della Regione Piemonte non compreso nella zona faunistica delle Alpi.
 
L'impiego delle armi menzionate al comma precedente è consentito, su autorizzazione dell'Amministrazione regionale solo nei casi, in cui ricorra la necessità di abbattere selvaggina ungulata per motivi di selezione della specie.
 
Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'art. 2, salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni.
Art. 17. 
(Divieto di uso di altre armi a scopo venatorio)
 
Su tutto il territorio della Regione Piemonte è vietato l'impiego di carabine calibro 22 a percussione anulare.
 
E' altresì vietato l'uso di spingarde e di ogni altra arma portatile o da getto a cavalletto superiore al calibro 12.
 
Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'art. 2, salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni.
Art. 18. 
(Appostamenti di caccia)
 
E' vietato l'impianto di appostamenti fissi di caccia con apposizione di tabelle delimitanti la zona di rispetto.
Art. 19.[8] 
(Riserve di caccia)
 
Le riserve di caccia, poste nel territorio non compreso nella zona faunistica delle Alpi, sono soggette alle limitazioni di cui alla presente legge, con esclusione della limitazione del numero dei capi di selvaggina stanziale protetta da abbattere.
 
I Comitati Provinciali della Caccia possono revocare le concessioni di riserva quando i concessionari non osservino le disposizioni di legge o quelle del decreto di concessione. I Comitati Provinciali della Caccia devono revocare le concessioni quando le riserve non incrementino la produzione della selvaggina e non ne favoriscano l'irradiamento nei terreni circostanti o non agevolino la sosta delle specie migratorie.
Art. 20.[9] 
(Provvedimenti eccezionali a tutela della selvaggina)
 
Il Presidente della Giunta Regionale, su conforme deliberazione della stessa, assunta su proposta o previo parere dei Comitati Provinciali della Caccia e sentito il Laboratorio di Zoologia Applicata alla Caccia, può limitare o vietare l'esercizio venatorio ove ricorra la necessità di proteggere le colture agricole o la selvaggina per insufficiente consistenza faunistica, in tutto il territorio regionale o in parte di esso.
 
Il Presidente, su conforme deliberazione assunta dalla Giunta Regionale, sentiti i Comitati Provinciali della Caccia interessati, può vietare l'esercizio venatorio nelle località di notevole interesse panoramico, paesistico o turistico, a tutela della integrità e della quiete della zona.
 
Nei territori in cui, in relazione alla necessità esclusiva o concorrente di proteggere le colture agricole, è stato vietato l'esercizio venatorio ai sensi del 1° comma, i Comitati Provinciali della Caccia, sentito il Laboratorio di Zoologia Applicata alla Caccia di Bologna, possono in qualsiasi tempo effettuare catture di selvaggina a scopo di ripopolamento quando essa arrechi effettivi danni alle colture medesime.
Art. 21. 
(Adeguamenti articoli del T.U. 5-6-1939, n. 1016)
 
Sono così adeguati gli articoli 12, 12 bis, 14, 16, 19, 23, 24, 25, 27, 30, 33, 36, 52, 54, 67 bis e 75 del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016, modificato dalla legge 2 agosto 1967, n. 799 .
Art. 22. 
(Pubblicazione manifesto)
 
I Presidenti dei Comitati provinciali della caccia, previa deliberazione del Comitato, pubblicano entro il 15 agosto di ogni anno il calendario venatorio della Provincia, relativo all'intera annata venatoria.
Art. 23. 
(Disposizioni finanziarie)
 
Agli eventuali oneri di cui alla presente legge, a carico della Regione Piemonte, si fa fronte con i proventi accertati a sensi dell'articolo 2, quinto comma.
 
Nello stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario in corso e per quelli successivi sarà iscritto il capitolo n.34 con la denominazione "Proventi del rilascio di un tesserino per la caccia controllata in tutto il territorio della Regione".
 
Nello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario in corso e per quelli successivi sarà iscritto il capitolo n. 946, con la denominazione "Spese per la vigilanza della caccia controllata e per il ripopolamento del patrimonio faunistico della Regione, nonchè per il risarcimento dei danni causati dalla selvaggina alle colture agricole anche in oasi di protezione della fauna".
 
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 24. 
(Norma transitoria)
 
Le zone di rifugio per la selvaggina, in atto nella decorsa annata venatoria, costituite dai Comitati provinciali della caccia ai sensi del D.M. 18 giugno 1969, sono mantenute fino alla data di chiusura della caccia nella presente annata venatoria.
Art. 25. 
(Decorrenza della legge)
 
La presente legge regionale è dichiarata urgente ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul "Bollettino Ufficiale" della Regione Piemonte, ai sensi del 6° comma dell'art. 45 dello Statuto .
La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.
Data a Torino, addì 13 agosto 1973
Calleri Di Sala

Note: